Architettura

I dissesti caratteristici delle strutture spingenti: archi, volte e piattabande

Guida completa per immagini sulle cause e tipologie di dissesto per le strutture spingenti, dette così perché soggette anche spinte orizzontali variabili
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I dissesti caratteristici delle strutture spingenti: archi, volte e piattabande
Archi, volte e piattabande sono dette strutture spingenti perché, oltre ai carichi verticali, in corrispondenza delle imposte si trasmette anche una quota parte di spinte orizzontali di entità variabile in base alla geometria dell’elemento costruttivo: più bassa negli archi o nelle volte a sesto acuto, maggiore in quelli a sesto ribassato e addirittura preponderante nelle piattabande.

Tipi e cause dei dissesti delle strutture spingenti ovvero di archi, volte e piattabande

Quando le spinte orizzontali non vengono contenute o contrastate adeguatamente, ad esempio per mezzo di catene, contrafforti o con l’azione di contrasto e/o confinamento esercitata dalle strutture spingenti adiacenti o dalla muratura (come avviene ad esempio nei portali o nelle finestre degli edifici) si verifica un dissesto. Altre cause comuni per la formazione dei dissesti nelle strutture spingenti sono:
  • l’allontanamento reciproco delle imposte dovuto al fuori piombo delle murature o alle sollecitazioni in controfase durante le scosse sismiche;
  • l’abbassamento delle imposte in seguito ai cedimenti differenziati del terreno o delle fondazioni;
  • i carichi verticali eccessivi;
  • i carichi asimmetrici concentrati.
Tutto questo si traduce a sua volta in quattro possibili dissesti di gravità crescente:
  1. dissesto a flessione per allontanamento reciproco delle imposte
  2. dissesto a flessione per abbassamento di una delle imposte
  3. dissesti a taglio di archi e piattabande
  4. dissesto per instabilità del campo centrale di archi e volte, o dissesto per carichi asimmetrici concentrati.

Il dissesto a flessione per allontanamento delle imposte

Il dissesto a flessione per allontanamento delle imposte è comunissimo, e si verifica sia per l’assenza, asportazione, sottodimensionamento o errato posizionamento di una catena per il contenimento delle spinte orizzontali; sia per il verificarsi di un fuori piombo delle murature, ad esempio in seguito allo scivolamento di un terreno in pendenza. È anche danno più comune alle volte a botte che si verifica in seguito alle scosse sismiche.
strutture spingenti e dissesti schema arco cerniere plastiche

Fig. 1 – Schema del dissesto a flessione per allontanamento delle imposte di un arco libero, con formazione delle tre cerniere plastiche

Si manifesta attraverso le cosiddette cerniere plastiche, che – nel numero di tre – si trovano in corrispondenza dell’intradosso delle reni e dell’estradosso della chiave, alle quali corrispondono delle lesioni in posizione inversa, cioè all’estradosso delle reni (Fig. 3) e all’intradosso della chiave (Figg. 2 e 4). Proprio quest’ultima lesione è l’indizio più evidente del dissesto, perché le lesioni all’estradosso delle reni tendono a passare inosservate assai più facilmente.
strutture spingenti immagine arco muratura

Fig. 2 – Esempio di cerniera plastica in un arco a tutto sesto di pietre conce

Si tratta inoltre di un dissesto caratteristico soprattutto degli archi liberi, come ad esempio quelli di logge e porticati, e delle volte a botte: in quest’ultimo caso la cerniera plastica centrale produce quasi sempre un’unica lesione rettilinea nell’intradosso della chiave e parallela alla generatrice della volta (cioè ai due muri dell’imposta – Fig. 4).

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Nelle volte a crociera il dissesto si manifesta invece con la lesione rettilinea all’intradosso della chiave e due altre lesioni con andamento ad angolo retto in corrispondenza delle reni delle due imposte soggette a spostamento (Fig. 5); mentre nelle volte a padiglione compare un’unica lesione parabolica nel fuso più vicino all’imposta in movimento, di entità tanto maggiore quanto più grande è lo spostamento (Fig. 6). Normalmente si tratta di un dissesto poco pericoloso per la stabilità dell’elemento strutturale, perché il crollo dello stesso si verifica in seguito a deformazioni decisamente rilevanti. Tuttavia, per evitarne la progressione è necessario porvi rimedio contenendo le spinte orizzontali, risarcire le delle lesioni (ad esempio a scuci-cuci) e – nei limiti del possibile – ripristinarne la geometria originaria dell’elemento costruttivo.

