Edilizia e Urbanistica

Pergolati e tettoie: requisiti, differenze e titoli abilitativi

Edilizia libera o permesso di costruire? Definizioni e requisiti delle strutture pertinenziali, ricavati dalla normativa e dalla giurisprudenza
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Pergolati e tettoie: requisiti, differenze e titoli abilitativi

Per realizzare un pergolato o una tettoia, occorre il permesso di costruire o l’intervento rientra nel campo dell’edilizia libera, senza alcun titolo abilitativo?

È una domanda che ai professionisti tecnici viene rinnovata nelle più svariate occasioni.

La giurisprudenza amministrativa si è espressa numerose volte per entrambe le opzioni, chiarendo i criteri per scegliere quella giusta.

Vediamo quali sono le questioni principali da considerare quando sono previste le realizzazioni di queste strutture.

Sommario

La pertinenza edilizia

Il punto 34 dell’All. A del Dpcm del 20 ottobre 2016 definisce la pertinenza “Opera edilizia legata da un rapporto di strumentalità e complementarità rispetto alla costruzione principale, non utilizzabile autonomamente e di dimensioni modeste o comunque rapportate al carattere di accessorietà”.

Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 306 del 25 febbraio 2017), la pertinenza edilizia si caratterizza per:

  • nesso oggettivo strumentale e funzionale con la cosa principale;
  • nessuna destinazione d’uso diversa rispetto alla cosa principale (escludendo dunque la pluralità di destinazioni);
  • carattere durevole;
  • non utilizzabilità economica in differente modo rispetto alla cosa principale e, nessun autonomo valore di mercato;
  • ridotta dimensione;
  • individualità fisica e strutturale propria purché garantisca l’accessione ad un edificio preesistente edificato.

Non può configurarsi una pertinenza edilizia in mancanza del pre-requisito di carattere strutturale, ossia la scarsa consistenza dimensionale dell’opera. Se fa difetto il primo requisito, ossia quello strutturale e se, quindi, la cosa che si ritiene pertinenziale ha dimensioni consistenti, non occorre neanche appurare l’esistenza dell’elemento funzionale, dovendosi in radice escludere che il manufatto abbia natura pertinenziale (Tar Campania, sez. III Napoli, n. 4354 del 12 settembre 2017 e n. 4230 del 24 luglio 2014).

In questo articolo si approfondisce quando non è necessario il permesso a costruire in relazione alle pertinenze.

Cos’è un pergolato?

Il pergolato è una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze, consistente in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone. Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi.

Un pergolato è considerato una pertinenza in quanto caratterizzato dall’esiguità quantitativa e dalla precarietà del manufatto, tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio  e in quanto tale non necessita di titolo abilitativo edilizio (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 19 del 4 gennaio 2016).

I requisiti

Il primo requisito, per evitare di dover ottenere il titolo abilitativo, è la dimensione del pergolato; il secondo riguarda la solidità e la permanenza della sua struttura. Non è necessaria alcuna concessione edilizia allorché l’opera consista in una struttura precaria, facilmente rimovibile, non costituente trasformazione urbanistica del territorio (nella specie, trattasi di pergolato costituito da una intelaiatura in legno che non è infissa né al pavimento né alla parete dell’immobile alla quale è semplicemente addossata, né risulta chiusa in alcun lato, nemmeno sulla copertura) (Consiglio di Stato, sez. V, n. 6193 del 7 novembre 2005).

Funzione e precarietà della struttura

La prima distinzione riguarda la funzione della struttura: ombreggiamento/schermatura dai raggi solari (pergolati); protezione dagli agenti atmosferici (pensiline, tettoie, tende); aumento della metratura dell’unità (verande o altro).

La seconda distinzione invece riguarda la precarietà/amovibilità (facilmente rimovibile senza demolizioni) oppure struttura fissa (rimovibile mediante demolizioni).

Pergolati e trasformazione urbanistica

Sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione in grado di determinare una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio.

