Veranda: titoli abilitativi e autorizzazioni per non sbagliare
La veranda è definita dal Regolamento Edilizio tipo come un “locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.
La veranda quindi è una struttura che costituisce un aumento della volumetria dell’edificio oltre che una modifica della sua sagoma. Inoltre è una struttura fissa, duratura.
La costruzione di una veranda non rientra tra gli interventi di libera edilizia, indipendentemente dalle sue dimensioni. Per definizione, infatti, la veranda rappresenta una costruzione fissa, che può essere rimossa solo demolendola e la cui costruzione, peraltro, impone un aggiornamento della scheda catastale e delle tabelle millesimali dello stabile.
Il primo passo verso la realizzazione di una veranda è verificare l’esistenza di una volumetria residua dell’immobile considerato oppure la possibilità di aggiungere un ulteriore volume abitativo senza oltrepassare i limiti imposti dal piano regolatore della zona di appartenenza. Il nuovo ambiente deve inoltre rispettare tutti i parametri imposti dal regolamento di edilizia e di igiene locali per quanto concerne l’illuminazione e l’areazione dello spazio destinato ad uso abitativo.
La veranda richiede il Permesso di costruire
Elementi sostanziali alla veranda sono la preesistenza di uno spazio delimitato oppure realizzazione a sé stante; la chiusura con superfici non murarie, costituite da:
- superfici vetrate quali infissi scorrevoli o fissi, apribili, ecc;
- trasparenti: plexyglass o similari;
- impermeabili: teli, pannelli o qualunque sistema atto a impedire passaggio di aria e acqua;
- le modalità di aperture ammissibili: parzialmente: elementi di chiusura fissi, con almeno uno apribile (es. porta di accesso);
- totalmente: apribile su tutti i lati, ad esempio con vetrate scorrevoli su binari o perfino rimovibili lasciando immutata la struttura portante e copertura.
La realizzazione di veranda costituisce modifica di prospetto. Le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, pertanto sono assoggettate al Permesso di costruire, a prescindere dalla natura dei materiali utilizzati, dalla ventilata parvenza di precarietà o rimovibilità.
In base all’art. 10 comma 1 lettera c), del Tue, le verande costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia “pesanti” soggetti a permesso di costruire se portano ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli paesaggistici, storico-culturali ecc.
Verande e regime pertinenziale
Il regime pertinenziale non è sufficiente per includere la tipica veranda. Il rapporto di pertinenzialità nasce con un nuovo locale, dotato di autonoma connotazione e utilizzazione. In termini urbanistici, la veranda realizzata trasformando e chiudendo un balcone o terrazzo non può costituire pertinenza in quanto si tratta di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, che si viene ad aggregare ad un preesistente organismo edilizio, trasformandolo solo in termini di sagoma, volume e superficie.
In ambito edilizio manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dall’edificio precedente/principale, ovvero quando sia realizzata una qualsiasi opera che ne alteri la sagoma, come ad esempio una tettoia (Cons. di Stato VI n. 51280/2017).
Il regime di pertinenzialità “mite”previsto dal Tue in misura massima del 20% della volumetria complessiva, cioè quelle non rientranti nel regime delle nuove costruzioni soggette a Permesso di costruire, va valutato di volta in volta se e quando sia ammissibile. Per le verande, è escluso in via generale ma l’ultima parola spetta a regioni e comuni.
In ambito di edificio condominiale, poi, il regime pertinenziale è impossibile perché viene a mancare il rapporto tra volumetria (globale) dell’edificio e il volume aggiuntivo della veranda (esclusivo): manca quindi il rapporto stretto pertinenziale, come si può intuire facilmente.
L’ampliamento di un fabbricato preesistente non può considerarsi pertinenza, ma parte integrante dell’edificio (Cass. Pen. 54692 /2018).
Essendo privo di autonomia rispetto all’immobile principale, non costituisce pertinenza: essa deve consistere in un manufatto distinto e separato da quello principale a cui è asservito. In caso contrario si è di fronte ad un ampliamento dell’edificio compiuto esternamente alla sagoma esistente (Cass. Pen. 54692 /2018).
