Edilizia e Urbanistica

Distanze tra edifici: regole generali e aspetti particolari aggiornati

Le distanze minime sono stabilite per legge per garantire salubrità e ampiezza degli spazi tra un edificio e l’altro: normativa e giurisprudenza
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Distanze tra edifici: regole generali e aspetti particolari aggiornati

Le distanze minime tra edifici sono stabilite per legge allo scopo di garantire la salubrità e l’ampiezza degli spazi tra un edificio e l’altro.

Sommario

Distanze tra edifici: le norme del Codice Civile

L’articolo 873 fornisce la nozione di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, e prescrive che le costruzioni realizzate su fondi finitimi, se non aderenti, devono essere poste alla distanza di almeno 3 metri (o alla maggiore distanza prevista dai regolamenti locali, emanati nel rispetto delle norme statali e regionali). Anche interventi di ristrutturazione che comportino modifiche significative rientrano nella definizione di “costruzioni” e devono essere eseguiti nel rispetto delle distanze previste dal codice.

La nozione di costruzione è unica e non può subire deroghe al fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una ‘distanza maggiore’.

La comunione forzosa

Art. 874: comunione forzosa del muro sul confine, nel caso in cui il muro del vicino si trovi sul confine. Tale comunione può coinvolgere l’intera altezza o una parte di essa in senso verticale, estendendosi completamente sulla proprietà in senso orizzontale. La costituzione della comunione deve avvenire attraverso un idoneo titolo e il proprietario che acconsente a tale comunione ha diritto a un’indennità. Per richiedere la comunione forzosa, è necessario che i regolamenti locali permettano la costruzione in appoggio.

Art. 875: comunione forzosa del muro che non è sul confine, se la distanza tra il muro e il confine è inferiore a un metro e mezzo, o meno della metà di quella indicata dai regolamenti locali. In questo caso, il vicino deve pagare non solo il valore della metà del muro ma anche il valore del terreno occupato dalla nuova costruzione, a meno che il proprietario del muro non preferisca estenderlo fino al confine. Prima di presentare la richiesta, il vicino deve consultare il proprietario per determinare se preferisce estendere il muro o procedere alla demolizione. Il proprietario deve comunicare la sua decisione entro quindici giorni e deve completare la costruzione o la demolizione entro sei mesi dalla data della risposta.

Art. 877: costruzioni in aderenza. In alternativa, il proprietario confinante ha la facoltà di edificare direttamente in aderenza al confine, senza richiedere la comunione del muro situato sul confine, ma solo nel caso in cui la costruzione non si appoggia a quella già esistente.

Esclusioni

L’art. 878 stabilisce che il muro di cinta di altezza inferiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall’articolo 873.

L’art. 879 “Edifici non soggetti all’obbligo delle distanze o a comunione forzosa“ stabilisce che non sono soggetti alla comunione forzosa gli edifici appartenenti al demanio pubblico, quelli con interesse storico, archeologico o artistico, e che non si applicano le norme relative alle distanze nel caso di costruzioni edificate in confine con le piazze e le vie pubbliche. In questo ultimo caso, vanno osservate le leggi e i regolamenti che le riguardano.

Distanze minime specifiche tra edifici

Art. 889: 2 metri dal confine per pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime:, 1 metro dal confine per tubi d’acqua pura o lurida, gas e simili.

Art. 890: distanze stabilite dai regolamenti, con l’obbligo di non arrecare danno, per forni, camini, magazzini di sale, stalle, materie umide, esplodenti o nocive.

Art. 891: distanza eguale alla profondità per fossi o canali.

Art. 892: 3 metri per alberi ad alto fusto; 1,5 metri per alberi non ad alto fusto; 50 cm per arbusti, siepi e viti di altezza massima 2,5 metri; 2 metri per le robinie; 1 metro per ceppaie di ontano, castagno e simili.

