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Ascensore troppo rumoroso: quando scatta il risarcimento?

Necessario provare non solo il superamento della soglia della normale tollerabilità del rumore ma anche di aver subito un danno
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Ascensore troppo rumoroso: quando scatta il risarcimento?

Sperare di trovare quiete e tranquillità nella propria abitazione è un diritto. Esso, infatti, viene tutelato sia dalle norme del regolamento di condominio, dove spesso si prevedono delle fasce orarie dedicate al riposo, sia dalle norme codicistiche. L’esplicito riferimento è l’articolo 844 del codice civile il quale stabilisce che “non si possano impedire le immissioni del vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alla condizione dei luoghi, dovendo il giudice contemperare le opposte esigenze della produzione con le ragioni della proprietà”. Queste casistiche, però, comprendono la circostanza in cui l’ascensore sia troppo rumoroso?

Dal dettato normativo emerge che, più che il diritto al silenzio, quello che tutela il legislatore è piuttosto il diritto a non subire rumori eccessivi che superino la normale tollerabilità tenuto conto delle situazioni caso per caso. Per tale motivo, dovendosi quindi affidare ad un criterio, quello della tollerabilità, da plasmare caso per caso, il tema delle immissioni rumorose è un evergreen delle problematiche in ambito condominiale.

L’ascensore troppo rumoroso come fonte di disturbo

Con particolare riferimento all’habitat condominiale, sono molti gli impianti che potrebbero essere causa di disturbo: il cancello del box, la centrale termine, l’autoclave, oppure l’ascensore troppo rumoroso. Dal punto di vista tecnico, la propagazione del rumore può avvenire o per via d’aria oppure per via strutturale, cioè sotto forma di vibrazioni attraverso le strutture murarie, interessando quindi maggiormente gli appartamenti attigui alla sorgente di rumore.

Fatta questa ricognizione, come detto, una sicura fonte di rumore è da rintracciare nell’ascensore. Recentemente il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 2579 del 24 ottobre 2023, ha condannato il condominio a pagare il risarcimento causato dall’ascensore rumoroso a favore di un condomino al quale era stata ormai reso intollerabile lo svolgimento delle attività della vita quotidiana. Nella vicenda in esame, attraverso perizie e testimonianze, è stato provato che la rumorosità prodotta dall’impianto di ascensore (disciplinata dal DPCM 05/12/1997), superava di molto il livello sonoro massimo di immissione nelle abitazioni.

Il limite della tollerabilità dell’ascensore troppo rumoroso

È logico che, soprattutto in condominio, sarebbe impossibile evitare qualsiasi tipo di rumore, men che meno quello dell’ascensore. Per tale motivo, la L. n. 447/1995 ed il già menzionato DPCM del 1997 (salvo disposizioni più stringenti comunali) hanno previsto una soglia di tollerabilità dei rumori. Durante il giorno, inteso dalle ore 6.00 alle ore 22.00, il rumore deve restare entro i 5 decibel, rispetto ai rumori di fondo che provengono dall’esterno dell’abitazione, mentre la sera, ovvero dalle 22.01 alle 5.59, il rumore non deve superare i 3 decibel sempre rispetto ai rumori di fondo.

Sul punto è opportuno richiamare un importante precedente della Suprema Corte (Cass. civ., n. 26898/2011), secondo il quale i limiti normativi di rumorosità da osservarsi nella costruzioni degli impianti di ascensore ben possono essere assunti quali obiettivi parametri, ai fini del giudizio di tollerabilità delle immissioni. Questo perché sono evidentemente finalizzati a contenere l’impatto acustico nell’ambito di ambienti circoscritti, quali i fabbricati condominiali, e sono pertanto posti a salvaguardia del diritto alla salute delle persone direttamente esposte alle emissioni in questione,

Detto questo, occorre ulteriormente valorizzare il concetto di “attualità, poiché il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante. Per tale motivo la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetterà poi al giudice del merito accertare in concreto gli accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell’ambito della normale tollerabilità.

Come tutelarsi

I mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l’intensità dei suoni ed il loro grado di sopportabilità per le persone. Utile certamente è anche la prova testimoniale, magari dei vicini di casa, pur ricordando che, ai fini della sua attendibilità, essa rimane ammissibile soltanto quando verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale del testimone, non dovendo infatti essere di tipo valutativo.

Ancora, un valido aiuto potrebbe provenire dai vigili urbani o magari dall’ARPA, richiamati sul posto al fine di verificare e stilare un rapporto su quanto dichiarato in merito alla tollerabilità delle immissioni rumorose.

Il risarcimento del danno

Anche in caso di rumori derivanti dall’impianto di ascensore, al ricorrere di determinati elementi, è possibile integrare una fattispecie criminosa. Il riferimento è l’art. 659 del codice penale, il quale prevede che “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone”. Certamente, per avere rilevanza penale, occorre non solo che i rumori eccedano la normale tollerabilità bensì anche che siano in grado di infastidire un numero indeterminato di persone con ciò significando un consistente numerosi di abitanti del condominio.

Sul piano strettamente risarcitorio, invece, la tutela offerta dal codice civile si snoda nel risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

In proposito, deve osservarsi che, per consolidato orientamento della Suprema Corte, il risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitiva ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto. Sarà quindi parte attrice, seguendo i canoni imposti dall’art. 2697 del codice civile in merito all’onere della prova, a dover provare non solo di aver subito uno specifico danno alla propria salute ma anche che sussista un nesso causale tra l’intervenuta patologia e le immissioni lamentate. Utile in tale senso sarà quindi supportare la propria tesi con con certificati medici e visite specialistiche.

Quali sono i diritti lesi dal troppo rumore

Circa invece il danno non patrimoniale, esso è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato. Difatti il parametro da tenere a mente è quello della lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. “comunitarizzazione” della Cedu (si veda in tal senso Cass. Civ., ord. n. 21621/2021).

Ritornando ad esempio al caso del Tribunale di Genova, in quel caso il Giudice ha ritenuto provato il pregiudizio al normale svolgimento della vita familiare nella propria abitazione a causa del rumore prodotto dall’ascensore condominiale e pertanto ha liquidato, in via equitativa, la somma di euro 7.500 a titolo di risarcimento per danno non patrimoniale.

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