Architettura

Il colore negli edifici storici: esempi e mutazioni

Evoluzione del “paesaggio cromatico” delle nostre città e campagne. Come il colore ha dato un senso e un valore alle costruzioni nei secoli
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Il colore negli edifici storici: esempi e mutazioni
Contrariamente a quanto comunemente si crede e come dimostrano numerosi studi relativi alle località più diverse, alcune celebri rappresentazioni iconografiche e soprattutto le migliaia di decorazioni tuttora conservate, il “panorama cromatico” o meglio il colore delle città italiane fu molto ricco e variegato fin dal Medioevo. L’uso di ornare le facciate degli edifici principali o, in molti casi, anche delle case più modeste con intonaci affrescati o a sgraffito divenne infatti un uso talmente radicato soprattutto in nord Italia che molte città come Genova, Venezia, Padova, Bergamo o Verona furono chiamate “pictae”, cioè dipinte. Fu solo con la progressiva industrializzazione del cantiere edilizio e soprattutto con l’affermazione del Movimento Moderno nei primi decenni del ‘900 che le decorazioni di facciata, il cui stile e linguaggio erano mutati varie volte nel corso dei secoli per adattarsi alle nuove mode che si erano via via succedute, caddero definitivamente in disuso, venendo spesso cancellate perché degradate, ritenute obsolete o per la mancata comprensione del loro pregio storico e documentale. La loro conoscenza e conservazione è perciò un preciso dovere culturale per riscoprire e tutelare il vero aspetto dei nostri centri storici. Questo articolo vuol essere un modesto contributo a tale scopo, che naturalmente, dato il poco spazio a disposizione, non ha certo pretese di completezza: per maggiori approfondimenti si rimanda infatti alla bibliografia. Sommario: La decorazione di facciata tra Medioevo e Manierismo Le decorazioni con motivi geometrici L’imitazione di apparati effimeri e il “partito architettonico” Il mutamento del gusto tra il XVIII e il XIX secolo Costruire “alla moda” Quanto il giallo soppiantò l’azzurro: il XIX secolo

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La decorazione di facciata tra Medioevo e Manierismo (Torna su)

Le più antiche decorazioni di facciata tuttora conservate risalgono alla seconda metà del XIII secolo, a causa sia del naturale degrado dovuto allo scorrere del tempo, sia dei mutamenti del gusto che hanno portato a occultare o distruggere molte decorazioni ormai considerate fuori moda.

Le decorazioni con motivi geometrici (Torna su)

Un’ottima idea di quale fosse l’aspetto di una città della prima metà del XIV secolo ce la offre una testimonianza iconografica straordinaria, l’affresco raffigurante Gli effetti del Buon Governo realizzato da Ambrogio Lorenzetti all’interno del Palazzo Pubblico di Siena nel 1338-1339: il panorama cromatico della Siena trecentesca è abbastanza variegato e comprende il bianco, il grigio e vari toni di rosso e rosa. Individuare le finiture di facciata è però abbastanza problematico: possiamo ad esempio ipotizzare che le case bianche fossero semplicemente imbiancate a calce, mentre per gli edifici rossi, rossa o grigi possiamo ipotizzare la presenza di murature faccia a vista – molto costose da costruire e perciò considerate veri e propri status symbol – oppure uno strato di intonaco tinteggiato a loro imitazione.

Foto 2 – Bologna, Palazzo D’Accursio: lacerti di intonaco medievali con decorazione e fasce orizzontali bianche e rosse

Foto 3 – Rovereto (Trento): facciata a scacchi bianchi e rossi

Foto 4 – Spilimbergo (Pordenone): intonaco affrescato con cubi prospettici bianchi, rossi e verdi probabilmente databile alla fine del XIV o all’inizio del XV secolo

Foto 5 – Mantova, casa in via Fratelli bandiera: decorazione di facciata databile alla fine del XV secolo con un motivo a cerchi intrecciati scandito da un partito architettonico formato da colonne e trabeazione dipinte a trompe l’oeil