Art. 893: si osservano i regolamenti o gli usi locali, oppure, in mancanza di questi, le distanze legali prescritte dall’art. 892 c.c. per alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi o lungo le strade o le sponde dei canali;

Art. 896-bis: non meno di 10 metri da strade di pubblico transito e 5 metri dai confini di proprietà pubbliche o private, per gli apiari, salvo il caso in cui esistano ripari idonei a non consentire il passaggio delle api; distanza minima di un chilometro da impianti industriali saccariferi.

Distanze tra edifici: il decreto ministeriale 1444/1968

L’art. 9 del Decreto ministeriale 1444/1968 stabilisce le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee:

  • per i nuovi edifici è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; questa distanza minima riguarda sia i nuovi edifici che gli esistenti, come ad esempio lavori di demolizione e ricostruzione, ampliamenti, sopraelevazioni, addizioni volumetriche;
  • nelle Zone C (parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi) è prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a m. 12;
  • per i fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli devono essere pari alla larghezza della strada aumentata, per ciascun lato, di:
    – 5 metri per strade di larghezza inferiore a 7 m;
    – 7,5 metri per lato per strade di larghezza compresa tra 7 e 15 m;
    – 10 metri per lato, per strade di larghezza superiore a 15 m.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

  • Nelle Zone A (centri storici) sono ammesse distanze inferiori per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni. Le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale.

Regolamenti locali sulle distanze tra edifici

I regolamenti locali possono prevedere distanze minime superiori, ma mai inferiori, a quelle stabilite di 3 metri. Questa possibilità è contemplata per tutelare specifici modelli urbanistici e paesaggistici, contribuendo a un assetto complessivo o unitario di particolari aree territoriali. La gran parte degli strumenti urbanistici a livello locale, in conformità alla legge stessa, stabilisce una distanza minima di almeno cinque metri tra un edificio e l’altro a cavallo dei confini di proprietà, derogando così alle disposizioni del codice civile.

Le norme dei regolamenti edilizi che stabiliscono le distanze tra le costruzioni, e di esse dal confine, sono volte non solo ad evitare la formazione di intercapedini nocive tra edifici frontistanti, ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una data zona e la densità edificatoria in relazione all’ambiente, sicché, ai fini del rispetto di tali norme, rileva la distanza in sé, a prescindere dal fatto che le costruzioni si fronteggino e dall’esistenza di un dislivello tra i fondi su cui esse insistono. Le norme sono applicabili anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro.

La distanza minima di dieci metri tra le costruzioni stabilita dall’art. 9 del dm 1444/1968 deve osservarsi in modo assoluto, essendo “ratio” della norma non la tutela della riservatezza, bensì quella della salubrità e sicurezza. Detta norma va, pertanto, applicata indipendentemente dall’altezza degli edifici antistanti e dall’andamento parallelo delle loro pareti, purché sussista almeno un segmento di esse tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro incontro, sia pure per quel limitato segmento (Corte di Cassazione 21991-2024).

La distanza minima inderogabile di 10 metri tra le pareti finestrate e gli edifici antistanti è quella che tutti i Comuni sono tenuti ad osservare, ed il giudice è tenuto ad applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente inserita nel PRG al posto della norma illegittima. La norma, per la sua genesi e per la sua funzione igienico-sanitaria, costituisce quindi un principio assoluto ed inderogabile, che prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze, sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei Comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale sovraordinata, sia infine sull’autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che non sono nella disponibilità delle parti (Cassazione 15178/2019).

Il decreto “Sblocca Cantieri”

Il decreto-legge n. 32 del 18 aprile 2019 (cd. Sblocca Cantieri), convertito con legge n. 55 del 14 giugno 2019, in vigore dal 17 giugno 2019, stabilisce che le distanze minime tra edifici, previste dall’articolo 9, commi 2 e 3, del dm1444/1968 si applicano obbligatoriamente solo alle zone C di espansione. Nelle altre zone, ogni Ente può decidere quali regole seguire.

Gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, assicurando la coincidenza dell’area di sedime, del volume e dell’altezza dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo (comma 1-ter art. 2-bis dpr 380/2001).