In tal caso la trasformazione del balcone in veranda porta a completare e migliorare direttamente la struttura a cui è annesso, proprio per l’assenza di autonomia.
Gli ampliamenti sono aumenti volumetrici realizzati all’esterno della sagoma planivolumetrica.
La giurisprudenza ha sempre ritenuto necessario il permesso di costruire in caso di trasformazione di balconi in verande (Cass. Pen. n. 1483/2013). Se tale intervento costituisce ampliamento volumetrico di edificio esistente (con conseguenti modifiche di sagoma e prospetto), esso va considerato come intervento di nuova costruzione secondo l’art. 3 comma 1 lettera E del Dpr n. 380/2001.
Tale qualifica di intervento lo assoggetta al permesso di costruire, in base all’art. 3 comma 1 lettera A. (Cass. Pen. 54692 /2018).
Superficie coperta è la superficie risultante dalla proiezione sul piano orizzontale del profilo esterno perimetrale della costruzione fuori terra, con esclusione degli aggetti e sporti inferiori a 1,50 m. Al contrario, diventa superficie coperta tutto ciò che: non è aggetto (come i balconi, appunto); gli aggetti maggiori a 1,50 m. Diventando veranda, il balcone perde la natura di semplice aggetto. A nulla vale la precarietà o tipologia dei materiali utilizzati per la chiusura del balcone. Neppure la facile amovibilità della struttura non giustifica o attenua la qualifica dell’intervento e la necessità del Permesso di costruire (Cass. Pen. 54692 /2018).
Una veranda in alluminio anodizzato e vetri, di m. 8 x 1,2 x 3 di altezza non può essere considerata né un’opera minimale né pertinenziale.
La nozione di “pertinenza urbanistica” non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato principale.
Infatti, il carattere pertinenziale in senso urbanistico va riconosciuto alle opere che, per loro natura, risultino funzionalmente ed esclusivamente inserite al servizio di un manufatto principale, siano prive di autonomo valore di mercato e non valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile), in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono. (Tar Campania, sentenza n. 4280 del 22 giugno 2021)
La veranda sul balcone
Costruire una veranda sul balcone o sul terrazzo con un telaio che sorregge una vetrata è uno degli interventi più richiesti, perché protegge da rumori e smog e rende lo spazio interessato, vivibile.
Questo tipo di intervento configura una nuova costruzione, in quanto aumenta la volumetria con finalità abitative e crea un nuovo locale autonomo, ampliando il fabbricato al di fuori della sagoma preesistente.
Quindi, richiede un Permesso di costruire, in mancanza del quale la veranda rappresenta un abuso edilizio, a prescindere dalle dimensioni, con conseguente obbligo di rimuovere la struttura oppure, se la rimozione non fosse tecnicamente possible, il pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, determinato con riferimento alla data di ultimazione dei lavori.
Alcuni Comuni, invece del Permesso, chiedono la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) ma al termine dei lavori occorre presentare la modifica catastale all’Agenzia delle Entrate.
La rimozione della veranda abusiva non estingue il reato edilizio che, oltre alle sanzioni amministrative, prevede in sede penale:
- l’ammenda fino a 10.329 euro per non avere osservato norme, prescrizioni e modalità esecutive previste, regolamenti edilizi, strumenti urbanistici e permesso di costruire;
- arresto fino a 2 anni e ammenda da 15.493 a 51.645 euro per esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione dei lavori nonostante l’ordine di sospensione.
Sentenze
La trasformazione di un balcone o di un terrazzino, circondato da muri perimetrali, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, ne’ intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero permesso di costruire. Cassazione penale sez. III, n.36238 del 30 novembre 2018.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda non costituisce una “pertinenza” in senso urbanistico. La veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, che viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie, con la conseguenza del necessario preventivo rilascio di permesso di costruire. Consiglio di Stato sez. VI, n.5801 del 9 ottobre 2018.