Foto 6 – Spilimbergo (Pordenone): intonaco affrescato quattrocentesco con motivi di tappeti giallo, rossi, verdi e azzurri

Foto 9 – Trento, Case Cazuffi-Rella: esempi di facciate affrescate con scene figurative inquadrate da partiti architettonici formati da colonne e fasce marcapiano (1530 circa)

Foto 10 – Duomo di Spilimbergo (Pordenone): esempio di intonaco di fine XIV-inizio XV secolo a finto mattone o “regalzier”

Foto 11 – Spilimbergo, Porta Occidentale: esempio di bugnato semplice dipinto (XVI secolo)

Foto 12 – Verona, casa all’angolo tra via Santa Maria della Chiavica e vicolo del Cavalletto: bugnato diamantato dipinto (XV secolo)

Foto 13 – Chiostro del Duomo di Bressanone (Bolzano): intonaco a finta pietra di aspetto puramente convenzionale (probabilmente tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo)

Foto 14 – Questo fregio all’esterno del Castello di Vignola (Modena) mostra i colori preferiti nel XIV-XV secolo per le decorazioni di facciata: bianco, rosso, giallo, verde e nero

Foto 17 – Siena, via Duprè 52-56: facciata con sfondo verde e membrature architettoniche (cornici delle finestre e modanatura sottogronda) dipinte a trompe l’oeil in beige per simulare l’arenaria

Foto 18 – Siena, via Duprè 52-56: facciata con sfondo verde scuro e membrature architettoniche (cornici delle finestre, modanatura sottogronda e bugnato angolare) dipinte a trompe l’oeil in giallo ocra per simulare l’arenaria

Foto 19 – Siena, via della Fonte 14-20: facciata con sfondo azzurro e membrature architettoniche (cornici delle finestre, marcadavanzale, modanatura sottogronda) dipinte a trompe l’oeil in beige per simulare l’arenaria; si notino anche le finte finestre

Foto 20 – Siena, via San Girolami 13-15: facciata con sfondo verde acqua e membrature architettoniche (cornici delle finestre con trabeazione e modanatura sottogronda) dipinte a trompe l’oeil in beige per simulare l’arenaria

Photogallery

Molto più ricercata è invece una loggetta con un intonaco decorato a quadrilobi (Foto 1). La policromia è qui molto più ricca: uno sfondo blu su cui spiccano quadrilobi gialli alternate a losanghe rosse con gigli bianchi al loro interno. La preziosità di una simile decorazione, limitata a due soli fronti dell’altana in cui si trova, è sottolineata dalla piccola tettoia destinata a proteggerla dalle intemperie. Il realismo dell’affresco è assoluto, perché intonaci molto simili sono attestati in vari edifici tra cui ad esempio di castelli di Avio e Stenico in Provincia di Trento. Questa loggetta non è però un caso isolato, perché i motivi geometrici sono molto comuni nelle decorazioni di facciata databili tra la fine del ‘300 e la prima metà del ‘500: sono infatti attestate ampie fasce orizzontali (Foto 2) oppure verticali, quadrati (Foto 3) o losanghe con disposizione a scacchiera, scaglie, cubi prospettici (Foto 4) o perfino cerchi intrecciati (Foto 5), un motivo tipico delle facciate rinascimentali di Mantova e chiaramente ispirato alla decorazione della Camera degli Sposi di Palazzo Te affrescata dal Mantegna tra l 1465 e il 1474. Molto comuni anche i motivi tessili, chiaramente ispirati alle finte tappezzerie: un esempio pregevole (Foto 6) è visibile su una casa quattrocentesca nel centro storico di Spilimbergo in provincia di Pordenone.

