Immobiliare

Inu sulla riforma del catasto: serve equità

Le attività tecniche funzionali alla riforma del catasto ed alla revisione degli estimi catastali richiedono almeno cinque anni di tempo
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Inu sulla riforma del catasto: serve equità
L’approvazione della legge delega sulla riforma fiscale nella quale il Governo Draghi ha inserito la riforma del catasto ha naturalmente dato il via ad un dibattito ed ad una serie di preoccupazioni sui cambiamenti che gli atti consequenziali, di tipo politico, possano generare a livello tecnico-pratico. E non si esime da questo dibattito Stefano Stanghellini, Presidente Onorario dell’Istituto Nazionale di Urbanistica già Professore Ordinario di Estimo nell’Università Iuav di Venezia “Una cosa è l’appropriata individuazione dei valori costituenti la base imponibile delle imposte immobiliari, altra cosa sono le tipologie di imposte applicabili e le relative aliquote. Le due cose non possono e non devono essere mescolate perché afferiscono a due sfere diverse: la prima prevalentemente alla sfera tecnica, la seconda esclusivamente alla sfera politica”.

Riforma del catasto, la ricostruzione di Stanghellini

L‘INU fa una ricostruzione storica del ruolo del catasto per meglio spiegare la posizione rappresentata dal suo presidente. L’attuale catasto dei fabbricati è stato impostato nel periodo fra le due guerre ed è entrato in vigore nel 1939. Più di 80 anni fa, quando il patrimonio edilizio nazionale era radicalmente diverso da quello attuale. I garage non c’erano ma c’erano le stalle. Gran parte delle case erano prive di acqua corrente e di servizi igienici. I pochi uffici esistenti non avevano niente a che vedere con quelli attuali. In una economia prevalentemente agraria con città ancora piccole, l’attenzione del catasto era concentrata sui terreni agricoli e sui fabbricati, ed ignorava l’esistenza delle aree edificabili. La riforma del catasto è dunque una questione di civiltà. E le rendite catastali allora attribuite a categorie di beni immobili ben diverse da quelle attuali sono state qualche volta occasionalmente aggiornate ed elevate con l’applicazione di moltiplicatori scollegati dalle caratteristiche tecniche ed economiche dei beni. Cosicché le rendite catastali oggi esistenti originano prelievi fiscali spesso casuali e sono fonte di una iniquità che si dilata dal settore immobiliare alle politiche sociali. Si pensi ad esempio all’Isee ed alle distorsioni che le odierne rendite generano nei suoi campi di applicazione.

Riforma del catasto, perché serve l’approccio tecnico per garantire equità

Per la revisione degli estimi catastali si pone quindi, secondo l’INU, in primis una questione di equità. “La riforma del catasto e la revisione degli estimi catastali è una attività tecnica – precisa  Stanghellini – non politica. In questo, come in tutti i campi, l’appropriata conoscenza tecnica dei fenomeni è la condizione imprescindibile perché la politica possa compiere scelte consapevoli, responsabili ed efficaci. E’ al momento delle scelte inerenti le misure fiscali, e cioè i tipi di imposte e le aliquote, che la sfera politica potrà esprimere la propria visione sulla società e sull’economia. La revisione degli estimi catastali apre dunque all’assunzione di responsabilità chiare ed ineludibili da parte della politica”. L’Istituto Nazionale di Urbanistica sostiene da lungo tempo che le moderne politiche urbane hanno il loro principale strumento nella fiscalità e che pertanto lo strumento fiscale deve essere posto in condizione di operare in modo equo ed efficace.

La sfida della rigenerazione urbana insieme alla riforma del catasto

Lasciati alle spalle gli anni dell’espansione urbana e delle connesse espropriazioni per finalità pubbliche e sociali, la qualità delle nostre città – conclude la nota dell’INU – e quindi delle nostre condizioni di vita e di lavoro, è affidata alla rigenerazione degli insediamenti esistenti degradati, degli spazi pubblici, degli edifici divenuti inadeguati alle moderne esigenze. Oltre all’effettuazione degli indispensabili investimenti pubblici occorre quindi incentivare quelli privati e creare un sistema sinergico funzionale alla realizzazione di efficaci politiche ambientali e sociali. A tal fine l’appropriata conoscenza dei valori immobiliari e della loro variazione nel corso del tempo è la base per indurre comportamenti virtuosi nel mercato, agevolando in modo consapevole ed efficace gli investimenti privati rivolti alla rigenerazione urbana ed edilizia, e favorendo e tutelando il diritto alla casa. La realizzazione di questa prospettiva è molto lontana nel tempo. “Le attività tecniche funzionali alla riforma del catasto ed alla revisione degli estimi catastali – ricorda Stanghellini – richiedono almeno cinque anni di tempo. Ma proprio per questo, evidenti ragioni di civiltà e di equità, ed insieme di responsabilità della politica, chiedono che il percorso abbia inizio“.
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