Edilizia e Urbanistica

Il cambio di destinazione d’uso strutturale

Che cosa si intende per cambio di destinazione d’uso strutturale, tra definizioni e casi tipici
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Il cambio di destinazione d’uso strutturale
Il cambio destinazione d’uso si concretizza attraverso un diverso uso di un fabbricato o una porzione di esso, secondo le disposizioni impartite dal Testo Unico dell’edilizia. Quando può essere definito mutamento strutturale? Quali sono i permessi, le autorizzazioni e la pratica edilizia? L’architetto Roberta Distinto, affronta il tema nel volume “Abusi edilizi” edito da Wolters Kluwer. Il contenuto di seguito è tratto e rielaborato dal volume, già disponibile per l’acquisto su Shop.Wki.it. Per consultare l’indice o acquistare, clicca il box di seguito Il mutamento di destinazione d’uso del patrimonio edilizio esistente, che si consegue attraverso la realizzazione di opere, può essere definito mutamento strutturale. In tal caso, il mutamento di destinazione d’uso può essere realizzato attraverso il permesso di costruire, ovvero mediante la Super D.I.A., di cui al terzo comma, lett. a), dell’art. 22 del D.P.R. n. 380, 6 giugno 2001. La nuova destinazione d’uso deve essere consentita dagli strumenti urbanistici vigenti, per la zona territoriale omogenea, di cui al decreto interministeriale 1° aprile 1968, n. 1444 su cui insiste l’immobile oggetto di intervento. Il cambio di destinazione d’uso può essere contestuale alla realizzazione di opere edilizie (ne abbiamo parlato anche in questo articolo della stessa autrice con un focus sui casi di reato). I mutamenti strutturali, sono soggetti alla medesima concessione, autorizzazione o denuncia d’inizio attività richiesta per la particolare categoria di intervento, cui siano riconducibili le opere da realizzarsi.

Cambio di destinazione d’uso e carico urbanistico

Secondo una recente tesi giurisprudenziale, il mutamento di destinazione d’uso che avviene tra diverse funzioni comunque concorrenti alla costituzione della volumetria urbanistica dell’immobile (rispetto alla quale è stata verificata e soddisfatta la dotazione di aree per servizi pubblici), non deve confondersi con le operazioni che – al di là del loro sviluppo con o senza opere – conducono a dare autonomo peso urbanistico a locali (normalmente non deputati alla presenza di persone) che, secondo l’originario titolo abilitativo alla costruzione, non incidevano nella determinazione del peso urbanistico del fabbricato (locali accessori). Il caso tipico è quello della modificazione di un sottotetto in un vano abitabile. L’abitazione acquista una rilevanza autonoma di utilizzo e conseguentemente un uso indipendente anche nell’eventualità che l’accesso avvenga solo dallo stabile principale. Al riguardo, è stato sentenziato che tali operazioni (in sostanza assimilabili a veri e propri ampliamenti, ancorché realizzati senza opere) necessitano del preventivo rilascio di concessione edilizia onerosa. “Nel caso in cui una norma di piano regolatore diversifichi la volumetria dei manufatti edilizi (cioè il computo dei volumi ai fini urbanistici e non il volume come dato di fatto) a seconda della destinazione d’uso, il mutamento di quest’ultima, anche se attuato senza lavori edilizi, è soggetto a rilascio del titolo abilitativo” (Consiglio di Stato, Sez. V, decreto n. 77 del 28 gennaio 1997). Pertanto secondo la decisione trascritta, in difetto di concessione, l’utilizzo indebito deve considerarsi abusivo ad ogni effetto e passibile di sanzione anche sotto specie di ordinanza di riconduzione dell’immobile all’originaria funzione non costituente volumetria urbanistica.
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