L’imitazione di apparati effimeri e il “partito architettonico” (Torna su)

Un altro stile, per noi assai curioso ma all’epoca molto comune, prevede la realizzazione di decorazioni floreali o l’imitazione di apparati effimeri, cioè delle decorazioni realizzate con tappeti e stoffe preziose, festoni e ghirlande vegetali e spesso anche scudi in legno con stemmi araldici in occasione di importanti avvenimenti come matrimoni o incoronazione di signori, feste religiose o commemorazioni di eventi eccezionali come la vittoria di una guerra. Tra gli esempi particolarmente significativi abbiamo la facciata di Casa Balduini a Trento interamente ricoperta da festosi vegetali appesi mediante nastri rossi (Foto 7) o un’altra casa a Spilimbergo decorata da colonne ioniche con sovrastante trabeazione e serti circolari al centro sono appesi scudi con stemmi araldici (Foto 8).

Foto 7 – Trento, Casa Balduini: decorazione di facciata a imitazione di un apparato effimero formato da festoni vegetali appesi con nastri rossi (fine del XV secolo)

Foto 8 – Decorazione di facciata di una casa nel centro storico di Spilimbergo (Pordenone) con elementi architettonici dipinti (colonne ioniche con sovrastante trabeazione) e un apparato effimero formato da corone vegetali e scudi araldici appesi mediante nastri rossi

È molto comune anche la rappresentazione di quinte o partiti architettonici, molto simili a quelli effettivamente realizzati in pietra o laterizio e formati da colonne o lesene, cornici delle finestre con eventuali timpani o lesene, trabeazioni e fasce marcapiano dipinte a trompe l’oeil. Il loro compito principale è scandire la facciata in senso orizzontale e verticale per attribuirle un certo ritmo compositivo e incorniciare le scene figurative (Foto 9) o i pannelli con le decorazioni geometriche. Si inseriscono in questo filone anche gli intonaci con un motivo a finto mattone (particolarmente comune nell’architettura veneta in cui è chiamato “regalzier” – Foto 10), a finto bugnato semplice (Foto 11) oppure diamantato (Foto 12) oppure a imitazione di una muratura in conci di pietra squadrata: particolarmente significativo è l’esempio visibile nel chiostro del Duomo di Bressanone (Bolzano – Foto 13), perché le vistose fughe rosse su sfondo bianco dimostrano chiaramente che non si voleva imitare la realtà, ma soltanto suggerirle in modo puramente convenzionale. L’imitazione pittorica riguarda anche altri elementi come archi di pietra o mattone, vari tipi di modanature, polifore ed oculi circolari. La policromia di queste decorazioni è molto ricca e comprende generalmente il bianco, utilizzato come colore di sfondo, il rosso, il giallo, il verde e il nero: lo si nota molto bene in questo fregio all’esterno del Castello di Vignola (Modena), databile probabilmente alla prima metà del ‘400 (Foto 14). L’azzurro è invece assai più raro, in quanto spesso ricavato dall’azzurrite (detta “azzurro della Magna, cioè Alemagna, perché quello di migliore qualità veniva importato dalla Germania) o dal costosissimo lapislazzuli proveniente dall’Afghanistan.

Foto 15 – Siena, Casa Nastasi: fregio con esseri mostruosi dipinto a monocromo, probabilmente per simulare un bassorilievo in cotto (1530 circa)

Con l’affermazione dello stile manierista questo repertorio figurativo si ampliò ulteriormente, arrivando a comprendere anche le decorazioni a grottesca o i fregi con esseri mostruosi: ne vediamo un esempio pregevole nella decorazione cinquecentesca di Casa Nastasi a Siena (Foto 15).

Il mutamento del gusto tra il XVIII e il XIX secolo (Torna su)

I partiti architettonici rimasero in uso anche nel XVII e XVIII secolo, cioè in epoca barocca e roccocò, epoca in cui tendono anzi a diventare particolarmente elaborati, con finte state e trofei di armi dentro nicchie affiancate da colonne, timpani e loggiati da cui traspare il paesaggio retrostante: la decorazione del cortile d’onore del Palazzo Ducale di Sassuolo (Modena) corrisponde perfettamente a questa descrizione (Foto 16). Anche la decorazione degli edifici più modesti seguiva pienamente questo stile, adottando i medesimi stilemi in forma assai semplificata.