La struttura portante insieme all’elemento di copertura e/o chiusura, non può considerarsi nuova costruzione in quanto non presenta le caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante in grado di comportare una trasformazione del territorio.

La copertura e la chiusura perimetrale, qualora realizzate con materiale privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza (fissità, stabilità e permanenza) che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione, non configurano una nuova costruzione.

Qualora ci sia inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie (Consiglio di Stato n. 306 del 25 gennaio 2017).

Il criterio della precarietà dell’opera

Quando si parla di pergolato la precarietà dell’opera funge da elemento in grado di circoscrivere l’uso specifico e temporalmente limitato del bene, escludendone dunque caratteristiche atte a soddisfare esigenze permanenti nel tempo. Il concetto di precarietà non dipende dal sistema di ancoraggio al terreno poiché, l’elemento cardine che viene valutato attiene all’idoneità del bene a operare una stabile trasformazione del territorio.

Per valutare la precarietà dell’opera non sono tanto rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilità della stessa rilevando, al contrario, la valutazione delle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare ovvero, dalla stabilità dell’insediamento indicativa dell’impegno effettivo e durevole nel contesto territoriale.

La valutazione

Dunque, l’elemento costruttivo non opera come elemento fondamentale nella valutazione della precarietà e quindi del relativo regime autorizzativo, rilevando tuttavia come elemento indiziario importante in quanto, ad esempio, una struttura ancorata al suolo con un plinto in cemento ne fa presumere, oltre ogni ragionevole dubbio, la sua natura duratura nel tempo che ne esclude a monte le esigenze di precarietà.

Per la valutazione della precarietà e della richiesta del relativo titolo abilitativo, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che, in via preliminare non opera il criterio strutturale, rilevando, al contrario, il criterio funzionale ovvero l’attitudine del bene a garantire un’utilità prolungata nel tempo alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale, a nulla rilevando la temporaneità della destinazione data all’opera dai proprietari.

La volumetria

Il volume edilizio è rappresentato da una costruzione che abbia almeno un piano di base e due superfici verticali contigue.

Per potersi identificare un volume edilizio, vi deve essere la chiusura di almeno tre lati del manufatto, caratterizzati da un rapporto di contiguità. Il volume chiuso è riferito a strutture in cui la parte superiore è contigua alle parti laterali e, ai fini urbanistici, rileva solo l’ambiente coperto e chiuso su tre lati.

Il volume tecnico

Differente è anche il volume tecnico, intendendosi per tale i locali completamente privi di un’autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a contenere impianti serventi ad una costruzione principale per esigenze tecnico funzionali della costruzione stessa.

La giurisprudenza ha individuato degli indici di riferimento per poter qualificare il volume tecnico:

  • il parametro di tipo funzionale (identificandosi in rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione);
  • l’impossibilità di soluzioni progettuali diverse (in pratica il volume tecnico non può essere ubicato all’interno della parte abitativa);
  • la mancanza di autonomia funzionale (in quanto servente alla costruzione principale).

Il volume tecnico è escluso dal calcolo della volumetria, a condizione però che non assuma le caratteristiche di vano chiuso – dunque volume edilizio – per sua natura utilizzabile e suscettibile di abitabilità.

Nel caso in cui il volume tecnico sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, deve essere computato ai fini della cubatura.

Ad esempio, non rientra nella nozione di volume tecnico il sottotetto qualora abbia un’altezza tale da poter essere suscettibile di abitabilità o il vano scala non destinato ad installare impianti tecnologici ma come punto di accesso ad altri ambienti.

L’individuazione ai fini edilizio/urbanistici del concetto di volume urbanistico trova riscontro nel presupposto sostanziale, ovvero nell’idoneità degli ambienti ad ospitare persone e/o attività, determinando variazione degli standards urbanistici (ex D.M. n. 1444/68).

