Edilizia e Urbanistica

Autorizzazione paesaggistica semplificata: interventi e normativa

Che cos’è l’autorizzazione paesaggistica semplificata? Interventi ad essa soggetti, normativa di riferimento, documentazione, costi. La guida completa
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Autorizzazione paesaggistica semplificata: interventi e normativa
L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio ed è obbligatoria per tutti gli interventi su immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’art. 142 del D. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), o in base alla legge, a termini degli art. 136, 143, co. 1, lettera d), e 157 dello stesso Codice. Con il Regolamento introdotto dal D.P.R. 13/2/2017, n. 31 sono stati indicati gli interventi e le opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica (dettagliati sia nell’Elenco composto da 31 voci di cui all’Allegato «A» di detto Regolamento, sia all’art. 4 di quest’ultimo), nonché le 42 categorie di interventi di lieve entità (specificati nell’Elenco di cui all’Allegato «B» dello stesso Regolamento) assoggettati, invece, a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, connotato da “facilitazioni” sotto il profilo procedurale sia quanto alle pratiche da predisporre da parte dei privati (con un sostanziale alleggerimento degli oneri di comunicazione e di allegazione), sia quanto all’attività istruttoria e valutativa dell’Amministrazione procedente (scandita da termini dimezzati) finalizzata al rilascio o al diniego delle istanze di autorizzazione paesaggistica semplificata. Vediamo di seguito gli argomenti che vengono trattati in questa guida completa. La normativa di riferimento Quali sono gli interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata? Procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata L’autorizzazione paesaggistica semplificata: alcune caratteristiche principali Autorizzazione Paesaggistica Semplificata: contenuti e documentazione da produrre Autorizzazione Paesaggistica Semplificata e Ordinaria: le differenze Autorizzazione Paesaggistica Semplificata: i costi

La normativa di riferimento

La norma di riferimento è costituita dal D.P.R. 13/2/2017, n. 31 (entrato in vigore il 6 aprile 2017), che detta il «Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata» (costituito da 20 articoli e 4 allegati), in attuazione dell’art. 12, comma 2, D.L. 31/5/2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 29/7/2014, n. 106 (come modificato dall’art. 25, comma 2, D.L. 12/9/2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11/11/2014, n. 164), che prevede appunto l’emanazione di un regolamento contenente disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all’art. 146, co. 9, del Codice al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali. L’art. 146, co. 9, del Codice già prevedeva che con regolamento fossero stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti. La natura regolamentare (quindi secondaria) delle previsioni del D.P.R. n. 31/2017 postula, quindi, che le stesse siano conformi al dettato normativo primario di cui al Codice, con esclusione di qualunque interpretazione che possa ampliare, anche in via analogica, il campo di operatività di tale fonte primaria (cfr., Cass. Pen., sez. III, n. 1053/2020). Il Regolamento di cui al D.P.R. n. 31/2017 è integrato da 4 allegati:
  • Allegato «A» (art. 2, co. 1): elenco degli interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica;
  • Allegato «B» (art. 3, co. 1): elenco degli interventi di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato;
  • Allegato «C» (art. 8, co. 1): facsimile dell’istanza di autorizzazione paesaggistica con “procedimento semplificato”;
  • Allegato «D» (art. 8, co. 1): relazione paesaggistica semplificata.
Il D.P.R. n. 31/2017 sostituisce ed abroga il previgente Regolamento di cui al D.P.R. 9/7/2010, n. 139 emanato ai sensi del detto comma 9 dell’art. 146 del Codice. Dal 6 aprile 2017 il Regolamento di cui al citato D.P.R. n. 31/2017 ha trovato immediata applicazione nelle Regioni a statuto ordinario, mentre le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono state chiamate ad adeguare la propria legislazione ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, valendo comunque anche in esse da subito (cioè dalla detta data di entrata in vigore del 6 aprile 2017) l’esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica per le categorie di opere e di interventi di cui all’Allegato «A» (art. 13 del Regolamento). L’art. 4 dello stesso D.P.R. n. 31/2017 ha, inoltre, fatti salvi gli specifici accordi di collaborazione già intervenuti tra Ministero e singole Regioni, stipulati ai sensi dell’art. 15 della L. n. 241/1990. Va poi segnalata la Circolare del MiBACT n. 42 del 21 luglio 2017, prot. n. 21322, «applicativa del D.P.R. n. 31 del 2017» (consultabile sul sito dei Beni culturali), che fornisce utili chiarimenti concernenti l’applicazione del Regolamento.

Quali sono gli interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata?

Gli interventi che necessitano d#quali-sono-gli-interventi-soggetti-ad-autorizzazione-paesaggistica-semplificatael previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata sono quelli che il Regolamento definisce «di lieve entità», cioè con impatto paesaggistico basso, mentre per quelli di impatto paesaggistico significativo va applicata la procedura ordinaria di cui all’art. 146 del Codice. La Circolare MiBACT n. 42/2017 (pag. 2) ha precisato che la «lieve entità» ed il carattere di intervento «minore privo di rilevanza paesaggistica» costituiscono dei generali pre-requisiti valevoli per tutti gli interventi menzionati negli Allegati del Regolamento. Nello specifico, ai sensi degli artt. 3 e 7 del Regolamento, sono fondamentalmente due le categorie di interventi soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato.