Foto 16 – Palazzo Ducale di Sassuolo (Modena): partito architettonico in stile barocco dipinto a trompe l’oeil (XVII secolo)

Costruire “alla moda” (Torna su)

Si cominciò infatti a costruire “alla moda”, cioè secondo i canoni dello stile Rococò e successivamente del Neoclassicismo: a Siena – città su cui disponiamo di numerose informazioni grazie a vari studi – la svolta si verificò verso il 1720, quando si iniziarono ad adattare al gusto corrente le facciate preesistenti. I toni dominanti sono i colori pastello e in particolare il verde e l’azzurro in numerose sfumature: verde prato, verde medio (Foto 17), verde scuro (Foto 18), azzurro cielo (Foto 19) o verde acqua (Foto 20). Gli scritti coevi parlano infatti di “verdino”, “turchino” e “color aria”. Le tipologie di decorazione prevalenti sono due:
  • con membrature architettoniche costituite da marcapiani e marcadavanzali; cornici delle finestre con eventuali trabeazioni, timpani o lunette; bugnati o fasce angolari e modanature sottogronda (Foto 18 e 20);
  • a fasce, riservata generalmente agli edifici più modesti in cui questi elementi si semplificano in semplici fasce in tinta unita quasi sempre bordate di un colore contrastante.
Compaiono inoltre le finte finestre, cioè veri e propri infissi dipinti a trompe l’oeil, che in passato avevano una diffusione capillare: ad esempio nel caso di Siena, su un campione di 284 facciate ben 78 (cioè più del 27%) nel 2006 conservavano tracce di trompe l’oeil. I modelli censiti appartengono a sette tipologie principali, ciascuna delle quali comprende numerose varianti: portoni d’ingresso; finestre a quattro sportelli (la tipologia più antica); finestre a due ante con vetri piombati oppure divisi in un numero variabile di luci (quasi sempre tre o quattro) da sottili stecche in legno; persiane; infissi speciali; finestre con inferriata e finestre senza infisso.

Quanto il giallo soppiantò l’azzurro: il XIX secolo (Torna su)

A un certo punto si assiste tuttavia a un drastico cambiamento nel gusto, che portò a preferire i toni caldi e in particolare il giallo e l’arancione. Nel caso di Siena lo testimoniano diversi esempi di più intonaci sovrapposti, in cui la stratificazione più antica conserva significative tracce di tinteggiatura azzurra. Gli esempi più significativi sono due:
  • una casa in via dei Baroncelli con tre intonaci decorati sovrapposti (Foto 21), due quali con tracce di decorazione a fasce rispettivamente con sfondo sfondo azzurro indaco con fasce gialle (stratificazione più antica) e rosa e fasce bianche (stratificazione più recente);
  • la casa di via delle Vergini 29, che fino ad alcuni anni fa conservava ampi lacerti di due decorazione a fasce sovrapposte, di cui quella inferiore con sfondo azzurro e fasce bianche, e quella superiore con sfondo giallo e fasce grigio scuro, probabilmente a imitazione di modanature in pietra serena (Foto 22).

Foto 21 – Siena, via dei Baroncelli: sovrapposizione di più intonaci con decorazione a fasce; la stratificazione più antica presenta uno sfondo azzurro indaco con fasce gialle

Foto 22 – Siena, via delle Vergini 29: sovrapposizione di due intonaci con decorazione a fasce rispettivamente con sfondo azzurro e fasce bianche (stratificazione più antica) e sfondo giallo con fasce grigio scuro (stratificazione più recente)

