Edilizia e Urbanistica

Il mutamento d’uso urbanisticamente rilevante

Quali sono i casi di mutamento d’uso rilevante? Cosa dice il Testo Unico Edilizia e quali sono le casistiche tipiche? Ecco una guida sul tema
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Il mutamento d’uso urbanisticamente rilevante
La disciplina del cambio destinazione uso, con o senza opere, è da sempre caratterizzata da oggettive incertezze applicative, generate dalle differenti discipline regionali e dalla frammentazione delle regole locali contenute negli strumenti urbanistici comunali. L’architetto Roberta Distinto, affronta il tema nel volume “Abusi edilizi” edito da Wolters Kluwer e in questo articolo si sofferma sul mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, sulle casististiche tipiche sui  riscontri contenuti nel T.U. per l’Edilizia.  Il contenuto di seguito è tratto e rielaborato dal volume, già disponibile per l’acquisto su Shop.Wki.it. Per consultare l’indice o acquistare, clicca il box di seguito Il nuovo art. 23-ter del Testo unico dell’edilizia introdotto dal Decreto “Sblocca Italia”, prevede che “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”. Il nuovo art. 23-ter definisce “mutamento d’uso rilevante” ogni forma di utilizzo dell’immobile o di singola u.i. diversa da quella originaria, anche senza la realizzazione di opere, che comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale tra le seguenti:
  • residenziale e turistico-ricettiva;
  • produttiva e direzionale;
  • commerciale;
Leggi anche l’articolo della stessa autrice “Mutamento della destinazione d’uso: quando si commette reato?”

Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante

La destinazione d’uso di un fabbricato o di unità immobiliari è quella prevalente in termini di superficie utile e quindi il cambio d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre ammesso (salvo diverse previsioni delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali). A questo punto il mutamento d’uso diventa uno degli elementi caratteristici e distintivi della ristrutturazione urbanistica rispetto agli altri interventi sull’esistente, pur partendo dal presupposto che non è previsto per la manutenzione straordinaria né nel restauro e risanamento conservativo, salvo sia compatibile con le caratteristiche dell’edificio. Altra osservazione: il mutamento d’uso assume rilievo anche nell’ipotesi in cui intervenga, entro dieci anni dalla fine dei lavori, su immobili o impianti destinati ad attività industriali o artigianali, ad attività turistiche, commerciali, e direzionali o allo svolgimento dei servizi. Infatti, l’art. 19 del Testo unico dell’edilizia prevede che, in tale fattispecie, il contributo di costruzione sia dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione. Infine, si rileva che per individuare le diverse categorie è stato dato rilievo all’incidenza che sul territorio è generata dalle diverse destinazioni, accorpando così quelle che producono effetti simili in termini di peso insediativo rispetto alla necessità di urbanizzazione del territorio medesimo. I risvolti di tale accorpamento sono notevoli in quanto è possibile trasformare edifici residenziali in RTA o alberghi (e viceversa) senza incorrere nella modifica d’uso (e, quindi, senza corrispondere il contributo di costruzione aggiuntivo) così come è del tutto ammissibile il passaggio da uffici a produttivo e viceversa in quanto appartenenti alla medesima categoria funzionale.
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