Made Green in Italy e Pef: la guida
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La legge 28 dicembre 2015, n. 221 che ha istituito il regolamento delle modalità di funzionamento dello schema nazionale volontario denominato Made Green in Italy, stabilisce la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti Made in Italy, anche con il rilascio del logo “Made Green in Italy” ai prodotti di cui all’articolo 2, lettera v).
Si riporta il testo dell’articolo 21, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 18 gennaio 2016, n. 13:
Art. 21 (Schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale).
Al fine di promuovere la competitività del sistema produttivo italiano nel contesto della crescente domanda di prodotti ad elevata qualificazione ambientale sui mercati nazionali ed internazionali, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, lo schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, denominato «Made Green in Italy». Tale schema adotta la metodologia per la determinazione dell’impronta ambientale dei prodotti (PEF), come definita nella raccomandazione 2013/179/ UE della Commissione, del 9 aprile 2013.
La raccomandazione promuove l’utilizzo dei metodi per determinare l’impronta ambientale nelle politiche e nei programmi pertinenti connessi alla misurazione o alla comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti o delle organizzazioni.
La raccomandazione non si applica all’attuazione della legislazione obbligatoria dell’UE che prevede una metodologia specifica per il calcolo delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti.
In questo contenuto proveremo a descrivere tutti gli aspetti principali legati al tema del Made Green in Italy. L’articolo è tratto da “I Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) nella prevenzione degli ecoreati” di Patrizia Cinquina.
L’impronta ambientale dei prodotti
L’impronta ambientale dei prodotti (Product Environmental Footprint – PEF) è una misura che, sulla base di vari criteri, indica le prestazioni ambientali di un prodotto o servizio nel corso del rispettivo ciclo di vita.
Le informazioni relative alla PEF sono fornite con l’obiettivo generale di ridurre gli impatti ambientali dei prodotti e servizi, tenendo conto delle attività della catena di approvvigionamento (dall’estrazione di materie prime, alla produzione, all’uso e alla gestione finale dei rifiuti).
Il progetto relativo all’impronta ambientale dei prodotti è stato avviato allo scopo di definire una metodologia europea armonizzata per gli studi sull’impronta ambientale che possa comprendere una serie più ampia di criteri di prestazione ambientale pertinenti basandosi sul concetto di ciclo di vita.
Il concetto di ciclo di vita
Il concetto di ciclo di vita prende in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento.
Essa include tutte le fasi che vanno dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, all’utilizzo e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali, gli effetti sulla salute, i rischi legati alle risorse e gli oneri per la società associati pertinenti.
Tale approccio è essenziale per illustrare i possibili compromessi tra vari tipi di impatti ambientali legati a specifiche decisioni politiche e gestionali e contribuire a evitare un trasferimento involontario degli oneri.

Oltre a fornire orientamenti e requisiti generali per gli studi sulla PEF, specifica anche i requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti, che svolgeranno un ruolo importante contribuendo ad aumentare la riproducibilità, la coerenza (e quindi la comparabilità tra i calcoli della PEF nella stessa categoria di prodotti) nonché la rilevanza degli studi sulla PEF.
Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti consentiranno di concentrarsi sui parametri più importanti di uno studio sulla PEF e quindi anche di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi correlati.
L’obiettivo è quello di garantire che le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti siano definite in base alla guida sulla PEF e che forniscano le specificazioni richieste per ottenere la comparabilità, una maggiore riproducibilità, la coerenza, la rilevanza, la profondità e l’efficacia degli studi in questione.
Le regole dovrebbero consentire che gli studi sulla PEF siano incentrati sugli aspetti e i parametri più pertinenti per determinare le prestazioni ambientali di un determinato tipo di prodotto.
Una regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti può specificare ulteriormente i requisiti indicati nella presente guida e aggiungere nuovi requisiti qualora la guida sulla PEF consenta una scelta tra varie opzioni.
Le regole di categorie sull’impronta ambientale dei prodotti
Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti mirano a fornire orientamenti tecnici completi e dettagliati su come effettuare uno studio sulla PEF per una specifica categoria di prodotti.
Tali regole devono fornire specificazioni ulteriori a livello di processo e/o di prodotto, in particolare specificazioni e orientamenti per esempio nei seguenti ambiti:
- definire l’obiettivo e l’ambito dello studio;
- definire le categorie di impatto rilevanti/irrilevanti;
- individuare i confini di sistema appropriati per l’analisi;
- identificare i parametri chiave e le fasi del ciclo di vita;
- fornire orientamenti sulle possibili fonti di dati;
- definire il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni;
- fornire ulteriori specifiche sulle modalità per risolvere problemi di multifunzionalità.
Come definito nella norma ISO 14025 (2006), le regole di categoria di prodotto (PCR) contengono serie di norme, orientamenti e requisiti specifici allo scopo di definire “Dichiarazioni ambientali di tipo III” per ogni categoria di prodotti (ossia prodotti e/o servizi con funzioni equivalenti).
