Immobiliare

Bonus edilizi, a che punto siamo nella lotta contro frodi e truffe?

Ammontano a circa 9 miliardi di euro, l'8,5% del totale dei finanziamenti concessi, le truffe nella cessione dei crediti per i bonus edilizi: solo il 5% dei crediti irregolari riguarda il Superbonus
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Bonus edilizi, a che punto siamo nella lotta contro frodi e truffe?

Le verifiche preventive per scoprire e sventare possibili frodi nella cessione dei crediti per i bonus edilizi stanno impegnando l’Agenzia delle Entrate, che, in base all’art. 1 della Legge n. 234/2021, può sospendere gli effetti delle comunicazioni che presentano profili di rischio o anomalie e chiedere chiarimenti o integrazioni al contribuente. Una analisi di merito più approfondita può portare al blocco della cessione. I tentativi di frode, stando a dichiarazioni di Giorgia Meloni, “ammontano a circa 9 miliardi di euro”, l’8,5% del totale dei finanziamenti concessi per i bonus edilizi. L’Agenzia delle Entrate ha precisato che solo il 5% dei crediti irregolari riguarda il Superbonus, mentre il 58% è sul bonus facciate, il 23% sull’Ecobonus, l’8% sul Sismabonus e il 5% sul bonus locazioni.

Il tesoretto delle banche

Gli istituti di credito italiani hanno ricevuto quasi 62 miliardi di euro di crediti fiscali per i bonus edilizi, che compenseranno con il fisco, al netto di quanto risulterà frutto di truffe e quindi illecito e non disponibile. Secondo “Repubblica”, il più esposto dei gruppi bancari è Intesa Sanpaolo, che ha esaurito la propria capienza da mesi, dopo avere rilevato oltre 15 miliardi di euro di crediti fiscali nel 2020, per circa 200mila pratiche evase di oltre 70 mila clienti e 160mila immobili; l’istituto ha avviato la ricessione di un terzo dei crediti in suo possesso (consentita dal cd. decreto Aiuti quater), siglando contratti per oltre 5 miliardi. Rimangono 10 miliardi di euro.

I casi di frode più rilevanti

Le frodi consistono nella creazione e nell’utilizzo di crediti d’imposta inesistenti, mediante fatture false, per monetizzare indebitamente importi per opere edili non eseguite oppure non ultimate, ad opera di società prive di strutture e mezzi per la realizzazione degli interventi edilizi, a nome di persone fisiche che risultano da dati catastali artefatti proprietarie di immobili inesistenti.

E’ quanto accaduto a Verona, dove la Guardia di Finanza ha sequestrato 110 milioni di euro a tredici società e quattordici persone, per una frode relativa alle misure del bonus facciate, in cui sono coinvolti un centinaio gli indagati, cioè tutti coloro che hanno partecipato alla generazione dei crediti inesistenti, e alla compilazione dei Cir con le particelle catastali di immobili poi risultati fittizi. All’Agenzia delle Entrate erano stati comunicati crediti d’imposta inesistenti sul bonus facciate per oltre 84 milioni di euro.

Ad Asti, dieci persone sono state sottoposte a misure di custodia cautelare, per i reati di associazione a delinquere, truffa nei confronti di Enti Pubblici, riciclaggio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

A Monza, sono quarantotto gli indagati per truffa aggravata ai danni dello Stato, autoriciclaggio dei proventi illeciti e indebite compensazioni di crediti fittizi; 90 i milioni di euro sequestrati per crediti inesistenti sul Superbonus, per un valore di 13 milioni di euro, acquistati da un commercialista da una vasta cerchia di persone fisiche e ceduti tramite società fittizie a Poste Italiane tra il 2020 e il novembre 2021. Le anomalie riscontrate comprendono l’assenza di immobili per i richiedenti, l’assenza di bonifici parlanti, la duplicazione delle cessioni di credito a più soggetti per lo stesso importo, ma con codici tributo differenti, persone con redditi esigui o percettori di reddito di cittadinanza.

A Trieste, l’Agenzia ha contestato la costituzione di un condominio in cui erano stati effettuati lavori per la riduzione del rischio sismico, poiché “l’intestazione dell’immobile a persone fisiche”, rappresenta “un escamotage per fruire di bonus non spettanti all’impresa appaltatrice” apparendo infatti “evidente che quest’ultima in luogo di acquisire direttamente l’immobile e procedere alla sua ristrutturazione e risanamento conservativo per la successiva rivendita (circostanza che non consentiva la fruizione di superbonus)”, avrebbe fatto acquistare l’immobile ai familiari del titolare della ditta, i quali avrebbero “costituito il condominio e affidato i lavori per gli interventi alla stessa società potendo così beneficiare del superbonus 110%”.

