Come funziona il raffrescamento evaporativo?
Non ci sono molti modi per descrivere il raffrescamento evaporativo, di fatto è la risposta naturale che si attua per ogni esigenza di controllo climatico: per intenderci, si tratta né più e né meno che dello stesso principio di raffreddamento utilizzato dal corpo quando attraverso il sudore l’umidità evapora, garantendo come effetto conseguente il raffrescamento della pelle.
E tutto questo in forza del complesso meccanismo omeostatico, cui dedicai un intero paragrafo nel mio volume “Casa Passiva: standard energetici per l’abitare ecologico”, che si comporta da vero e proprio energy manager nei confronti della temperatura corporea. Non è infatti un caso che la diversa stanzialità sul pianeta Terra produca differenziazioni nella nostra prima pelle e che la seconda, costituita dai nostri abiti, sia stata così diversificata, in tempi distanti dalla globalizzazione, per tenere conto – prima ancora che della disponibilità in loco delle risorse e delle culture specifiche – dell’indispensabile salvaguardia di un equilibrio termico vitale, nella mediazione fra superficie corporea ed ambiente esterno. Ed allo stesso modo è facile comprendere la diffusione di tecniche di raffrescamento evaporativo antichissime, messe in atto nelle popolazioni di Egitto e Persia, dovendo individuare indispensabili strumenti per affrontare climi caldo-secchi.
Se vogliamo analizzare il fenomeno in termini complessivi, cioè come raffrescamento evaporativo diretto ed indiretto ad aria, dobbiamo tuttavia estrapolare tre parole chiave: evaporazione, calore sensibile, umidità.
Cominciamo dall’ultima, che nel caso di umidità relativa, viene indicata nella letteratura come rapporto percentuale tra quantità di vapore, contenuta da una massa d’aria, e la quantità massima, quindi a saturazione, che il volume d’aria può contenere nelle stesse condizioni di temperatura e pressione. Considerando che alla temperatura di rugiada l’umidità relativa è assunta pari al 100%, ne consegue che la stessa risulterà parametrizzabile come rapporto tra umidità assoluta e umidità di saturazione, dipendente dalla temperatura e legato al tasso di saturazione del vapore atmosferico, nonché alle ripercussioni sui fenomeni evapotraspirativi delle colture. Il deficit di saturazione, dato dalla differenza tra umidità assoluta e umidità di saturazione, farà quindi sì che se una massa d’aria ha, ad esempio, una temperatura propria di 15 °C con una quantità di umidità relativa pari al 50%, sarà necessario abbassare la temperatura della massa d’aria di 5 °C per fare sì che tale umidità possa raggiungere, a pressione costante, il massimo della percentuale, quindi arrivare a saturazione, ed eventualmente depositarsi tramite condensazione.
In sintesi la quantità di vapore che può essere contenuta da una massa d’aria decresce al diminuire della temperatura, diventando quasi nulla a -40°C, e il quantitativo massimo di umidità contenibile per volume dipende dalla temperatura. Invece il calore sensibile è la quantità di calore che corrisponde ad una variazione di temperatura attraverso un coefficiente di proporzionalità detto calore specifico, e si differenzia dal calore latente perché il primo viene ceduto in assenza di una transizione di fase, mentre il calore latente è definito solo durante transizioni di fase, e quindi è tale quello che viene recuperato tramite la condensazione dei vapori nelle caldaie a condensazione.
L’evaporazione infine è definibile come il processo attraverso cui si verifica il passaggio di stato da liquido ad aeriforme: passaggio questo che alla temperatura di ebollizione del liquido coinvolge la sola superficie, mentre a temperatura superiore, una volta quindi attivato processo di ebollizione, coinvolge l’intero volume del liquido.
Entrambi i processi rappresentano il cambiamento di stato da liquido a aeriforme, e vengono complessivamente identificati sotto il nome di vaporizzazione. A questo punto risulta immediata la sintesi con cui il raffrescamento evaporativo di fatto contraddistingue un processo in cui l’effetto dell’evaporazione del contenuto d’acqua dell’aria viene utilizzato come pozzo termico naturale: il calore sensibile dell’aria è ceduto alle molecole d’acqua sotto forma di calore latente, al fine di consentirne l’evaporazione, e la quantità di calore sensibile assorbito dipende dall’ammontare d’acqua che può essere evaporata.
Il ciclo dell’acqua in Natura vede cedere parte della propria acqua da parte di fiumi, laghi, mari, oceani, che raggiunge l’atmosfera sotto forma di vapore a seguito dell’intervento del Sole, fonte esterna di calore, che attiva il processo di evaporazione, funzione diretta della temperatura e funzione inversa della pressione di vapore (umidità relativa) dell’ambiente: all’aumentare della temperatura aumenta il flusso evaporante e alla saturazione dell’ambiente si ha il raggiungimento dell’equilibrio.
Anche la circolazione aerea ovvero il vento può favorire l’evaporazione. Il vapore per condensazione si trasforma successivamente in pioggia, neve o grandine. A questo punto è quindi immediata l’analogia artificiale di processo con i raffrescatori evaporativi: raffrescano l’ambiente interno facendo passare l’aria calda esterna attraverso dei filtri bagnati d’acqua, l’aria seguendo il principio fisico dell’evaporazione si raffredda ed una volta immessa nell’edificio tramite un ventilatore garantisce i ricambi d’aria necessari, e tramite l’effetto brezza crea un ambiente ospitale in cui lavorare. Il raffrescamento evaporativo permette di rigenerare l’ambiente interno all’edificio immettendo sempre aria nuova filtrata e contemporaneamente più fresca di 5-10 °C della temperatura esterna, questo permette di sostituire l’aria calda e viziata all’interno dell’edificio con aria pulita e fresca e i raffrescatori evaporativi sono ecologici, non usano gas refrigeranti ma solo acqua ed elettricità sufficiente per fare funzionare un ventilatore.

Schema di funzionamento del raffrescamento evaporativo diretto (a) e indiretto (b)
Le unità di raffreddamento evaporativo ibrido possono essere a raffreddamento diretto (l’aria, raffreddata e umidificata nel passaggio attraverso l’evaporatore, entra direttamente in ambiente) o a raffreddamento indiretto (l’aria che entra nell’evaporatore sottrae calore a uno scambiatore, che a sua volta raffredda aria più asciutta che entra in ambiente: in questo modo l’aria entrante non viene umidificata, ma solo raffreddata).