Interventi su parti comuni: la P.A. non verifica l’assenso degli altri condòmini

E’ necessario sempre tenere ben distinti l’uno dall’altro, l’ambito edilizio ed urbanistico da quello prettamente condominiale, in relazione alle pratiche amministrative e alla formazione di tutti i titoli, assentiti o rilasciati dalla pubblica amministrazione aventi ad oggetto interventi su parti comuni in condominio. E’ quanto ribadisce la sentenza numero 4349 resa dal Consiglio di Stato il 21 maggio 2025, ove ve ne fosse stato ancora bisogno.
Nella pronuncia, infatti, il massimo Collegio amministrativo ha sottolineato come, nell’ipotesi di interventi edilizi su parti comuni condominiali realizzati tramite CILA, il potere di verifica dell’amministrazione comunale sia limitato unicamente all’accertamento della conformità urbanistico/edilizia dei lavori e non alla loro legittimità, rispetto all’eventuale acquisizione preventiva dell’assenso degli altri condomini.
Tale aspetto, afferente alla sussistenza o meno della (eventualmente) necessaria autorizzazione condominiale, è questione altra e differente che dev’essere fatta valere solo in sede civilistica.
Interventi su parti comuni in condominio: i fatti di causa
Un condòmino, intendendo procedere all’esecuzione di opere edìli nella propria abitazione, consistenti nella diversa distribuzione interna dell’appartamento con apertura di un secondo ingresso sul pianerottolo comune, aveva presentato apposita CILA presso i competenti uffici comunali.
Gli altri condòmini dello stabile, essendo venuti a conoscenza dell’avvio della pratica amministrativa afferente alle opere descritte, con apposita nota susseguente ad accesso agli atti, invitavano il Comune, nell’esercizio del proprio potere di vigilanza, ad inibire al privato la prosecuzione delle opere, sul presupposto per il quale l’interessato sarebbe stato privo della legittimazione alla presentazione della CILA, non avendo preventivamente ottenuto il necessario assenso dell’assemblea condominiale.
L’amministrazione locale, disattendendo le richieste degli istanti, aveva risposto di non poter entrare nel merito della vicenda, avente portata prettamente civilistica e, per questo, non rientrante nelle competenze istituzionali dell’ente, circoscritte agli aspetti urbanistico/edilizi.
Il primo grado di giudizio
Avverso detta determinazione comunale, i dissenzienti proponevano ricorso al TAR Lazio, sezione staccata di Latina, sostenendo, tra l’altro, che il Comune interessato avrebbe dovuto impedire i lavori oggetto di contestazione, tendenti a modificare, mediante l’apertura del secondo ingresso dell’abitazione del resistente, alcune parti comuni dell’edificio condominiale, senza il necessario consenso degli altri condòmini, sulla scorta del disposto dell’articolo 11 del d.P.R. 380/2001, che impone all’amministrazione locale di verificare la legittimazione dei privati al conseguimento di titoli edilizi.
Con la sentenza numero 355 del 30 maggio 2023, il giudice amministrativo di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto, evidenziando la mancanza di un interesse personale e diretto in capo ai ricorrenti, posto che l’apertura del varco nel muro comune, a determinate condizioni, rientra nell’uso più intenso della cosa comune, ai sensi dell’articolo 1102 del codice civile, non necessitante della paventata preventiva autorizzazione assembleare.
Per la riforma della sentenza in oggetto, i soccombenti hanno proposto appello innanzi al Consiglio di Stato.
La valutazione del massimo collegio amministrativo
Quest’ultimo, con la sentenza numero 4349/2025, ha integralmente rigettato l’impugnazione proposta, compensando le spese di lite per la particolarità della materia trattata, sulla base delle seguenti osservazioni in punto di diritto.
Il ragionamento del Consiglio di Stato si è sviluppato evidenziando la natura propria della CILA, definita come titolo assentivo dal carattere “general-residuale”, utilizzabile, cioè, per tutti gli interventi non rientranti nel regime più rigido proprio del permesso di costruire o della SCIA, né riconducibili all’edilizia libera.
In quanto tale, ha evidenziato il giudicante, essa non incardina un procedimento di controllo specifico da parte dell’amministrazione e l’intervento cui si riferisce deve intendersi direttamente autorizzato, in presenza dei requisiti di validità ed efficacia previsti dalla legge, sulla base del seguente assunto: non esistendo una potestà autorizzativa dell’opera soggetta a CILA, non è neanche previsto un controllo amministrativo in relazione alla legittimazione dell’interessato a realizzarla. L’eventuale carenza, infatti, potrà essere fatta valere dagli interessati in sede civile, dinanzi al giudice ordinario.
Interventi su parti comuni in condominio: la rilevanza civilistica dell’autorizzazione condominiale
Ed allora, posto che rispetto ad una CILA, all’ente locale compete unicamente la potestà di verificare la conformità edilizia ed urbanistica dell’intervento con essa denunciato, il Consiglio di Stato così conclude: “(…) rispetto al caso di specie, la verifica della legittimazione del singolo condomino ad aprire, senza autorizzazione degli altri comproprietari, una porta sul muro condominiale aggettante sul pianerottolo comune fuoriesce dal potere di vigilanza dell’amministrazione comunale, circoscritto agli aspetti urbanistico-edilizi, e può essere contestata dagli altri condomini mediante azione diretta al giudice ordinario.”
Appello rigettato, dunque, e conferma dell’orientamento originariamente rappresentato dal Comune con la propria nota, che, sin da subito, aveva evidenziato l’esorbitanza dalle proprie competenze specifiche, in tema di CILA, di quanto richiesto dagli incauti soccombenti.