Sentenze

La realizzazione mediante opere edilizie di un pergolato caratterizzato da una solida struttura – addirittura in cemento – di dimensioni non trascurabili, che fa desumere una permanenza prolungata nel tempo del manufatto stesso e delle utilità che esso è destinato ad arrecare, comportando una trasformazione edilizia del territorio, dev’essere qualificata come intervento di nuova costruzione, che necessita di permesso di costruire (Tar Liguria, sez. I, n. 423 del 23 marzo 2012).

La realizzazione di un pergolato su un terrazzo di copertura di un immobile vincolato dal codice dei beni culturali e del paesaggio, deve ritenersi ineseguibile in assenza di preventiva autorizzazione paesaggistica. Difatti va esclusa la natura precaria di tale manufatto, che escluderebbe la necessità del permesso di costruire, in quanto esso è destinato a recare un’utilità prolungata e perdurante nel tempo. (Tar Campania, sez. IV Napoli, n. 6182 del 26 maggio 2006).

Un berceau (pergolato) in ferro infisso al suolo, formato da travi in ferro ancorati al suolo tramite bulloni e fili di acciaio teso, occupante uno spazio di oltre 30 mq, alto 2,34 m e destinato al parcheggio delle autovetture, è una struttura destinata a soddisfare esigenze di tipo non precario, non è facilmente amovibile e impatta in modo significativo sull’ambiente circostante, pertanto richiede il permesso di costruire. (Tar Lombardia, sez. II Milano, n. 1644 del 18 luglio 2017).

Il pergolato in ferro che può fungere da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni è assentibile con Scia perché è una struttura pertinenziale, meramente ornamentale, che, per la sua configurazione strutturale e funzionale, non incide sul carico urbanistico, non comportando aumento volumetrico o di superfici utili. (Tar Campania, sentenza n. 504 del 26 febbraio 2021).

Va distinto da altre opere variamente rilevanti sotto il profilo urbanistico:

1) il gazebo quale una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili, che può essere realizzato sia come struttura temporanea, sia in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi;

2) la veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro con la conseguenza che essa, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.

Va ritenuta opera libera che non necessita di alcun titolo abilitante un pergolato costituito da travi in legno avvitate a parete e da pilastri in legno appoggiati sul pavimento e copertura costituita per lo più da plastica e rampicanti, in cannicciata, in modo da non costituire neppure riparo per la pioggia, per sue caratteristiche non propedeutico ad eventuali ampliamenti: tale intervento va considerato un semplice “arredo da terrazzo”. (Tar Lazio, sentenza n. 5634 del 12 maggio 2021).

Il pergolato rappresenta un’opera interna o comunque manutentiva, la cui realizzazione non necessita di permesso di costruire: l’apposizione di onduline non comporta la creazione di alcun “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” perché non determina aumenti volumetrici e di superfici, né incide sul carico urbanistico. (Consiglio di Stato n. 7593 del 15 novembre 2021).

Pergolato “fotovoltaico”

Per l’apposizione dell’impianto fotovoltaico sul pergolato è stata riconosciuta sufficiente la Cila, poiché il fatto che la copertura della tettoia non sia costituita da rampicanti, come nell’immagine tradizionale dei pergolati, ma da pannelli fotovoltaici, non trasforma il manufatto in una tettoia sottoposta agli indici edilizi, purché sia in ogni caso garantita la permeabilità. La funzione del pergolato è, infatti, quella di sostegno.

La copertura non è un elemento necessario, ma un complemento ammissibile, alla duplice condizione di essere solo appoggiato (e quindi facilmente amovibile) e di non impedire del tutto il passaggio della luce e dell’acqua. Una volta rispettate queste condizioni, se la disciplina urbanistica non contiene restrizioni ulteriori, è irrilevante che sulla travatura di sostegno siano installati dei pannelli fotovoltaici. (Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, sentenza n.29 del 7 gennaio 2021).

E’ possibile realizzare in area tutelata una pergola aderente al fabbricato, composta da sei paletti in ferro e un’intelaiatura idonea allo sviluppo dell’uva rampicante, senza alcuna copertura e non comportante aumenti del volume o modifiche del territorio. Le pergole sono strutture leggere e aperte nella parte superiore, che rientrano tra le opere di edilizia libera e non sono quindi vietate, a differenza delle tettoie, strutture più consistenti con copertura fissa. (Tar Sardegna, sentenza n. 355 del 19 maggio 2021).