Distanze tra edifici: responsabilità

Il rispetto delle distanze indicate dalla legge o dai regolamenti locali è responsabilità di chi intraprende la costruzione in un secondo momento. Infatti, colui che edifica per primo ha la libertà di scegliere la posizione più conveniente rispetto al confine che divide le proprietà, vincolando così chi costruirà successivamente. Quando il primo costruttore avvia il processo edificatorio, quest’ultimo può decidere se posizionare la propria struttura sulla linea di confine o distaccarsene. Nel primo caso, chi venga dopo può decidere di costruire in aderenza o in appoggio, oppure arretrare per garantire il rispetto della distanza minima stabilita dalle normative edilizie.

Principio di prevenzione

Il principio di prevenzione stabilisce che chi costruisce per primo ha la priorità nel definire le distanze legali, influenzando così le scelte edilizie dei vicini. L’articolo 9, n. 2, del dm n. 1444/1968 non impone di rispettare in ogni caso una distanza minima dal confine, ma va interpretato, in applicazione del principio di prevenzione, nel senso che tra una parete finestrata e l’edificio antistante va mantenuta la distanza di m. 10, con obbligo del prevenuto di arretrare la propria costruzione fino ad una distanza di m. 5 dal confine, se il preveniente, nel realizzare tale parete finestrata, abbia a sua volta osservato una distanza di almeno m. 5 dal confine.

Il principio di prevenzione stabilisce che:

  • tra una parete finestrata e l’edificio antistante deve essere mantenuta una distanza di 10 metri;
  • se il “preveniente” (colui che costruisce per primo) ha rispettato una distanza di almeno 5 metri dal confine, il “prevenuto” (colui che costruisce successivamente) è obbligato ad arretrare la propria costruzione fino a 5 metri dal confine;
  • se il preveniente ha costruito una parete finestrata a una distanza inferiore a quella minima, il vicino non è obbligato ad arretrare fino a 10 metri, ma può richiedere la chiusura delle aperture e costruire una parete non finestrata rispettando almeno la metà della distanza legale dal confine.

Il principio di prevenzione deve essere interpretato in modo flessibile e i diritti acquisiti attraverso l’usucapione possono prevalere sulle norme relative alle distanze legali, proteggendo così i diritti dei proprietari che hanno mantenuto le loro aperture per un lungo periodo (Corte di Cassazione 25229/2024).

Le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi in tema di distanze legali nelle costruzioni non sono derogabili dai privati. Ne consegue l’invalidità delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti, che siano in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze. Resta salva peraltro la possibilità di accordi tra privati sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare. Tali accordi si risolvono in limitazioni del fondo confinante a favore di quello su cui l’opera in deroga alle distanze è stata realizzata il cui sfruttamento edilizio subisce una limitazione particolare dovendo compensare nei distacchi la distanza non osservata dal vicino. Una siffatta pattuizione equivale a una servitù prediale la cui costituzione può avvenire solo mediante contratto in forma scritta (Corte di Cassazione 2117/2004).

Come misurare le distanze tra edifici

Metodo lineare

La distanza con metodo lineare è rappresentata dal minimo distacco delle facciate di un fabbricato da quelle dei fabbricati che lo fronteggiano. La misurazione deve essere fatta in maniera lineare come se le facciate avanzassero parallelamente verso l’edificio che si trova di fronte.

Metodo radiale

La distanza calcolata secondo il metodo radiale rappresenta la minima distanza intercorrente tra un edificio e l’altro. In tal caso la direzione da considerare non è quella dettata dall’inclinazione delle fronti (come nel metodo lineare), ma quella che fornisce la distanza minore. Con il metodo radiale occorre verificare l’assenza di porzioni di edificio entro una circonferenza di raggio pari ad una certa distanza con centro in ciascuno dei suoi spigoli, mentre con il metodo lineare occorre verificare l’assenza di porzioni di edifici antistanti a distanze inferiori a quella minima.