Tenuto conto delle relative caratteristiche dimensionali, morfologiche e funzionali e della relativa incidenza sostanziale sul carico urbanistico, la chiusura (mediante infissi e/o pannelli) di un terrazzo (o loggia o balcone) in corrispondenza di una unità abitativa, non può integrare gli estremi dell’intervento pertinenziale in ampliamento e di nuova costruzione, volto a creare un mero spazio accessorio a beneficio della costruzione principale; essa finisce per privare la struttura originaria (terrazzo, loggia o balcone) della sua vocazione accessorio-pertinenziale e per attrarla all’orbita della volumetria residenziale, propria dell’edificio principale cui la medesima viene accorpata. (Tar Campania, sentenza n. 1358 del 31 maggio 2021)
Per le verande è necessario il permesso di costruire, perché:
- la realizzazione di una veranda con chiusura di un balcone comporta un aumento di volumetria e la modifica della sagoma dell’edificio, trattandosi di una struttura fissata in maniera stabile al pavimento;
per entità e funzione una veranda non può essere considerata semplicemente come pertinenza;
a prescindere dai materiali utilizzati, la veranda costituisce comunque una variazione di volume permanente dell’edificio; - la veranda integra, quindi un nuovo locale autonomamente utilizzabile, che viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, che viene quindi trasformato per sagoma, volume e superficie. Di conseguenza, è necessario il preventivo rilascio di permesso di costruire;
- anche per le opere di ristrutturazione, se gli interventi come la realizzazione di una veranda portano a un edificio totalmente o parzialmente differente dal precedente per volume e superficie, è necessario il permesso di costruire, a prescindere dai materiali utilizzati.
(Consiglio di Stato, sentenza n. 5774 del 5 agosto 2021).
L’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un’area (un porticato, ma analogamente balconi o logge) che si presenti aperta su tre lati, determina, senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria e ciò perché l’intervento va riguardato dall’ottica del risultato finale, ovvero il rilevato aumento di superficie e di volumetria, sia che ciò consegua alla chiusura su tutti i lati, sia che ne implichi anche la copertura, pure con superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.
La realizzazione di un vano aggiuntivo mediante tamponatura di un’area (portico, loggia o balcone) non può neppure qualificarsi come pertinenza in senso urbanistico, in quanto integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie.
Con specifico riferimento alla chiusura di balconi, logge o balconate con pannelli in vetro, la giurisprudenza amministrativa è ferma nell’affermare che:
- la realizzazione di un veranda con chiusura di un balcone, comportando nuovi volumi e modifica della sagoma dell’edificio, è soggetta a permesso di costruire; la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile, infatti, soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica;
- le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, in quanto determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire. Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto. Né può assumere rilievo la natura dei materiali utilizzati, in quanto la chiusura, anche ove realizzata con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico;
- la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda non costituisce una pertinenza in senso urbanistico. La veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, che viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie, con la conseguenza del necessario preventivo rilascio di permesso di costruire;
(Consiglio di Stato, sentenza n. 469 del 24 gennaio 2022)
La veranda in giardino
Una veranda in giardino con tende per ombreggiamento o schermatura solare (pergolato in metallo o in legno), e una tettoia o pensilina per la protezione da agenti atmosferici), appoggiata ma non ancorata al pavimento, anche se composta da pannelli che richiedono dei binari di scorrimento, è considerata struttura mobile temporanea in quanto rimovibile senza demolizioni, e non richiede il Permesso di costruire.
La veranda con tende
Una struttura metallica ancorata alla parete e/o al soffitto che sorregge un telo di copertura per proteggere dal sole o da altri agenti atmosferici non è considerata pertinenza, in quanto non crea un nuovo locale chiuso come la veranda a vetri, e non è strutturalmente autonoma. L’unica autorizzazione necessaria, se si abita in un condominio, è quella dell’assemblea condominiale, in quanto la tenda può alterare la facciata dell’edificio. Ma se l’immobile è di particolare pregio storico-artistico, occorre anche il parere positivo della Sovrintendenza ai beni culturali di competenza.
Alternative alla veranda
Il Glossario considera interventi di edilizia libera strutture qualificabili come pergolati, pergotende o tende a pergola e coperture di arredo, tutte opere simili tra loro ma che risultano essere leggere, di ridotte dimensioni e atte a migliorare la vivibilità degli spazi esterni pertinenti all’unità abitativa; manufatti, dunque, che per consistenza, caratteristiche costruttive e funzione possono definirsi opere precarie destinate a soddisfare esigenze temporanee.
