Edilizia e Urbanistica

Cadute in condominio e danni da mancata custodia: profili di responsabilità

La casistica in tema di risarcimento danni provocati dalla mancata custodia o manutenzione degli impianti, delle aree o parti comuni rappresentano una fetta importante dell’intero contenzioso condominiale
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Cadute in condominio e danni da mancata custodia: profili di responsabilità

Le cadute in condominio sono all’ordine del giorno: ma chi ne risponde, e con quali limiti?

Ecco una serie di casi specifici e i riferimenti della Corte di Cassazione.

Sommario

Il Condominio è custode dei beni e dei servizi comuni. In quanto tale, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le parti comuni non rechino danni ad alcuno.

Di conseguenza, il condominio risponde dei danni cagionati dalle parti comuni a cose e/o persone. La norma di riferimento è l’articolo 2051 del codice civile, che così dispone: «ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».

Mancata custodia

Parliamo di una fattispecie speciale di responsabilità civile rispetto alla regola generale prevista dall’art. 2043 c.c.

Si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva (o senza colpa), in cui i danni vengono imputati al “custode”, cioè al soggetto (nel nostro caso, all’ente condominiale) che si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa (ad esempio, proprietario o altro soggetto individuato dalla legge o, più in generale, il soggetto che, di fatto, ha il “controllo” della cosa).

La logica è quella di addebitare i costi del danno cagionato dalla cosa in capo al soggetto che, per legge, si trovi nella condizione di controllare i rischi ad essa inerenti.

Onere della prova

L’art. 2051 c.c. pone una presunzione di responsabilità a carico del condominio-custode, a prescindere da qualsiasi giudizio di colpevolezza di quest’ultimo. Ciò si traduce in un’inversione dell’onere della prova a carico dello stesso custode.

L’onere probatorio risulta dunque facilitato per il soggetto danneggiato, il quale deve limitarsi a fornire la prova del rapporto causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima (Cass. civ. n. 6141/2018).

Caso fortuito

Più gravoso è invece il compito per il Condominio-custode.

Il custode potrà liberarsi da responsabilità soltanto fornendo la prova del caso fortuito, ossia un evento – eccezionale, imprevedibile ed inevitabile – dipendente da un fattore esterno alla sua sfera comportamentale, idoneo ad interrompere il rapporto causa-effetto tra cosa in custodia ed evento dannoso o a contribuire ulteriormente alla produzione del danno.

Caso fortuito che può essere individuato anche nel fatto o comportamento di un terzo o dello stesso danneggiato.

La prova liberatoria
La responsabilità ex art. 2051 c.c. può essere esclusa solo qualora il custode dia la prova positiva del caso fortuito, idoneo a rompere il legame di custodia e di controllo tra lui e la res, riuscendo così a dimostrare l’inidoneità della cosa in custodia a provocare il danno (Cass. civ. n. 26751/2009).
Caso fortuito che può consistere in un fatto naturale o anche nel fatto del terzo o dello stesso danneggiato, A tal proposito, è stato chiarito che il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all’uso della cosa si arresta di fronte a un’ipotesi di utilizzazione impropria, “la cui pericolosità sia talmente evidente e immediatamente apprezzabile da chiunque, tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché l’imprudenza del danneggiato che abbia riportato un danno a seguito di siffatta impropria utilizzazione integra il caso fortuito per gli effetti dell’art. 2051 c.c. (Cass. civ. n. 24804/2008).
Cosa dice la Cassazione?
Secondo l’impostazione fatta propria dalle Sezioni Unite (n. 12019/1991), la mancata custodia è una forma di “responsabilità oggettiva”, basata sul collegamento causa-effetto tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, a prescindere dal comportamento del custode.
Nello specifico, la responsabilità del custode si presume quando sussistono due condizioni:
1) L’esistenza di un rapporto di custodia, ossia di una relazione tra la cosa e colui il quale ha l’effettivo potere sulla stessa;

2) E il fatto che il danno lamentato sia provocato dalla cosa in custodia.