Le norme sulle distanze legali si applicano soltanto agli edifici che si fronteggiano, per cui la loro misurazione deve essere effettuata in modo lineare e non a raggio come invece previsto in materia di vedute (Cassazione 5158/ 2011). Ai Comuni è consentito stabilire negli strumenti urbanistici distanze maggiori, ma non alterare il metodo di calcolo lineare. La relativa disciplina non trova applicazione quando i fabbricati sono disposti ad angolo e non hanno fra loro pareti contrastanti perché ciò che rileva è la distanza fra opposte pareti (Corte di Cassazione 10580/2019).

Nel caso tra le due facciate si interponga parzialmente un altro edificio, la distanza prescritta dal regolamento va realmente misurata integralmente sulle due facciate. Sono esclusi dal calcolo delle distanze solo gli sporti con funzione meramente ornamentale, di rifinitura o accessoria (come le mensole, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili), non anche le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza, specie ove la normativa locale non preveda un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie (Corte di Cassazione ordinanza n. 17561/2024).

Distanze tra edifici: aspetti particolari

Ascensore esterno

L’installazione di un ascensore può divenire dotazione essenziale di un fabbricato per la sola presenza di uno o più condomini anziani con difficoltà motorie, anche non certificate, rientrando nelle opere finalizzate all’eliminazione delle barriere architettoniche, in deroga alle norme sulle distanze tra edifici previste dai regolamenti edilizi. La realizzazione dell’opera non è condizionata esclusivamente all’utilizzo di eventuali condomini portatori di handicap, ma deve garantire il diritto di accesso al fabbricato a tutte quelle persone che vi risiedono e che abbiano problemi motori come le persone anziane (Tar Liguria 4/2021).

L’ascensore, così come tutte le costruzioni serventi alle condotte idriche, termiche etc. dell’edificio principale, rientra fra “i volumi tecnici o impianti tecnologici” strumentali alle esigenze tecnico funzionali dell’immobile e pertanto non necessita del permesso di costruire e né deve rispettare le distanze tra costruzioni (Tar Abruzzo 134/2018).

L’estraneità dell’ascensore al concetto di nuova costruzione vale anche ai fini dell’osservanza della normativa sulle distanze, applicandosi in ogni caso la deroga di cui all’ultima parte del comma 2 dell’art. 79, dpr 380/2001: è fatto salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune (Consiglio di Stato 6253/2012).

Balconi

La sola presenza di un balcone è determinante ai fini del calcolo della distanza tra i edifici, anche in assenza delle “vedute”. I fronti dei fabbricati con soli balconi (senza aperture) devono essere considerati ai fini del rispetto delle distanze legali in considerazione della loro effettiva consistenza e profondità. Secondo la nozione civilistica di costruzione, i balconi costituiti da solette aggettanti, anche se scoperti ed anche se non corrispondenti a volumi abitativi, rientrano nel concetto di costruzione, per il quale occorre il rispetto delle distanze tra gli edifici (Consiglio di Stato 1841/2021).

Cappotto termico

Se l’intervento comporta una modifica significativa delle distanze dai confini e un aumento di cubatura, deve essere considerato sostanziale in quanto altera la conformazione dell’immobile, e pertanto viola le norme sulle distanze (Tar Lazio 17984/2024).

Centro storico

Nel caso di demolizione e ricostruzione con aumento di volume in un centro storico, il dm 1444/1968 prevede le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee:

Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale.
Zone C): è prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a metri 12.