La pergotenda
Le pergotende rappresentano una soluzione di compromesso che consente di ottenere il comfort e la protezione offerti da una veranda unendoli ai vantaggi di una struttura simile a quella di un pergolato, cioè leggera e amovibile.
La pergotenda una struttura costituita da due pali poggiati su un pavimento a livello e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in pvc, ancorata al sovrastante balcone e munita di copertura rigida a riparo del telo retraibile.
La pergotenda non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa. Va pertanto qualificata come arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede ed è considerata un intervento in edilizia libera.
Sentenze
Per configurare una pergotenda, in quanto tale non necessitante di titolo abilitativo, occorre che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.
Non è invece configurabile una pergotenda se la struttura principale è solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 5737 del 5 ottobre 2018).
Nella nozione di pergotenda sono individuati i gazebo, i pergolati e le tettoie “leggere” non tamponate lateralmente su almeno tre lati come tali aventi carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile, in quanto non mutano il preesistente utilizzo esterno dei luoghi al fine di valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità che rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all’esterno, senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dai connessi fenomeni di condensazione. (Consiglio di Stato, Seconda Sezione, sentenza n. 840 del 28 gennaio 2021).
Non è necessario il rilascio del permesso di costruire, e conseguentemente è illegittimo il relativo ordine di demolizione adottato, per l’istallazione di una pergotenda qualora non siano state realizzate tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, né sia stato creato alcun nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume e la copertura e la parziale chiusura perimetrale non si rivelino stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende.
Non essendovi uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 3393 del 27 aprile 2021).
La pergotenda, in tanto rientra nell’ambito dell’attività edilizia libera, in quanto l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno, rispetto alla quale la struttura rappresenti un mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della stessa; inoltre, gli elementi di copertura e di chiusura devono essere in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di quelle caratteristiche di consistenza e rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione. (Tar Liguria, sentenza n. 408 del 5 maggio 2021).
Una pergotenda costituita da una tenda e da elementi di supporto in alluminio e plastica, ancorata con bulloni, senza tamponatura, con facile rimuovibilità e di natura precaria, è da considerarsi elemento accessorio in area pertinenziale in quanto struttura leggera, non comportante cambio di destinazione d’uso, incremento di s.u.l. o volumetria e rientra dunque negli interventi di edilizia libera. (Tar Lazio, sentenza n. 10005 del 28 settembre 2021).
La vetrata panoramica
La schermatura di un terrazzo o balcone con eventuale sola funzione di frangivento completamente apribile assolve l’esigenza temporanea e stagionale di protezione dal vento, a meno che non vengano trasformate le sue caratteristiche di abitabilità da balcone in altra destinazione abitativa di carattere permanente.
La vetrata panoramica quando utilizzata a protezione di una veranda è classificata come “sistema di protezione a carattere stagionale ” o “chiusura temporanea” di partizioni esterne. Può essere anche interpretato semplicemente come un frangivento in vetro. Non determina una variazione della destinazione d’uso del locale che va a proteggere.
Una veranda o un porticato protetto dalle vetrate tuttovetro deve rimanere tale, non ne deve essere modificato l’utilizzo o destinazione d’uso (ad esempio utilizzando sistemi di riscaldamento fissi nell’ambiente).
Vetrate panoramiche amovibili (Vepa)
La lettera b-bis del comma 1 dell’art. 6 del Testo Unico Edilizia (Dpr 380/2001), aggiunta dall’art. 33 quater “Norme di semplificazione in materia di installazione di vetrate panoramiche amovibili”, della legge n. 142 del 21 settembre 2022 (conversione del decreto-legge n. 115/2022, cd. decreto Aiuti bis), inserisce tra gli interventi in edilizia libera:
“gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge rientranti all’interno dell’edificio, purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile.
Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici ed avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche.”
Sono fatte salve, naturalmente, le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
Tende e affini
Le tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato sono considerate sistemi amovibili (rimovibili o smontabili) e non richiedono titoli abilitativi nè autorizzazione paesaggistica.