Lo stile della decorazione tende dunque a non cambiare, come dimostrano alcune splendide decorazioni realizzate tra il 1898 e il 1902 (Foto 23 e 24), quando alcuni concorsi del Monte dei Paschi portarono al rinnovamento di circa 200 facciate del centro storico. Proprio i bozzetti progettuali realizzati in queste occasioni, attentamente studiati dall’architetto Marina Gennari, hanno consentito di ricostruire la nomenclatura di tutti i colori utilizzati: azzurrognolo, bigio, bigio chiaro, calcina, calcina naturale, calcina invecchiata, calcina macchiata di giallo, cenere, finta pietra da torre, finta pietra serena, finta pietra serena chiara, finta pietra serena scura, finta terracotta, finto travertino, finto tufo, finto tufo chiaro, giallo, giallo chiaro, giallo scuro, grigio tendente al bluastro, mattone vecchio. Si tratta quindi di un panorama cromatico molto variegato in cui però il giallo in tutte le sue sfumature assume un ruolo dominante: bisogna infatti considerare che a Siena con il termine “tufo” ci si riferisce all’arenaria gialla. Questo colore era dunque utilizzato sia per l’esecuzione di sfondi in tinta unita, sia per la realizzazione di decorazioni a finta pietra. Oltre che con l’uso di pigmenti, il giallo poteva essere ottenuto anche con l’intonaco grezzo, che a Siena aveva un colore marcatamente nocciola e veniva utilizzato sia per l’esecuzione di decorazioni a finta pietra (Foto 25), sia per l’esecuzione di decorazioni geometriche come il disegno a diamante (Foto 26). Ben attestato è anche il bianco, identificabile con le varie sfumature di “color calcina”, con il “finto travertino” e con la “finta pietra da torre”, un calcare cavernoso locale di colore bianco o grigio chiaro. Il bianco era inoltre il colore più economico in assoluto, perché ottenibile con semplici mani di latte di calce, e perciò veniva spesso riservato agli edifici più modesti. L’uso di rinfrescare le facciate con una semplice scialbatura di latte di calce era del resto assai frequente soprattutto in sud Italia: una casa del centro storico di Bari conserva tuttora decine di queste scialbature sovrapposte, che hanno formato uno strato spesso vari centimetri (Foto 27). Il grigio e il rosso erano infine più rari e utilizzati quasi esclusivamente per simulare la finta pietra serena (Foto 28) o le murature di mattoni (Foto 29), come emerge chiaramente dagli accenni alla “finta pietra serena”, alla “finta terracotta” e al “color mattone vecchio”, probabilmente identificabile con un rosso-brunastro. Non mancano tuttavia alcune facciate con uno sfondo in tinta unita completamente rosse (Foto 30) oppure rosa (Foto 31). Bibliografia – Guido Bazzotti, Stefano L’Occaso, Francesca Vischi, Facciate dipinte nella Mantova di Andrea Mantegna, Skira, 2010. – Marina Bonavia, Rosamaria Francucci, Roberto Mezzina, L’uso dell’intonaco per la costruzione dell’immagine architettonica: trompe l’oeil di porte e finestre nella composizione delle quinte urbane: un’indagine su Roma, in L’intonaco: storia, cultura e tecnologia. Atti del convegno di Studi, Bressanone, 24-27 giugno 1985, a cura di G. Biscontin, Padova, Libreria Progetto, 1985, pp. 73-97. – Francesco Doglioni, Luca Scappin, Angela Squassina, Francesco Trovò, Conoscenza e restauro degli intonaci e delle superfici murarie esterne di Venezia. Campionature, esemplificazioni, indirizzi di intervento, Il Prato, 2017. – Marina Gennari, Rifacimenti e restauri delle facciate senesi nel primo Novecento: materiali e tecniche della documentazione del concorso a premi del Monte dei Paschi di Siena (1900-1902) in Le facciate delle case di Siena 1900-1902. I bozzetti del concorso del Monte dei Paschi di Siena, a cura di G. Brino, Siena, Protagon, 2007, pp. 42-63. – Marina Gennari, Riflessioni sul Piano del Colore a Siena in “Gazzetta ambiente”, anno 2006 n. 2, pp. 134-139. – Marina Gennari, Elena Matteuzzi, Nuovi database per il Piano del Colore di Siena: intonaci decorati e trompe l’oeil di porte e finestre, in Intervenire sulle superfici dell’architettura tra bilanci e prospettive. Atti del convegno di studi, Bressanone, 3-7 luglio 2018, Bressanone, Arcadia Ricerche, 2018, pp. 393-403. – Elena Matteuzzi, I colori di Siena: gli intonaci decorati del centro storico, Siena, Nuova Immagine, 2016.
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