Dissesto a flessione per abbassamento di una delle imposte

Come dice il nome, il dissesto è dovuto all’abbassamento di una delle imposte della volta (o assai più raramente di un arco) in seguito al cedimento del terreno o delle fondazioni. Inoltre, a differenza del dissesto per l’allontanamento delle imposte, nelle volte a botte le cerniere plastiche sono di norma solamente due: una all’intradosso delle reni del lato opposto a quello soggetto a cedimento, e quella all’estradosso della chiave.

Fig. 7 – Schema del dissesto a flessione per allontanamento delle imposte di un arco libero, con formazione delle cerniere plastiche

In tutte le tipologie di volta il quadro fessurativo si presenta perciò molto simile al dissesto per allontanamento delle imposte; ma la presenza di danni compatibili con il cedimento di terreno o fondazioni (normalmente costituiti da avvallamenti nella pavimentazione del piano terra e lesioni a taglio diagonale nella muratura delle imposte) associati a una deformazione asimmetrica della geometria della volta ne evidenzia l’origine diversa. Anche in questo caso non si tratta di un dissesto molto pericoloso, ma – per evitarne l’aggravamento – occorre soprattutto rimuoverne le cause procedendo al consolidamento delle fondazioni.

Dissesto a taglio di archi e piattabande

Il dissesto a taglio è invece tipico degli archi e piattabande inseriti in una parete. Anche in questo caso la causa risiede nell’allontanamento delle imposte, che tuttavia – essendo confinate dalla muratura – producono l’innalzamento della curva delle pressioni nelle porzioni di muratura immediatamente sopra l’arco e il conseguente scorrimento reciproco dei conci verso il basso: proprio questo è il segnale più caratteristico di questo dissesto.
strutture spingenti schema

Fig. 8 – Schema del dissesto a taglio di un arco, con scorrimento reciproco dei conci

Tuttavia – a differenza dello schema della Fig. 8 – nella realtà lo spostamento è molto meno accentuato, e inizialmente limitato al solo concio in chiave (Fig. 9). Successivamente, se il meccanismo di rottura non viene adeguatamente contrastato, con l’aggravamento del dissesto il movimento si estende anche ai conci limitrofi (Fig. 10).
strutture spingenti immagine

Fig. 9 – Dissesto a taglio in fase precoce: si notino il lieve scorrimento verso il basso del concio in chiave (frecce gialle) e la lesione parabolica nella muratura soprastante, un chiaro indizio dell’innalzamento della curva delle pressioni

Si tratta quindi di un dissesto assai pericoloso, perché il crollo dell’arco si verifica per movimenti decisamente minori rispetto a quelli dei dissesti a flessione, e inoltre anche la caduta improvvisa di un singolo mattone o concio in pietra risulta assai pericolosa per l’incolumità di persone o cose.
strutture spingenti immagine arco in muratura

Fig. 10 – Dissesto a taglio in fase avanzata: si noti il lieve scorrimento verso il basso dei conci del lato destro dell’arco (frecce blu)

Accorgimenti di “ben costruire” per il contrasto dei dissesti a taglio

Il meccanismo del dissesto a taglio è ben noto già molti secoli, e per contrastarlo gli antichi costruttori hanno escogitato due accorgimenti molto efficaci: i conci con giunti a incastro e gli archi a ghiera multipla.

Fig. 11 – Ravenna, Mausoleo di Teodorico (VI secolo): particolare di un arco a tutto sesto di pietre conce con giunti a dardo di Giove

Il primo prevede di sagomare i due lati di ogni concio con un giunto a dardo di Giove, semplice o addirittura doppio, allo scopo di impedire lo scorrimento reciproco dei conci: lo si nota molto bene ad esempio nel Mausoleo di Teodorico, costruito nel VI secolo a Ravenna (Fig. 11). Questo sistema è però applicabile solo agli elementi in pietra sagomata e – per impedire la rottura a taglio dei conci a causa della poca resistenza a trazione della pietra naturale – bisogna praticare il “dente” dell’incastro nella porzione superiore del concio, normalmente a 2/3 o 3/4 dell’altezza.

Fig. 12 – Bologna, chiostro della Basilica di Santo Stefano (XII secolo): esempio di archi con ghiera doppia di mattoni

Gli archi a ghiera multipla sono invece adatti anche alle strutture di mattoni (Fig. 12) e funzionano in modo completamente diverso: l’arco inferiore funge da centina per quello superiore, con l’unica connessione di un semplice giunto di malta. L’allontanamento delle imposte genera quindi due diversi meccanismi di rottura: a taglio nell’arco superiore e a flessione con formazione delle cerniere plastiche in quello sottostante. Il distacco e la caduta dei conci (o dei mattoni) dell’arco superiore viene perciò impedita dall’arco inferiore, ancora integro sebbene lesionato. Se inoltre gli archi sovrapposti sono tre (o addirittura quattro), i margini di sicurezza risultano ancora più elevati. Gli unici accorgimenti da osservare durante la costruzione sono perciò di non ammorsare reciprocamente i due archi e sfalsare adeguatamente i giunti tra i conci tra le ghiere dei due archi.