La previsione della distanza tra pareti finestrate di edifici frontisti non inferiore a 10 metri, vale per i “Nuovi fabbricati” in “altre zone” (cioè diverse dalla zona A – centro storico); nel centro storico, invece, vige il generale divieto di costruzioni “ex novo” e la norma si limita a prescrivere che la distanza non sia inferiore a quella intercorrente tra volumi edificati preesistenti.(Consiglio di Stato 5830-2021)

Corpi aggettanti (scale e terrazze)

Non sono computabili le sporgenze esteme del fabbricato che abbiano una funzione meramente ornamentale o di rifinitura accessoria di limitata entità, come mensole, lesene, cornicioni, grondaie e simili, ma scale, terrazze e i corpi avanzati (cd. aggettanti) che, pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, sono destinati ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato, anche se scoperti e non abitativi, rientrano nel concetto civilistico di “costruzione” e devono rispettare le distanze tra gli edifici prescritte dal regolamento edilizio comunale (Tar Toscana 1416/2020).

Cortili

Per gli spazi aperti tra fabbricati, indipendentemente dalla funzione assegnata e dalle dimensioni, vale sempre il rispetto delle regole sulle distanze legali tra edifici. Queste ultime non sono derogabili da regolamenti locali e da norme secondarie. Le norme sulle distanze tra le costruzioni devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall’appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l’applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze (Corte di Cassazione ordinanza 4025/2023).

Non solo distanze tra edifici: demolizione/ricostruzione

La previsione del limite inderogabile di 10 metri non può riguardare fabbricati che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione, con il rispetto del volume e della sagoma originaria (Consiglio di Stato 4337/2017).

La ricostruzione/demolizione è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, a condizione che:

  • sia rispettato dei limiti di altezza dell’edificio demolito;
  • l’area di sedime e il volume dell’edificio ricostruito coincidano con quelli del fabbricato demolito.

La norma non consente riduzioni o aumento dell’area di sedime, e presuppone un’invarianza del complessivo volume dell’edificio ricostruito e dell’altezza dello stesso, nonché dell’area di sedime.

Edifici della stessa proprietà

La tutela del diritto di proprietà non può prevalere sull’interesse pubblico alle distanze stabilite per motivi di sicurezza e igiene, pertanto le norme sulle distanze tra edifici si applicano indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio e dalla proprietà (Consiglio di Stato 5663-2023).

Distanze tra edifici e edifici preesistenti

Si ha ricostruzione fedele di edifici preesistenti quando si rimane nei limiti di altezza, volumetria, sagoma dell’edificio originario, a prescindere dal rispetto delle norme sulle distanze tra fabbricati e/o dal confine. Qualora invece la ricostruzione non sia fedele al fabbricato demolito, occorre rispettare la disciplina delle distanze legali vigenti al momento della realizzazione dell’opera (Tar Campania 1624/2021).

Gazebi, tettoie, forni, locali tecnici

Un gazebo interamente privo dei requisiti di accessorietà, temporaneità e amovibilità e un forno costruito con struttura in muratura con tettoia non possono essere qualificati come una struttura pertinenziale di servizio bensì come vero e proprio fabbricato, che deve rispettare l’adeguata distanza del fabbricato dalle aree circostanti, prevista dal Regolamento edilizio comunale: “Le distanze si misurano in orizzontale e devono essere rispettate per ogni punto dell’edificio, locali accessori e volumi tecnici e sono misurate normalmente ai fronti degli edifici”. Tale disposizione determina, di conseguenza, nel rapporto tra la nozione di fabbricato e le distanze, che ogni punto del primo, nel modo sopra inteso, deve rispettare la distanza minima dai confini di 7,5 metri (Tar Palermo 3303/2024).

Muri di cinta e di sostegno

Un muro destinato a contenere un terrapieno artificiale deve essere considerato una costruzione. (Corte di Cassazione ordinanza 20323/2024).
Qualora l’andamento altimetrico di due fondi limitrofi sia stato artificialmente modificato, così da creare tra essi un dislivello che prima non esisteva, il muro di cinta viene ad assolvere, oltre alla funzione sua propria di delimitazione tra le proprietà, anche quella di sostegno e contenimento del terrapieno creato dall’opera dell’uomo; conseguentemente, esso va equiparato ad una costruzione in senso tecnico-giuridico agli effetti delle distanze legali ed è assoggettato al rispetto delle distanze stesse (Cassazione ordinanza 16975/2023).

