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Le clausole che vietano B&B o scuole di musica devono essere trascritte o richiamate nel rogito

Non è sufficiente un rinvio generale al regolamento
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Le clausole che vietano B&B o scuole di musica devono essere trascritte o richiamate nel rogito

La Cassazione ribadisce un principio fondamentale: i vincoli imposti dal regolamento condominiale alla destinazione d’uso delle unità immobiliari hanno natura reale solo se costituiti come servitù reciproche, e quindi trascritti nei registri immobiliari o espressamente richiamati nell’atto di acquisto. Non è sufficiente un rinvio generico al regolamento.

Destinazione d’uso nel regolamento condominiale: la vicenda giunta in Cassazione

Con la sentenza n. 15341, del 9 giugno 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione giuridica di rilievo in ambito condominiale: l’opponibilità ai terzi acquirenti delle clausole del regolamento condominiale che vietano specifiche destinazioni d’uso delle singole unità immobiliari. In particolare, si discuteva della legittimità dell’utilizzo di un appartamento in condominio come scuola di musica, nonostante un regolamento contrattuale ne vietasse espressamente l’esercizio.

Una condomina aveva agito in giudizio contro la società proprietaria dell’unità locata, chiedendo l’inibitoria dell’attività. Il Tribunale e successivamente la Corte d’Appello hanno accolto la domanda, ritenendo opponibili le clausole restrittive contenute nel regolamento condominiale, in quanto trascritto al momento della prima alienazione. Tuttavia, la Cassazione ha accolto il ricorso della società, osservando che tali clausole non erano state riportate nella nota di trascrizione né richiamate nell’atto di acquisto dell’immobile da parte dell’odierna resistente. Pertanto, secondo la Suprema Corte, non erano opponibili.

Le clausole limitative come servitù reciproche

La Corte ha chiarito che le clausole regolamentari che impongono restrizioni al diritto di proprietà individuale, vietando l’esercizio di determinate attività nelle singole unità (come B&B, studi medici, scuole, laboratori ecc.), costituiscono servitù reciproche volontarie tra condomini e, come tali, necessitano di specifici requisiti formali per essere efficaci erga omnes.

Tali clausole, per essere opponibili agli aventi causa (ossia ai terzi acquirenti delle unità immobiliari), devono essere trascritte come previsto dall’art. 2643 c.c., oppure richiamate espressamente e puntualmente nel contratto di compravendita. Non è sufficiente, precisa la Corte, il mero rinvio generico al regolamento condominiale: occorre invece una relatio perfecta, ovvero la riproduzione integrale o specifica della clausola all’interno dell’atto.

Attenzione ai limiti trascrivibili

La pronuncia della Cassazione impone una riflessione operativa per tutti i soggetti coinvolti nella gestione e nell’alienazione di immobili in contesto condominiale. Gli amministratori di condominio devono avere chiara consapevolezza che i divieti contenuti nel regolamento – anche se approvati all’unanimità – non sono automaticamente opponibili ai nuovi acquirenti. È pertanto prudente segnalare ai condomini e ai professionisti coinvolti nella compravendita la necessità di trascrivere il regolamento contrattuale presso i registri immobiliari oppure di richiamare integralmente le clausole limitative nei rogiti notarili.

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