La nozione di pergolato, quale manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso e facilmente amovibile non cambia se alle piante si sostituiscono i pannelli fotovoltaici, per cui gli stessi devono essere collocati in modo tale da lasciare spazi per il filtraggio della luce e dell’acqua e non devono caratterizzarsi come copertura stabile e continua degli spazi sottostanti. (Consiglio di Stato, n. 770 del 3 febbraio 2022).

Pergolato e pergotenda nel glossario delle opere edilizie

Nel glossario delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera (Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti 2 marzo 2018) rientrano l’installazione, la riparazione, la sostituzione e il rinnovamento di:

  1. un pergolato di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo;
  2. una tenda, una tenda a pergola, o una pergotenda, con copertura leggera di arredo.

Pergolato, pergotenda o tettoia?

L’amministrazione deve valutare ogni caso con istruttorie complete che rilevino esattamente le opere compiute e spieghino perché superano o meno i limiti entro i quali si può trattare di una copertura realizzabile senza permessi. La realizzazione di una pergotenda o tettoia non è definita in modo univoco né nella normativa né in giurisprudenza.

Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie. Si può notare come un elemento che a primo impatto potrebbe apparire irrilevante determina una sostanziale modifica della disciplina edilizio/urbanistica ad esso applicabile.

La giurisprudenza distingue all’interno della categoria delle pergotende o tettoie, assoggettando gli interventi a regime diverso a seconda delle caratteristiche delle opere:

  • se assimilabili a pertinenze o a interventi precari, sono opere realizzabili senza titolo edilizio;
  • se sono di particolari dimensioni e caratteristiche, tali da modificare la sagoma dell’edificio, sono assoggettate al titolo edilizio maggiore, ovvero al permesso di costruire, in quanto interventi di “nuova costruzione”.

La tettoia

Per tettoia si intende “un elemento edilizio di copertura di uno spazio aperto sostenuto da una struttura discontinua, adibita ad usi accessori oppure alla fruizione protetta di spazi pertinenziali”.

Dal punto di vista normativo, rileva in particolare la voce di cui all’art. 6 comma lettera e) quinquies del dpr n. 380 del 6 giugno 2001, che considera opere di edilizia libera gli “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici”, concetto nel quale può sicuramente rientrare una tettoia genericamente intesa, come copertura comunque realizzata di un’area pertinenziale, come il terrazzo.

Non è possibile affermare in assoluto che la tettoia richiede, o non richiede, il titolo edilizio maggiore e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare nello specifico come essa è realizzata. In proposito, quindi, l’amministrazione ha l’onere di motivare in modo esaustivo, attraverso una corretta e completa istruttoria che rilevi esattamente le opere compiute e spieghi per quale ragione esse superano i limiti entro i quali si può trattare di una copertura realizzabile in regime di edilizia libera (Consiglio di Stato n. 2715 del 7 maggio 2018).

Dal punto di vista fisico/costruttivo, la tettoia è caratterizzata da una struttura portante con travi verticali ancorate ad un muro preesistente del fabbricato e, generalmente, aperta su due o tre lati; al pari della pensilina, rappresenta nella sostanza un elemento di arredo, riparo o protezione anche dagli agenti atmosferici.

Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ai fini edilizi la realizzazione di una tettoia non costituisce un intervento di natura pertinenziale. In specifico, manca la natura pertinenziale qualora sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata un’opera qualsiasi che ne alteri la sagoma, come una tettoia. Una tettoia, infatti, è parte di un manufatto principale, rappresentando un mero prolungamento di parte di esso, e non costituisce quindi una pertinenza, la quale presuppone l’esistenza di un bene autonomo, anche se accessorio, rispetto a quello principale. (Consiglio di Stato, sentenza n. 7601 del 30 novembre 2020).