La responsabilità di cui parliamo, in ultima analisi, si basa sulla relazione tra cosa e custode, e prescinde totalmente dal comportamento del custode stesso, cui viene imputata per il solo fatto di essere in relazione privilegiata con la cosa. La norma, di fatto, “trasferisce il danno del danneggiato che incolpevolmente lo subisce, al custode che è chiamato a risponderne per il solo fatto di esercitare un potere sulla cosa”.La responsabilità del custode è esclusa solo da caso fortuito, in grado di “rompere” il rapporto tra cosa in custodia e responsabilità del custode stesso.Grava sul soggetto che lamenta il danno provare il nesso causale tra il danno e la cosa in custodia. Spetterà invece al soggetto custode dare la prova liberatoria del caso fortuito, cioè dell’evento imprevedibile che, intervenendo, ha spezzato il legame cosa-danno.

Cadute in condominio e danni per mancata custodia

La casistica in tema di risarcimento danni provocati dalla mancata custodia o manutenzione degli impianti, delle aree o da altre parti comuni rappresentano senza dubbio una fetta importante dell’intero contenzioso condominiale che riempie le aule dei tribunali.

Tra i casi più frequenti ritroviamo senz’altro le cadute in condominio.

Scale scivolose o poco illuminate, cortili con pavimentazione sconnessa, presenza di buche o altre insidie lungo i viali e aree di parcheggio comuni; sono solo alcune delle possibili ipotesi che vedono spesso il condominio coinvolto in richieste di risarcimento danni per mancata custodia.

In questi casi, la partita si decide spesso sulla prova del caso fortuito. Prova che, come detto, deve essere fornita dal condominio, che molto spesso punta il dito sul comportamento negligente e imprudente della vittima, idoneo a ridurre o addirittura escludere del tutto la responsabilità del condominio rispetto ai danni lamentati.

Prendiamo in esame alcuni esempi, tratti da casi concreti decisi dai giudici.

Il condominio risarcisce i danni per la caduta sulle scale bagnate

Il Condominio, in qualità di custode delle parti comuni, deve risarcire i danni per l’infortunato caduto dalle scale condominiali a causa dei gradini bagnati per la presenza di una pozzanghera d’acqua. È escluso che il danneggiato possa prevedere la presenza della pozzanghera sugli scalini, specie di sera, quando non ci sono pulizie in corso.

Questa, in sintesi, la decisione presa dal Tribunale di Rovigo con la sentenza n. 640 del 15 luglio 2022.

Nel caso di specie, la vittima del sinistro aveva citato in giudizio il condominio per sentirlo condannare al risarcimento del danno patito a seguito della caduta dalle scale del palazzo, dovuta alla presenza di acqua non segnalata sui gradini.

La caduta avveniva mentre il pedone scendeva le scale del condominio, a causa dei gradini perché bagnati. In tale circostanza, urtava violentemente la testa perdendo i sensi e si procurava un trauma cranio-facciale, che lo costringeva ad un periodo di riposo e ad indossare un collare ortopedico per circa 10 giorni.

Il tribunale ha inquadrato la vicenda nell’ambito dell’art. 2051 c.c. Le prove fornite hanno dimostrato che, effettivamente, la caduta è stata causata dai gradini delle scale scivolosi, perché bagnati. I testimoni hanno confermato la presenza di una pozzanghera all’altezza degli ultimi tre gradini della rampa di scale. I gradini bagnati non erano immediatamente visibili da chi si apprestava a percorrerli, in quanto per poter imboccare la rampa era necessario svoltare l’angolo.

Scatta dunque la responsabilità del condominio, responsabile per la mancata prevenzione o eliminazione della situazione di pericolo. Condominio che non è stato in grado di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, a lui spettante.

Il tentativo di far ricadere la responsabilità alla “distrazione” della vittima non ha trovato riscontri probatori. Al contrario, è emerso che la vittima non avesse sufficiente conoscenza del luogo, avendo fatto ingresso nell’immobile solo per recarsi presso un’agenzia assicurativa.

Da qui la decisione del tribunale. Condominio condannato a risarcire i danni, quantificati in circa 9mila euro per danno morale e biologico, comprensivo anche delle spese mediche.

Niente risarcimento alla condomina distratta

Come si diceva poc’anzi, il caso fortuito può essere integrato anche da un comportamento di un soggetto terzo, oppure dello stesso soggetto danneggiato. Tipico esempio: la condomina che, scendendo le scale condominiali, per disattenzione, inciampa e cade.