Sono incluse in questa categoria “libera” tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero.
La sentenza n. 18000/2019
Oggetto della sentenza è una veranda coperta adiacente al fabbricato principale, occupante una superficie di 55 mq. e un volume di 180 mc., avente struttura portante in legno e copertura a falde, circostanza peraltro nemmeno oggetto di contestazione. Nel caso di specie, la costruzione della veranda, vista nella sua completezza, necessitava del preventivo rilascio del permesso di costruire.
La Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 18000/2019, ha ribadito che la Scia in sanatoria non può sopperire al reato di abusivismo edilizio riveniente dalla realizzazione della veranda senza alcun titolo abilitativo.
Per i giudici di legittimità, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile (vedi anche sentenza n. 14329/2008).
La veranda coperta, occupante una superficie e una volumetria propria, è un’opera stabilmente infissa al suolo, circostanza che ne esclude il carattere di precarietà.
La veranda non rientra nell’elenco delle opere consentite in regime di edilizia libera riportate nel relativo “Glossario” perché ritenuta un ampliamento della volumetria dell’unità abitativa di pertinenza; in tale condizione, pertanto, la struttura è realizzabile solo con il preventivo rilascio del permesso di costruire o comunque con un titolo abilitativo edilizio perché, nel complesso, implica un aumento dello spazio fruibile (un vero e proprio vano aggiuntivo), spesso dotato di tutti i confort (impianto idrico, elettrico) e comportante, in molti casi, una modifica dell’identità strutturale e funzionale dell’edificio condominiale (vedasi, ad esempio, una veranda ripostiglio) o un rilevante mutamento dell’assetto edilizio ed urbanistico del territorio (vedasi, ad esempio, il caso di una veranda con copertura su balcone preesistente o su terrazza a vista).
Le disposizioni della Regione Sicilia
La natura precaria delle opere di chiusura e di copertura di spazi e superfici per le quali l’art. 20 della legge Regione Sicilia n. 4 del 2003 non richiede concessione e/o autorizzazione va intesa secondo un criterio strutturale, ovvero nel senso della facile rimovibilità dell’opera, e non funzionale, ossia con riferimento alla temporaneità e provvisorietà dell’uso, sicché tale disposizione, di carattere eccezionale, non può essere applicata al di fuori dei casi ivi espressamente previsti. (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014 – esclusa la natura precaria della chiusura di due verande mediante mattoni forati legati da malta cementizia).
Veranda in zona sismica
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile.
Inoltre, le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 Dpr n. 380/2001 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell’intervento (Corte di Cassazione, Sez. III penale, n. 18000 del 2 maggio 2019).
Per le caratteristiche strutturali e dimensionali della veranda coperta, costituita da cinque ritti in legno, con copertura a falde composta da assoni e travi di legno, sormontate da tavolato e regolato, con superficie residenziale di 55 mq. e con un’altezza media di 3,30 m. e volume di 180 mc., l’opera costituisce un serio pericolo per l’incolumità pubblica, essendo stata realizzata senza ottemperare alle prescrizioni previste in materia antisismica.
Reati paesaggistici
In tema di reati paesaggistici, il rilascio del provvedimento di compatibilità paesaggistica non determina automaticamente la non punibilità dei predetti reati, in quanto compete sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’applicazione del cosiddetto condono ambientale (Cassazione, Sez. III, n. 13730 del 12 gennaio 2016; Sez. 3, n. 1483 del 3 dicembre 2013).
Agli effetti della valutazione di compatibilità paesaggistica, il cui esito positivo determina la non applicabilità delle sanzioni penali previste per i reati paesaggistici dall’art. 181 d.lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004, la nozione di “superficie utile” di cui al comma I- ter, lett. a), della richiamata disposizione, dev’essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto paesaggistico del territorio.
La Corte di Cassazione (Sez. III, n. 889 del 29 gennaio 2011) su un’abusiva realizzazione in zona vincolata di una veranda, di due locali seminterrati e delle scale necessarie per raggiungerli, ha precisato che la “sanatoria” paesaggistica va esclusa in tutti i casi in cui la creazione di superfici utili o di volumi, ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati, sia idonea a determinare una compromissione ambientale.