La Corte tributaria locale, con sentenza n. 81 dell’11 aprile 2023, respingendo il ricorso del contribuente, ha dato ragione agli Uffici finanziari. Infatti, cedendo i contratti preliminari, intestando contestualmente le unità immobiliari a tre propri congiunti (moglie, madre e suocera) e creando, quindi, i presupposti del condominio, è stato possibile accedere al beneficio in questione e dunque avere accesso al meccanismo di cessione del credito, aggirando i divieti previsti dalla legge.

Nella sentenza si evidenzia come il legislatore ha concesso il beneficio fiscale ai condomini sul presupposto della loro reale esistenza al momento dell’accesso al beneficio, precisando che, sebbene la norma agevolativa non abbia espressamente indicato una definizione di condominio, non può non applicarsi un concetto rigoroso, vertendosi in materia di benefici fiscali.

Il caso rappresenta un chiaro esempio di elusione fiscale per abuso del diritto, configurabile quando il contribuente ricorre ad una condotta tortuosa, ponendo in essere atti negoziali non lineari, anche tra loro correlati, che legittimano lo stesso all’ottenimento di vantaggi fiscali indebiti, i quali vengono ottenuti in contrasto con i principi dell’ordinamento tributario.

Sono da intendersi “operazioni prive di sostanza economica” quelle che, pur nel rispetto formale delle norme, realizzano vantaggi fiscali indebiti tramite fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali ed estranei alle normali logiche di mercato.

Tra Napoli, Avellino e Asti sono stati sequestrati oltre 3 miliardi di euro di crediti d’imposta fittizi, per frodi su Ecobonus e bonus facciate. Dai controlli è risultato che le comunicazioni di cessione erano intestate a persone senza fissa dimora, decedute oppure con precedenti penali, lavori eseguiti su immobili inesistenti, senza fatture oppure con importi “incoerenti”. In duemila casi accertati, con un costo complessivo di circa 2,8 miliardi di euro, i lavori si sarebbero dovuti realizzare addirittura in comuni inesistenti.

Il meccanismo fraudolento

Monetizzare un credito d’imposta riferibile ad un’opera edilizia non ultimata, costituisce una frode ai danni dello Stato, come stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 42012 dell’8 novembre 2022, che pone fine a una vicenda in cui sono coinvolte alcune società, alle quali erano stati sequestrati crediti d’imposta derivanti da bonus edilizi, già ceduti (anche con terza cessione) o ancora da utilizzare, con l’accusa di non aver ultimato i lavori agevolabili per i quali hanno usufruito dell’Eco-Sismabonus e, quindi, dei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata ai danni dello Stato, e l’ingiunzione a restituire circa un milione di euro.

Le società degli indagati avevano disposto un meccanismo fraudolento, emettendo fatture “reciprocamente l’una nei confronti dell’altra” nell’arco di pochi giorni di distanza, per il pagamento di acconti per lavori ancora da completare e corrispondenti alla quasi totalità delle spese agevolabili. Da queste fatture erano stati maturati crediti d’imposta di ingente valore che sono stati successivamente oggetto sia di compravendite reciproche tra le stesse società, sia di ulteriori cessioni a favore di altri soggetti. Inoltre, i titoli abilitativi erano del tutto assenti e non era mai stato avviato alcun cantiere. Pertanto, si legge nella sentenza, “I correlati crediti d’imposta, di importo corrispondente alla detrazione fittiziamente creata sono, dunque, inesistenti nella realtà, ma esistenti sulla carta e idonei all’utilizzo fiscale.”

Il criterio di cassa e l’ultimazione dei lavori

La sentenza precisa inoltre che, in riferimento all’utilizzo degli incentivi fiscali legati ai bonus edilizi, il principio generale richiesto per poter distinguere le spese agevolabili da quelle non agevolabili è che le spese, per poter essere detratte con i bonus, debbano essere fatturate e pagate entro la scadenza dei bonus di riferimento.

“La fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi è indissolubilmente vincolata all’esecuzione completa degli interventi stessi, secondo quanto indicato nei relativi titoli abilitativi. E’ possibile, in linea generale, quando si deve semplicemente portare la spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefici verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi. Ma se si intende utilizzare l’opzione della cessione del credito o dello sconto in fattura, la comunicazione deve essere inviata solo a lavori ultimati, oppure alla fine dei lavori riferibili al SAL di riferimento (se il beneficiario sceglie la ripartizione in SAL). Anche se le fatture sono state emesse e pagate, le spese non possono essere incluse tra quelle che danno diritto alla maturazione del credito se gli interventi edilizi non sono effettivamente conclusi.”

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