Per la qualificazione dell’intervento, la diversità della sagoma e l’incremento di altezza del piano terra sono aspetti ininfluenti. Il permesso di costruire occorre se l’intervento ha generato un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e allo stesso tempo ha comportato modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti.

Una tettoia installata nel terreno adiacente al fabbricato con vano fuori terra sottostante, provvisto di apertura, sebbene di natura pertinenziale, è una “nuova costruzione” e necessita di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, in quanto ubicata in una zona di pregio ambientale e/o paesaggistico. (Consiglio di Stato, sentenza n. 7469 del 10 novembre 2021).

Le tettoie di fatto comportano un ampliamento degli spazi legittimati e quindi una variazione catastale. Devono tenere conto dei:

  • distacchi (Regolamento edilizio del Comune)
  • della volumetria a disposizione;
  • dell’assenso dei Condomini;
  • di un progetto strutturale;
  • dei vincoli paesaggistici.

Una tettoia costruita in un condominio deve rispettare requisiti precisi, anche se ha l’autorizzazione dal Comune. Non deve:

  • pregiudicare la stabilità dell’edificio;
  • pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio;
  • violare le norme sulle distanze minime.

La distanza minima tra tettoie è di tre metri, calcolati:

  1. a) se le tettoie sono abusive, dai muri delle case cui le tettoie sono ancorate;
  2. b) se le tettoie sono regolarmente autorizzate, dall’ultimo centimetro delle tettoie.

La giurisprudenza amministrativa è univoca nell’affermare che la realizzazione di una tettoia necessita di permesso di costruire quale “nuova costruzione”, comportando una trasformazione del territorio e dell’assetto edilizio anteriore; essa arreca, infatti, un proprio impatto volumetrico e, se e in quanto priva di connotati di precarietà, è destinata a soddisfare esigenze non già temporanee e contingenti, ma durevoli nel tempo, con conseguente incremento del godimento dell’immobile cui inerisce e del relativo carico urbanistico.

Tuttavia, occorre sempre esaminare ogni intervento, caso per caso, considerando dimensioni, struttura, materiali e finalità dell’opera. Ad esempio:

  • deve escludersi la rilevanza volumetrica di una tettoia in legno ad una sola falda, di forma rettangolare, avente dimensioni di mq. 31,42 e altezza in gronda di m. 2,50 ed alla gronda di m. 2,65, realizzata sul terrazzo di proprietà, ad esclusivo servizio di detto piano, poggiante per un lato direttamente sulla struttura esistente del fabbricato e per l’altro su pilastrini in legno: e ciò in quanto, come affermato già in precedenza dalla giurisprudenza detto manufatto è aperto su tre lati (Tar Campania, sez. I Salerno, n. 109 del 16 gennaio 2017). In questo caso la tettoia è in legno, ma la sentenza vale per qualsiasi tipo di tettoia, purché sia aperta su tre lati;
  • una tettoia non ancorata al suolo bensì al muro e che proteggere una superficie inferiore a 12 mq. non comporta impatto volumetrico e aumento del carico urbanistico. Si tratta, quindi, di un manufatto sostanzialmente irrilevante e, dunque, non qualificabile come nuova costruzione e, quindi, non necessitante del permesso di costruire (Tar Piemonte, sez. II, n. 198 dell’8 febbraio 2017);
  • una tettoia a una falda inclinata, delle dimensioni di mt. 2,50 x 3,40, sorretta da struttura in profilati metallici di cm. 5 x 5, addossata ad uno dei muri perimetrali del fabbricato principale ed aperta su tutti gli altri lati, è qualificata come “opera decisamente pertinenziale” (Tar Piemonte, sez. II, n. 238 del 26 febbraio 2016);
  • una tettoia con struttura portante e orditura in legno, avente 7,50 m t. di lunghezza x 4,10 mt. di larghezza (corrispondente ad una superficie di 30,75 mq.), altezza al colmo di mt. 2,65 ed all’imposta di mt. 2,00, solo parzialmente coperta con lastre in legno e materiale plastico ed ancorata al suolo con tasselli, aperta su tre lati e aderente sul quarto lato a parte dell’abitazione, “non è soggetta a preventivo titolo autorizzatorio edilizio” (Tar Piemonte, sez. I, n. 1563 del 22 ottobre 2014);
  • la realizzazione di una tettoia di non irrilevante consistenza dimensionale e ancorata al suolo costituisce opera idonea ad alterare lo stato dei luoghi e a trasformare il territorio permanentemente ed è tale da richiedere il previo rilascio del permesso di costruire (Tar Piemonte, sez. II, n. 438 dell’11 aprile 2012);
  • una tettoia realizzata a copertura di un terrazzo, anche se molto grande, non ha bisogno di un permesso di costruire. Non deve essere demolita anche se l’intervento è stato realizzato senza titolo edilizio (Tar Campania, n. 109 del 16 gennaio 2017);
  • le tettoie, quando incidono sull’assetto edilizio preesistente, non possono essere considerate quali interventi di manutenzione straordinaria, in quanto non consistono nella rinnovazione o nella sostituzione di un elemento architettonico, ma nell’aggiunta di un elemento strutturale dell’edificio, con modifica del prospetto; perciò, la relativa costruzione richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire. (Tar Campania, sentenza n. 5628 del 26 agosto 2021)