Un caso del genere è stato affrontato dal Tribunale di Savona (sentenza n. 506 del 27 aprile 2021). Una condomina cade mentre scende l’ultima rampa delle scale condominiali. Trasportata in ospedale, le viene refertata la frattura della mandibola, la rottura della protesi dentaria ed escoriazioni alle ginocchia.  Secondo la condomina, la caduta era stata causata dalle condizioni di usura degli scalini, troppo stretti e privi di apposito sistema antiscivolo. La signora agiva quindi contro il Condominio per ottenere il risarcimento dei danni. Ma il Condominio si opponeva alla richiesta risarcitoria, addossando tutta la colpa alla disattenzione della condomina.

In questo caso, il giudice ha dato ragione al Condominio. I danni sono da imputare esclusivamente al comportamento negligente e disattento della condomina.

La danneggiata abitava nello stabile condominiale dal 1999 e, di conseguenza, conosceva benissimo le condizioni delle scale, che percorreva quotidianamente.

Tra l’altro – osserva in giudice – nel tratto dove è avvenuta la caduta la scala è dotata di corrimano. Il sinistro è avvenuto in pieno giorno e, quindi, in condizioni di normale visibilità, e non risulta che “vi fossero delle situazioni anomale che hanno potuto incidere sulla determinazione dell’evento”.

Da qui la decisione del tribunale di respingere la domanda di risarcimento: “In forza di quanto sopra esposto, in presenza di situazione dello stato dei luoghi in essere da molti anni, che la danneggiata conosceva perfettamente ed in relazione alla quale non era intervenuta alcuna modifica, non può ritenersi la sussistenza di alcuna insidia e/o trabocchetto e la caduta della condomina deve essere ricondotta in via esclusiva alla sua condotta imprudente e/o negligente”.

Caduta nel vialetto condominiale, niente risarcimento senza prove

La mera presenza di una discesa all’interno del vialetto del condominio dove il condomino risiedeva stabilmente, i cui luoghi, dunque, presumibilmente, ben conosceva, non può ritenersi una cosa pericolosa ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Con queste motivazioni il Tribunale di Roma, sentenza n. 4364 del 16 luglio 2020, ha respinto la domanda di risarcimento avanzata da un condomino, caduto mentre passeggiava nel vialetto condominiale.

La vicenda è un “classico” degli infortuni condominiali. Un residente del condominio, percorrendo il vialetto comune, inciampa in un dislivello del lastricato in sampietrini e cade, procurandosi delle gravissime lesioni che lo costringono a recarsi al vicino pronto soccorso. L’uomo cita in giudizio il Condomino, in persona dell’amministratore, ritenendolo responsabile dei danni subiti. Secondo la sua versione dei fatti, il dislivello presente nel vialetto era invisibile, non prevedibile e non segnalato dal Condominio, che non era mai intervenuto per ripararlo.

Come si accennava nei paragrafi iniziali, nei casi di responsabilità per mancata custodia, il soggetto danneggiato deve fornire la prova delle modalità di accadimento del fatto storico e del nesso causale tra l’evento dannoso lamentato (nel nostro caso, la caduta) e la cosa posta nella custodia del Condominio (il vialetto).

Il custode, invece, per liberarsi da ogni responsabilità, deve prova il “caso fortuito” cioè l’esistenza di fattore esterno, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale tra cosa e danno. Un fattore che può consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato, e che deve presentare i caratteri dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità.

Nel caso in esame, il condomino non ha fornito la prova del fatto storico. I testimoni ascoltati non hanno confermato la sua ricostruzione dei fatti. L’attore non ha fornito nemmeno la prova del rapporto di causalità tra il bene posto in custodia e l’evento caduta. Dall’esame della documentazione fotografica – osserva il giudice – non si evince, nemmeno in via presuntiva, la prova dell’idoneità dell’area a cagionare la caduta degli utenti del condominio “poiché l’area in cui è accaduto il sinistro si presentava con piano di calpestio composto da sanpietrini grigi del tutto complanare e privo di irregolarità tali da determinare ex se la pericolosità”.

La mera presenza di una discesa all’interno del cortile del condominio dove l’attore risiedeva stabilmente, i cui luoghi, dunque, presumibilmente, ben conosceva, non può ritenersi una cosa pericolosa ai sensi dell’art. 2051 c.c.”. Da qui il rigetto della domanda risarcitoria.

