Immobiliare

Un messaggio su WhatsApp può valere un sì: il caso della pergotenda al piano terra

Per approvare l’installazione di una piccola struttura al piano terra, basta un messaggio su WhatsApp per escludere la tutela possessoria
Condividi
Un messaggio su WhatsApp può valere un sì: il caso della pergotenda al piano terra

Piccola struttura al piano terra: per l’approvazione basta un messaggio su WhatsApp. Per dare il via libera all’installazione di una piccola struttura ancorata al suolo in condominio può anche bastare l’emoticon del “pollice in su” di WhatsApp sulla chat condominiale, e la richiesta si può considerare approvata.

È questo il principio che si ricava dall’ordinanza 16 febbraio 2025 della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Bologna, che ha respinto il ricorso presentato dalla proprietaria del piano superiore. Quest’ultima lamentava la lesione del proprio diritto di veduta.

Installazione approvata su WhatsApp: il fatto

La vicenda riguardava l’installazione al piano terra di una struttura in ferro ancorata stabilmente al suolo, posta ad appena 20 cm sotto la soglia delle finestre del primo piano.

La proprietaria dell’appartamento al primo piano si lamentava del fatto che tale struttura, realizzata senza il proprio assenso ed in violazione delle distanze previste dall’art. 907 del codice civile, impediva la veduta in appiombo che, in precedenza e in assenza di detta struttura, la proprietaria esercitava dalle proprie finestre verso il piano terra dell’edificio condominiale.

Per questi motivi, la proprietaria aveva presentato ricorso ai sensi dell’art. 1168 c.c., chiedendo di essere reintegrata nel pieno possesso del diritto di veduta, di cui sarebbe stata spogliata. Per l’effetto, domandava anche che venisse ordinato ai proprietari del piano terra di ripristinare lo status quo ante e di eliminare la struttura installata.

I proprietari del piano terra si sono opposti alla domanda, sostenendo, tra l’altro, di aver comunicato con ampio anticipo alla ricorrente la loro volontà di realizzare la struttura sulla chat del condominio. Tale comunicazione era accompagnata dalla descrizione analitica dell’opera, cui faceva seguito l’assenso della ricorrente. Dunque, a parere dei resistenti, la proprietaria avrebbe dato il proprio assenso alla realizzazione dell’opera. Di conseguenza non si sarebbe verificato alcuno spoglio violento o clandestino, né sussisterebbe l’elemento soggettivo dell’animus spoliandi richiesto dall’art. 1168 c.c.

Scambio di messaggi nella chat del condominio

Il Tribunale di Bologna, come detto, ha respinto la domanda della ricorrente.

Dalla documentazione prodotta in giudizio, risulta che, effettivamente, l’installazione della tenda in questione era stata preceduta da comunicazione tramite messaggio WhatsApp inviato sulla chat condominiale.

Tale informativa, contenente la descrizione analitica delle struttura da realizzare, era accompagnata dalla domanda se i condomini fossero d’accordo con la soluzione prospettata. Ad essa seguivano manifestazioni di assenso di tutti i partecipanti alla chat. Compresa la stessa ricorrente, che nel gruppo WhatsApp ha scritto la frase: “Mi sembra una ottima idea“, seguita dal simbolo del pollice sollevato.

Installazione approvata: il “pollice in su” di WhatsApp equivale ad assenso

Secondo la ricorrente, l’emoticon utilizzata su WhatsApp come risposta alla richiesta di approvazione dell’opera, voleva solo esprimere un commento astratto sull’estetica del manufatto. Per i giudici, però, non è così, perché la richiesta era molto specifica e riguardava sia le caratteristiche estetiche, tecniche e strutturali della tenda. Veniva inoltre puntualmente indicato il luogo esatto di installazione della struttura, davanti ad una porta finestra dell’immobile, sottostante a quella omologa del piano superiore.

Alla luce di tali precisazioni, il Tribunale ha ritenuto che l’assenso espresso dalla ricorrente alla installazione dell’opera valga ad escludere la sussistenza dei presupposti dell’invocata tutela possessoria. Non può, infatti, ravvisarsi alcuno spoglio violento o clandestino nell’azione autorizzata da chi abbia la materiale disponibilità della cosa.

L’assenso esclude lo spoglio violento o clandestino

A sostegno delle proprie conclusioni, i giudici richiamano la giurisprudenza della Cassazione, secondo la quale: “il requisito della clandestinità dello spoglio sussiste ogni qual volta lo spossessamento avviene mediante atti che non possano venire a conoscenza di colui che è stato privato del possesso o della detenzione, sicché ciò che rileva è che il possessore, usando l’ordinaria diligenza ed avuto riguardo alle concrete circostanze in cui lo spossessamento si è verificato, si sia trovato nell’impossibilità di averne conoscenza, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito che, ove sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o errori di diritto, si sottrae al sindacato di legittimità” (Cass. civ. n. 8911 del 06.04.2017).

Tale situazione – conclude il Tribunale di Bologna – non si è verificata nel caso di specie, in cui la proprietaria del primo piano era stata puntualmente edotta dell’intervento da realizzare e aveva manifestato la propria approvazione. Il consenso (espresso o tacito) del possessore è considerato causa di esclusione dell’animus spoliandi, quale elemento soggettivo dell’illecito (Cass. civ. n. 14797 del 14.06.2017).

Pertanto, la domanda proposta da parte ricorrente è stata respinta.

Condividi

Potrebbero interessarti

Decreto Salva Casa

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2024 il Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69 recante “Disposizioni urgenti in materia di...

Nuovo Codice appalti

Un vero e proprio cambio di paradigma, mirato a ristabilire un equilibrio tra la necessità di velocizzare le procedure di appalto e...