Tettoia abusiva

Chi ha costruito una tettoia abusiva deve demolirla se non vuole subire un processo penale per abuso edilizio. Si può chiedere la sanatoria della tettoia abusiva, solo se la costruzione è già in regola con il piano regolatore urbano e se l’opera è “abusiva” solo perché non è stata chiesta l’autorizzazione al Comune per dimenticanza.

Se invece, il Comune non avrebbe mai dato l’autorizzazione, perché la tettoia è contraria agli strumenti urbanistici, non si può chiedere la sanatoria.

Se un’opera abusiva è privata della sua funzionalità e riconoscibilità, può essere considerata legittima, se conforme a norme e prescrizioni.

È il caso della trasformazione di una tettoia abusiva in un pergolato destinato a ospitare pannelli fotovoltaici: il nuovo manufatto sorto dalla trasformazione della tettoia non deve essere demolito in quanto considerato un pergolato.  (Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5567 del 27 luglio 2021).

L’analisi degli accessori edilizi minori in relazione a tettoie, pergolati e verande la trovi qui.

La pergotenda

Mentre le norme del Tue classificano quali “nuove costruzioni” i manufatti leggeri, anche prefabbricati, purché siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi o magazzini, vale a dire, purché siano dotati di una propria autonomia funzionale, la pergotenda, al pari dei gazebo, dei pergolati e delle tettoie “leggere” non tamponate lateralmente su almeno tre lati, si caratterizza per il suo carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile cui afferisce, in quanto non muta il preesistente utilizzo esterno dei luoghi, ma, al contrario, si limita a valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità che rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all’esterno, senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dai connessi fenomeni di condensazione.

La mera funzione ancillare di riparo dagli agenti atmosferici (radiazioni solari, pioggia, vento), nonché l’uso di materiali dal non rilevante impatto visivo sono, di per sé, indice della mancanza di un’autonomia funzionale apprezzabile.

Pertanto, la realizzazione di una pergotenda non rientra tra gli interventi sottoposti a permesso di costruire, in quanto non costituisce intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio mediante nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica; in ragione delle sue caratteristiche costruttive e funzionali, non costituiscono nemmeno intervento di ristrutturazione edilizia suscettibile di portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportante aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero mutamenti della destinazione d’uso.

La pergotenda, tenuto conto della sua consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituisce un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.

Mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all’interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso.

Sentenze

Le strutture fisse, non amovibili, generalmente costituite da una struttura metallica leggera, a sostegno del tendaggio, questa è retrattile e dunque non comporta una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” in quanto non è un intervento di “nuova costruzione”: non altera cioè né la superficie né il volume dell’unità principale. Non deve però modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni e deve essere facilmente rimovibile. Non necessita di permesso di costruire ricadendo in interventi di edilizia libera (Consiglio di Stato n. 1777 dell’11 aprile 2014).