Le dichiarazioni ambientali di tipo III
Le “dichiarazioni ambientali di tipo III” sono dichiarazioni quantitative sulla base dell’analisi del ciclo di vita di un determinato prodotto o servizio, per esempio informazioni di natura quantitativa relative ai possibili impatti ambientali:
- identificazione della categoria di prodotto per cui deve essere definita una PCR, compresa per esempio una descrizione delle funzioni del prodotto, delle prestazioni tecniche e degli usi;
- definizione dell’obiettivo e dell’ambito della valutazione del ciclo di vita (LCA) del prodotto, in linea con i requisiti delle norme ISO della serie 14040 per esempio in termini di unità funzionale, confine del sistema, requisiti in materia di qualità dei dati;
- descrizione delle analisi dell’inventario del ciclo di vita (LCI), con particolare attenzione alla raccolta dei dati, alle procedure di calcolo e alle regole di allocazione;
- scelta degli indicatori delle categorie di impatto dell’impronta ambientale da includere nell’LCA;
- descrizione di ogni possibile parametro predeterminato per la comunicazione dei dati relativi alla valutazione del ciclo di vita, per esempio, alcune categorie predeterminate di dati dell’inventario e/o indicatori delle categorie di impatto dell’impronta ambientale;
- se la valutazione del ciclo di vita non comprende tutte le fasi del ciclo di vita, le informazioni sulle fasi mancanti e la relativa giustificazione;
- la durata della validità della regola di categoria relativa alla PEF in fase di definizione.
Qualora siano disponibili altre PCR di sistemi differenti, queste possono fornire una base per definire una regola di categoria relativa alla PEF.
Per quanto possibile e tenendo conto dei diversi contesti di applicazione, tali regole dovrebbero essere conformi ai documenti orientativi internazionali relativi alle regole di categoria di prodotto (PCR) esistenti.
PEF: come procedere
La definizione degli obiettivi è la prima fase di uno studio sulla PEF, in cui si stabilisce il contesto generale dello studio.
Lo scopo di obiettivi chiaramente definiti consiste nel garantire che gli scopi delle analisi, i metodi, i risultati e le applicazioni previste siano allineati in maniera ottimale e che esista una visione condivisa che possa guidare i partecipanti allo studio.
L’uso della guida sulla PEF comporta che alcuni aspetti relativi alla definizione degli obiettivi vengano decisi a priori. Nondimeno, è importante soffermarsi a considerare e articolare attentamente gli obiettivi al fine di garantire il buon esito dello studio sulla PEF.
Nella fase di definizione degli obiettivi è importante identificare le applicazioni previste e il grado di profondità e di rigore delle analisi.
Sono possibili anche combinazioni di metodi in un unico studio sulla PEF se sono sottoposte ad analisi quantitative solo alcune parti della catena di approvvigionamento e altre sono oggetto di descrizioni qualitative di possibili aree sensibili sotto il profilo ambientale (per esempio, un’analisi quantitativa dalla culla al cancello (cradle-to-gate) abbinata a descrizioni qualitative di considerazioni ambientali dal cancello alla tomba (gate-to-grave) o ad analisi quantitative delle fasi di utilizzo e di fine vita per determinati tipi di prodotti rappresentativi).
Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. I flussi devono essere raggruppati in “flussi elementari” e “flussi non elementari (ossia complessi)”.
Tutti i flussi non elementari del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere quindi trasformati in flussi elementari.
Si raccomanda vivamente un profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni iniziale “a livello di analisi”, definito come fase di analisi, in quanto aiuta a definire le attività di raccolta di dati e le priorità di qualità dei dati per il profilo effettivo di utilizzo delle risorse e di emissioni.
Tutti i processi e le attività da considerare nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere inclusi nella fase di analisi. Eventuali esclusioni di fasi della catena di approvvigionamento devono essere esplicitamente giustificate e sottoposte al processo di revisione e se ne deve discutere l’influenza sui risultati finali.
Per le fasi della catena di approvvigionamento per le quali non si prevede una valutazione di impatto quantitativa dell’impronta ambientale, la fase di analisi deve fare riferimento alla letteratura esistente e ad altre fonti per formulare descrizioni qualitative di processi potenzialmente significativi sotto il profilo ambientale.
Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare i processi da includere, nonché i requisiti associati in materia di qualità dei dati e di revisione. Esse devono anche specificare per quali processi sono necessari dati specifici e per quali è ammesso o necessario l’uso di dati generici.
Un piano di gestione dei dati può essere uno strumento prezioso per gestire i dati e per seguire il processo di compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni relativo al prodotto.
Il piano di gestione dei dati può comprendere:
- una descrizione delle procedure di raccolta di dati;
- fonti dei dati;
- metodologie di calcolo;
- procedure di trasmissione, archiviazione e backup dei dati;
- procedure di controllo della qualità e di revisione per la raccolta dei dati, i flussi in ingresso e le attività di movimentazione, la documentazione dei dati e i calcoli delle emissioni.