Inciampa e cade all’uscita dall’ascensore condominiale

Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Si potrebbe anche riassumere così la decisione presa dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12895 del 22 giugno 2016.

I giudici hanno negato il risarcimento dei danni patiti da una donna, caduta mentre stava uscendo dall’ascensore. La danneggiata aveva attribuito il sinistro al malfunzionamento dell’impianto, che si era arrestato a un livello più basso rispetto al piano di uscita. Un dislivello di circa 20 centimetri che, a suo dire, l’aveva fatta inciampare e cadere rovinosamente per terra. Ma secondo la Corte il dislivello in questione, seppur “intrinsecamente pericoloso”, poteva essere facilmente evitato dalla danneggiata con un comportamento “ordinariamente cauto”, anche in considerazione delle buone condizioni di illuminazione dei locali e della presenza della doppia porta di uscita dall’ascensore.

Per gli Ermellini la disattenzione della danneggiata integra il “caso fortuito” idoneo ad escludere la colpa del Condominio: il cattivo funzionamento dell’ascensore è stato, nel caso di specie, la mera occasione della caduta; la vera causa dei danni è identificabile invece nel comportamento incauto e imprudente della danneggiata.

Un caso particolare: Il condominio risarcisce la passante caduta per una buca sul marciapiede della strada aperta al pubblico di proprietà condominiale

Una passante, mentre percorreva in compagnia del marito il marciapiede di una strada privata aperta al pubblico transito, cadeva rovinosamente a terra a causa di una buca nascosta dall’erba alta. A causa della caduta, la donna riportava lesioni personali ed era costretta al ricovero in pronto soccorso. Pertanto, citava in giudizio il Condominio proprietario e custode della strada per ottenere da esso il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Il Tribunale di Roma, sentenza n. 974 del 14 gennaio 2019, ha accolto la domanda.

La fattispecie normativa della responsabilità del custode ex articolo 2051 contempla due unici presupposti applicativi:

  • la prova della custodia del bene
  • la derivazione causale (rapporto di causalità) del danno dalla cosa.

Nel caso di specie, secondo il Tribunale, l’attrice ha fornito la prova di entrambi i presupposti

Quanto al primo presupposto (potere fattuale di effettiva disponibilità e controllo della cosa), l’attrice ha fornito idonea prova della disponibilità materiale del luogo del sinistro da parte del Condominio convenuto. Infatti, il marciapiede dove l’attrice è caduta costituisce luogo di passaggio obbligatorio da parte dei soggetti che devono entrare nell’edificio e la natura privata della strada è stata attestata dal Municipio competente. È altresì emerso che la superficie del marciapiede presentava numerose buche non visibili, non solo perché ricoperte di erba, ma anche a causa della mancata di illuminazione pubblica.

Il Tribunale di Roma ha osservato altresì che il nesso causale – rappresentato dalla prova a carico della danneggiata della derivazione del danno (lesioni personali) dalla cosa (insidia stradale) – deve ritenersi sussistente quando l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa, «in ragione di un processo in atto o di una situazione determinatasi, ancorché provocata da elementi esterni che conferiscano alla cosa quella che in giurisprudenza si chiama “idoneità al nocumento». In tali casi – precisa il giudice – «non è perciò richiesta la prova dell’intrinseca dannosità o pericolosità della cosa medesima, perché ogni cosa, anche se innocua, è suscettibile di divenire dannosa o per un proprio dinamismo intrinseco o per l’insorgenza esterna di agenti dannosi».

Secondo il Tribunale, è dunque innegabile la responsabilità ex art. 20151 c.c. del Condominio convenuto, quale proprietario e/o custode del distacco della strada in cui si è verificato il sinistro, in quanto, «trattandosi di zona immediatamente prospiciente lo stabile condominiale, sulla stessa era possibile e doveroso esercitare un effettivo controllo continuativo, provvedendo al risanamento del manto dissestato e all’estirpazione dell’erba, a maggior ragione per esserne addirittura il proprietario esclusivo».

Caduta in condominio e responsabilità personale dell’amministratore di condominio

Fin qui abbiamo parlato di responsabilità del condominio (e quindi di tutti i condomini che ne fanno parte). Tuttavia, anche l’amministratore del condominio può essere chiamato a rispondere personalmente per mancata custodia in caso di cadute in spazi comuni.