Il Tar Lombardia, con sentenza n. 2110 del 7 novembre 2017, ha stabilito che non serve il titolo edilizio per la realizzazione di una struttura esterna aperta, addossata per un lato all’edificio esistente costituita da elementi leggeri in legno, imbullonati, di sezione esigua, con un sistema di ombreggiatura consistente in un telo scorrevole in Pvc retrattile mediante automatismo elettrico, da considerarsi come elemento di arredo in area pertinenziale all’attività commerciale.

Non è configurabile una pergotenda se la struttura principale è solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio (Consiglio di. Stato, sentenza n. 5737 del 5 ottobre 2018).

Per configurare una pergotenda non necessitante di titolo abilitativo, occorre che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda (Consiglio di. Stato, sentenza n. 4472 del 1°luglio 2019).

La pergotenda esclude la necessità di titolo edilizio in quanto opera precaria sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale. L’opera è costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda; non è invece configurabile una pergotenda se la struttura principale è solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio (Consiglio di Stato, nella sentenza n. 840 del 28 gennaio 2021)

Non è necessario il rilascio del permesso di costruire per l’istallazione di una pergotenda qualora non siano state realizzate tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, né sia stato creato alcun nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume e la copertura e la parziale chiusura perimetrale non si rivelino stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende ( Consiglio di. Stato, sentenza n. 3393 del 27 aprile 2021).

Una pergotenda con elementi di supporto in alluminio e plastica, fissata con bulloni, aperta su 3 lati e dunque non tamponata, precaria e di agevole rimozione è da considerarsi mera pertinenza, in altri termini una struttura leggera, non comportante cambio di destinazione d’uso, incremento di s.u.l. o volumetria. Come elemento accessorio in area pertinenziale, la pergotenda rientra dunque negli interventi di edilizia libera (Tar Lazio, sentenza n. 10005 del 28 settembre 2021).

La tenda munita di una struttura di supporto (pergotenda) in tanto rientra nell’ambito dell’attività edilizia libera, in quanto l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno, rispetto alla quale la struttura rappresenti un mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della stessa; inoltre, gli elementi di copertura e di chiusura devono essere in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di quelle caratteristiche di consistenza e rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione, perché è proprio in ragione dell’inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato che l’insieme non è qualificabile come organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie (Tar Liguria, sentenza n. 408 del 5 maggio 2021).

La prassi da seguire per l’installazione di una pergotenda in condominio viene approfondita in questo articolo.

Il gazebo

Nella sua configurazione tipica, il gazebo rappresenta una struttura leggera, indipendente e quindi non aderente ad altro immobile edificato, di ridotte dimensioni, con copertura superiore ed aperta sui lati, realizzata con struttura portante in ferro battuto, alluminio o legno strutturale che può, in taluni casi, essere anche chiuso sui lati solo da tende facilmente rimuovibili.

Spesso il gazebo è utilizzato per l’allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.

Può essere chiuso sui lati da tende o tendaggi. Se è temporaneo non necessita di permesso di costruire ricadendo in interventi di edilizia libera. Se è permanente (infisso nel suolo) si tratta di trasformazione urbanistica non atta a consentire il soddisfacimento di esigenze non temporanee, con aumento di superficie e volume (cubatura) e forte impatto visivo; pertanto necessita di permesso di costruire, va censito ed accatastato.

Gazebo nel condominio

Nel caso della collocazione di un gazebo all’interno di una situazione condominiale, va rimosso il gazebo fatto con materiali che contrastano con quelli usati per il terrazzo condominiale, anche se l’edificio non ha pregi architettonici e la costruzione del manufatto è stata eseguita sulla parte del lastrico solare di cui il proprietario dell’appartamento dell’ultimo piano ha l’uso esclusivo. Difatti tale struttura non si armonizza col contesto che lo circonda, peggiorando addirittura lo stato preesistente (Corte di Cassazione n. 24305/2008).