Dissesto per carichi asimmetrici

L’ultimo dissesto – tipico di archi e volte ma decisamente più raro nelle piattabande – è quello per carichi concentrati asimmetrici, detto anche “per instabilità del campo centrale”. Come dice il nome, si manifesta quando l’elemento costruttivo viene sottoposto a un carico concentrato in posizione asimmetrica. Si tratta di una situazione assai comune nell’edilizia storici un edificio – si modifica la struttura originaria dividendo a metà una stanza con un tramezzo in direzione perpendicolare all’arco o alla volta, oppure inserendo la trave maestra di un solaio subito sopra una porta o una finestra ad arco. Un’altra eventualità abbastanza comune riguarda lo spostamento del riempimento delle volte, che anticamente era costituito da materiale incoerente come sabbia, ghiaia, calcinacci provenienti dalla demolizione di altre strutture o perfino cocci di terracotta e stoviglie rotte.

Fig. 13 – Schema del dissesto per instabilità del campo centrale della volta, o per carichi asimmetrici concentrati (elaborato da: Cangi Giovanni, Manuale del recupero strutturale antisismico, Roma, DEI Tipografia del Genio Civile, 2012)

Quello per instabilità del campo centrale è il dissesto più pericoloso fra quelli analizzati, perché il carico asimmetrico genera un momento flettente (Fig. 13) che sottopone l’arco a uno sforzo di trazione che non riescono spostamento localizzato la deformazione localizzata della curva delle pressioni, con conseguente creazione di sollecitazioni atipiche difficilmente prevedibili.

Fig. 14 – Ferrara, cortile interno di Casa Romei (XV secolo): esempio di arco con vistosa deformazione localizzata per la presenza di un carico concentrato in posizione asimmetrica

Tuttavia, il dissesto per carico asimmetrico è di norma facilmente riconoscibile grazie a tre segni caratteristici: a) appunto la deformazione localizzata della geometria originaria, spesso molto accentuata (Fig. 14); b) la formazione di tre cerniere plastiche del tutto simili – a scala decisamente ridotta – a quelle dei dissesti a flessione, sebbene in posizione diversa: due all’estradosso (e dunque non visibili dal basso) in corrispondenza degli estremi della porzione deformata, e uno all’intradosso al centro della stessa (Fig. 15); c) nel caso dello spostamento del rinfianco della volta, la creazione di un avvallamento nella pavimentazione del piano soprastante. La manifestazione del dissesto è identica sia negli archi, che nelle volte di qualsiasi tipo, cioè a botte, vela, crociera o padiglione.

Fig. 15 – Dissesto di una volta botte per instabilità del campo centrale, successivamente contrastato mediante la costruzione di due arconi di rincalzo: il dissesto si è riformato perché non è cambiata la configurazione strutturale

A causa della sua intrinseca pericolosità, questo dissesto va affrontato con estrema urgenza puntellando adeguatamente la porzione deformata dell’elemento strutturale e predisponendo le giuste contromisure. La prima, fondamentale per evitare la puntuale ripetizione del dissesto, è la modifica della configurazione di carico che l’ha generato. Se questo non è possibile – ad esempio per le mutazioni nella planimetria dell’unità immobiliare soprastante, appartenente a un altro proprietario – occorre consolidare l’intera volta. Il metodo di consolidamento più comune consiste invece nel ripristinare la geometria originaria dell’elemento (o almeno ridurne la deformazione), risarcire le lesioni delle cerniere plastiche e, possibilmente, sostituire il riempimento incoerente con una serie di frenelli in muratura. Anche la costruzione di arconi di rincalzo può essere risolutiva, ma se le cause del dissesto non vengono rimosse esso tende a riformarsi puntualmente, come dimostra l’esempio della Fig. 15. Bibliografia
  • Cangi Giovanni, Manuale del consolidamento e del restauro: archi e volte, Roma, DEI Tipografia del Genio Civile, 2023.
  • Cangi Giovanni, Manuale del recupero strutturale antisismico, Roma, DEI Tipografia del Genio Civile, 2012.
  • Manuale delle murature storiche. Analisi e valutazione del comportamento strutturale, volume I, a cura di Chiara Donà, Roma, DEI Tipografia del Genio Civile, 2011.
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