L’amministratore di condominio ha infatti il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, con il conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi o agli stessi condomini (art. 1130 c.c.). Si ritiene pertanto possibile configurare una responsabilità in proprio dell’amministratore ex art. 2051 c.c.

L’amministratore è infatti tenuto, tramite i poteri e doveri di controllo che gli sono imputati dal codice civile e da precise disposizioni di leggi speciali, a impedire che il modo di essere dei beni condominiali provochi danni ai condomini o a terzi. Sicché, anch’egli si viene a trovare nella posizione di custode rispetto a tali beni e può, pertanto, rispondere di detti danni (Cass. civ. n. 25251/2008). Da eventuali inadempienze dell’amministratore nei confronti del gruppo dei condomini (ad esempio, omessa riparazione di un bene condominiale) discende dunque una responsabilità dello stesso nei confronti dei condomini e dei terzi che, a causa dell’inadempimento, abbiano subito un danno.

La posizione di custode configurabile in capo all’amministratore discende dai poteri e doveri di controllo attribuiti dalla legge, che gli consentono di influire sul loro modo d’essere.

È possibile dunque configurare una responsabilità personale dello stesso amministratore, in solido con il condominio, per i danni riconducibili a mancata custodia dei beni comuni.

Da tale angolazione prospettiva, è stata ravviata la responsabilità in proprio dell’amministratore per la caduta conseguente alla presenza di buche nel cortile condominiale (Cass. civ. n. 25251/2008). o a seguito della mancata eliminazione di scritte offensive di un terzo contro un condomino nel complesso condominiale, che avrebbe evitato che il reato fosse portato ad ulteriore conseguenze (Cass. civ. n. 9055/2002).

L’amministratore risponde nei confronti del condominio e non anche dei terzi danneggiati

L’amministratore ha dunque il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condomini. L’amministratore del condominio è considerato responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in genere, di qualsiasi inadempimento dei suoi obblighi legali o regolamentari. Si pensi ai danni derivanti dalla negligente omissione delle necessarie riparazioni al lastrico solare o al tetto, decise da una delibera assembleare e non attuate dall’amministratore (Cass. civ. n. 4816/1994).

La Corte di Cassazione è tuttavia intervenuta a mitigare, in qualche misura, la responsabilità personale dell’amministratore per mancata custodia delle parti condominiali.

Infatti, è comunque il condominio nel suo insieme a ricoprire la funzione di custode della parti comuni. Inoltre, nell’espletamento delle attribuzione proprie, l’amministratore è un rappresentante di tutti i condomini, alla tutela dei cui interessi egli deve indirizzare la propria attività.

Pertanto, la violazione del dovere di custodia da parte dell’amministratore, se lo rende direttamente responsabile dai danni subiti dalla compagine condominiale, si esaurisce pur sempre nei rapporti interni con il condominio, posto che l’obbligo di custodia dei beni comuni rispetto ai terzi è comunque riconducibile all’ente condominiale. Al più, la mancata custodia dell’amministratore può escludere o diminuire l’eventuale responsabilità del condominio medesimo, il quale potrà sempre rivalersi nei confronti dell’amministratore per i danni che sarà stato costretto a rifondere ai terzi danneggiati.

In sostanza, il concetto di custodia che fonda la responsabilità ex art. 2051 c.c. sarebbe altra cosa rispetto al compito di custodire i beni comuni (rientrante negli obblighi contrattuali assunti dall’amministratore nei confronti dei condomini) e sussiste – rispetto ai terzi e sul piano extracontrattuale – in capo al solo condominio, sul quale grava una presunzione di responsabilità che ammette la prova liberatoria.

Da questa angolazione prospettica, il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio. Invece l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 c.c., solo all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati (Cass. civ. n. 17983/2014).

È sempre il condominio-custode a risponde dei danni causati dalle parti comuni a condomini o terzi. Tuttavia, l’omissione nella custodia e manutenzione delle parti comuni da parte dell’amministratore potrebbe inserirsi nel nesso di causalità del danno, configurando l’unica causa o una concausa dei danni lamentati. In questo caso, è configurabile una responsabilità in proprio dell’amministratore, in via esclusiva o concorrente con il condominio, con conseguente diritto di rivalsa dei condomini perlomeno nei rapporti interni (MORELLO).

 

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