E’ esclusa la natura di pertinenza di un gazebo in travi di legno e copertura, in quanto la nozione di pertinenza urbanistica presuppone “che l’opera abbia una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale; che non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato, ma sia funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dell’edificio principale, cui è legata da una relazione “di servizio”, volta a renderne più agevole e funzionale l’uso; che sia sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo (in ogni caso non superiore al 20% di quello dell’edificio principale) tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede  (Corte di Cassazione, sentenza n. 21039 del 28 maggio 2021).

Un dehors chiuso con tende avvolgibili in pvc trasparente non è una struttura sottoposta a tamponature laterali, rimane una struttura aperta e non configura una nuova costruzione che necessita di titolo abilitativo come il permesso di costruire (Corte di Cassazione, nella sentenza n. 35804 del 30 settembre 2021).

La pensilina

La pensilina rappresenta sostanzialmente un elemento di arredo, riparo o protezione anche dagli agenti atmosferici: “Elemento edilizio di copertura posto in aggetto alle pareti perimetrali esterne di un edificio e priva di montanti verticali di sostegno”.

Dal punto di vista strutturale, la pensilina è caratterizzata da una struttura ancorata al muro perimetrale del fabbricato e, generalmente, si caratterizza per l’apertura su tre lati. Essa deve essere di limitate dimensioni in quanto la struttura che la sorregge può essere ancorata solo al muro dell’immobile non avendo possibilità di essere implementata da pilastri di supporto o sostegno infissi a terra, altrimenti entrerebbe nel perimetro operativo del portico o loggia.

Dal punto di vista autorizzativo, fungendo la pensilina da limitato elemento di protezione e riparo di porte e finestre, generalmente non necessita di titolo abilitativo seppur, in alcuni casi, comportando una sostanziale modifica del prospetto dell’immobile, alcuni regolamenti edilizi comunali possono richiedere uno specifico titolo abilitativo (soprattutto in luoghi ove sono previsti specifici vincoli paesaggistici).

Portico/porticato (piano terra) e loggia/loggiato (piani superiori)

È una tipologia di struttura che non ha natura strettamente pertinenziale bensì rappresenta un elemento di continuità ed immediatezza che non sarebbe dotata di una propria autonomia rappresentando parte integrante della costruzione principale.

In tale ultima situazione hanno fondamentale rilievo – ai fini del rilascio del titolo abilitativo – gli elementi dimensionali in grado di incidere sul prospetto di sagoma dell’edificio (dimensione superiore ad 1,50 m di profondità).

Si deve necessariamente far riferimento alla individualità fisica e strutturale del bene. Se garantisce la sua individualità è configurabile come tettoia, se ne è sprovvista rientra nel novero del portico e/o loggia.

La veranda

Dal punto di vista edilizio, la veranda determina l’inevitabile modifica della sagoma dell’edificio ed un relativo aumento della volumetria richiedendo allo stesso tempo il necessario permesso di costruire per la sua realizzazione.

Nel regolamento edilizio-tipo, la veranda è stata definita (Allegato A) “Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.

È necessario il permesso di costruire per la realizzazione di una veranda con chiusura di un balcone, che comporta un aumento di volumetria e la modifica della sagoma dell’edificio, trattandosi di una struttura fissata in maniera stabile al pavimento.

Per entità e funzione, una veranda non può essere considerata semplicemente come pertinenza. A prescindere dai materiali utilizzati, la veranda costituisce comunque una variazione di volume permanente dell’edificio, e integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile, che viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, che viene quindi trasformato per sagoma, volume e superficie. Anche per le opere di ristrutturazione, se gli interventi come la realizzazione di una veranda portano a un edificio totalmente o parzialmente differente dal precedente per volume e superficie, è necessario il permesso di costruire, a prescindere dai materiali utilizzati (Consiglio di Stato, sentenza n. 5774 del 5 agosto 2021).

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