Pareti antistanti

Se le pareti si fronteggiano solo per un tratto verticale o non perfettamente parallele, perché di diversa estensione orizzontale, il rispetto della distanza deve essere assicurato entro (e solo entro) le porzioni di pareti antistanti. La nozione di “antistanza” o “frontalità” va riferita e circoscritta a (porzioni di) pareti che si fronteggiano e pertanto presentano, ove non distanziate adeguatamente, un problema di circolazione d’aria e/o d’irradiazione di luce insufficienti, con un pericolo concreto che si crei un’intercapedine nociva.

L’obbligo di rispettare una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vale anche quando la finestra di una parete non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima di altezza minore dell’altra), tranne che le due pareti aderiscano in basso l’una all’altra su tutto il fronte e per tutta l’altezza corrispondente, senza interstizi o intercapedini residui (Corte di Cassazione ordinanza 28147/2022).

Pareti finestrate

Deve intendersi come “finestrata” ogni parete non soltanto munita di “vedute” ma, più in generale, tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce). La normativa richiede che tra due pareti finestrate ci sia una distanza minima di 10 metri. Tale regola si applica anche nel caso di edifici che, pur appartenendo ad un’unica struttura, presentano unità immobiliari distinte e funzionalmente indipendenti, anche nel caso in cui i due edifici frontistanti dovessero appartenere al medesimo proprietario, ovvero nell’ipotesi in cui le pareti finestrate contrapposte appartengano ai due corpi di un’unica costruzione.

Anche se le pareti non sono perfettamente allineate, il principio di protezione della salute e della sicurezza pubblica giustifica l’applicazione della normativa, che ha la finalità non solo di tutelare il diritto individuale alla privacy, ma anche di garantire un’adeguata distanza che favorisca condizioni di vita salubri per tutti gli abitanti, a prescindere dalla proprietà degli edifici. Pertanto, la configurazione sfalsata delle pareti non esime dall’osservanza delle distanze legali.

Nel caso di pareti sfalsate con andamento obliquo, se si prolungano idealmente le due pareti fino a farle incontrare, la distanza tra di esse deve essere di almeno 10 metri. Se questo non avviene, le distanze legali previste dalla normativa non sono rispettate.
La distanza di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati (e non alle sole parti che si fronteggiano) e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (Consiglio di Stato 7731/2010).

Sopraelevazione

La sopraelevazione di edifici esistenti comporta un aumento del volume complessivo. Trattandosi di una modifica costruttiva significativa, per la sopraelevazione valgono le stesse regole stabilite per una nuova costruzione; di conseguenza, può essere realizzata solo nel rispetto delle normative sulle distanze legali dalle costruzioni preesistenti sul terreno confinante previste dall’art. 9 del dm 1444/1968.

Sottotetti

Se c’è una modifica anche solo dell’altezza dell’edificio, sono ravvisabili gli estremi della nuova costruzione, da considerare tale anche ai fini del computo delle distanze, rispetto agli edifici contigui; la regola delle distanze legali tra costruzioni è applicabile anche alle sopraelevazioni, dovendo essere rispettata anche in caso di recupero dei sottotetti (Tar Lombardia 2087/2024).

Distanze tra edifici e strade

In merito alle distanze tra edifici e pubbliche vie/piazze, la normativa locale/comunale può derogare da quelle che sono le disposizioni generali a livello nazionale contenute nel dm 1444/1968 (Consiglio di Stato 3098/2018).
Alle distanze tra i fabbricati e le strade si applicano gli articoli 16 e 234, comma 5, del Codice della Strada, e l’art. 26 del relativo regolamento di attuazione, se:

  • il lotto ricade all’interno di un centro abitato;
  • la strada è classificata dal Codice sulla base delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali.

Se queste due condizioni non sono rispettate, si applica il dpr 495/1992, che prevede per le distanze di tipo “C” una distanza di 10 metri (Consiglio di Stato 3900/2020).

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