Interventi di lieve entità elencati nell’allegato «B»

La prima corrisponde alle 42 categorie di interventi di lieve entità indicati nell’Allegato «B» dello stesso Regolamento, la cui variegata elencazione – di chiara comprensione per gli operatori – ricomprende tipologie di interventi e di opere che in alcuni casi si rinvengono anche nell’Allegato «A», differenziandosi gli uni dagli altri quanto ai profili ubicazionali (ad. es., per le installazioni di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne, rileva per avvalersi dell’esonero l’ubicazione «su prospetti secondari, o in spazi pertinenziali interni, o in posizioni comunque non visibili dallo spazio pubblico, o purché si tratti di impianti integrati nella configurazione esterna degli edifici» -voce A.5-, mentre è richiesta l’autorizzazione paesaggistica semplificata qualora tali installazioni avvengano «su prospetti prospicienti la pubblica via o in posizioni comunque visibili dallo spazio pubblico, o laddove si tratti di impianti non integrati nella configurazione esterna degli edifici» -voce B.7-) o dimensionali e quanto ai vincoli gravanti sugli immobili e/o sulle aree interessati dagli interventi. Cosicché, sempre con riferimento esemplificativo alle predette installazioni di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici (ma il ragionamento vale anche per tutti gli altri interventi di identica tipologia che troviamo elencati in entrambi gli Allegati), esse non sono esonerate dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata o lo sono se interessano o meno i «beni vincolati ai sensi del Codice, art. 136, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice limitatamente, per quest’ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici». Tanto viene evidenziato anche dal MiBACT con la detta Circolare (pag. 1 e ss.), ove è rimarcato che, in ordine agli interventi ed alle opere che non sono soggetti all’autorizzazione semplificata, il regime applicativo dell’intero Allegato «A» è caratterizzato, in numerose voci che lo compongono, dalla presenza di specifiche condizioni e di particolari presupposti per l’operatività dell’esclusione della previa autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, in mancanza di tali condizioni e presupposti, l’intervento o l’opera contemplati dalla singola voce sono assoggettati al regime autorizzativo semplificato e trovano necessaria previsione nelle corrispondenti voci dell’Allegato «B». Al riguardo, la predetta Circolare (pag. 2) ha chiarito che condizioni per la “liberalizzazione” sono costituite, in molti casi, dal fatto che l’intervento o l’opera siano «eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti» o non comportino «modifiche alle caratteristiche morfotipologiche, ai materiali di finitura o di rivestimento, o alla volumetria e all’altezza dell’edificio». Mentre presupposti per la “liberalizzazione” sono costituiti, in molti casi, dalla natura del vincolo paesaggistico, ossia dal fatto che gli immobili interessati dagli interventi ricadano in aree sottoposte a vincolo ex lege Galasso (attuale art. 142 del Codice) o a vincolo di bellezza panoramica (lettera d dell’art. 136 del Codice) e non ricadano, invece, in aree sottoposte a vincoli di bellezza individua o del tipo di cui alla lettera c) dell’art. 136 citato, così come ulteriori presupposti per la “liberalizzazione” sono quelli contemplati dall’art. 4 del Regolamento, vale a dire quando nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, siano contenute le specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico e che dell’inverarsi di tale condizione di esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata la Regione ed il Ministero diano adeguata pubblicità sui rispettivi siti istituzionali. Sul punto lo stesso MiBACT (Circolare, pag. 6) ha sottolineato che l’aggettivo “specifiche“, riferito nella norma alle “prescrizioni d’uso“ condizionanti l’ulteriore liberalizzazione, implica che tali prescrizioni debbano essere riferibili utilmente al tipo di intervento o di opera da realizzarsi, con riguardo anche alla peculiarità dell’ambito territoriale di riferimento, e che presentino un adeguato livello di dettaglio, utile ai fini della verifica del rispetto (o del mancato rispetto) delle caratteristiche architettoniche e morfo-tipologiche esistenti, che costituisce condizione di operatività dell’allegato «A» (o, in alternativa, dell’allegato «B»). La valutazione della riconducibilità dei singoli interventi alle categorie declinate nell’Allegato «A» o in quello «B» deve, inoltre, tener conto della possibilità di una artificiosa suddivisione degli interventi oppure della loro possibile reiterazione o reiterabilità nel tempo. Tali profili sono stati ben esaminati nella menzionata Circolare del MiBACT (pag. 5), che ha sottolineato il divieto di segmentazione e frammentazione degli interventi manutentivi, di restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione (ed eventuali aggiuntivi di “nuova costruzione”, con incremento di volumi e/o superfici), singolarmente riconducibili nelle voci dell’Allegato «A» o dell’Allegato «B». In linea di massima, ad avviso del MiBACT, «l’intervento o l’opera devono essere considerati e valutati nel loro insieme strutturale e funzionale e nella loro sostanziale unitarietà, non essendo evidentemente possibile fruire della liberalizzazione (o della semplificazione) scomponendo artificiosamente l’intervento o l’opera unitari in una pluralità di singoli interventi che, di per sé considerati, potrebbero come tali ricadere in una delle voci degli allegati» (Circolare, pag. 5). Si ritiene, quindi, ammissibile « un’unica domanda di autorizzazione paesaggistica semplificata che riguardi un cumulo di interventi, che nel loro insieme rientrino nella lieve entità, a condizione che tali interventi siano autonomi, distinti e tecnicamente scindibili e all’ulteriore condizione che gli incrementi volumetrici (ad es., un ampliamento, la chiusura di un terrazzo, la realizzazione di un locale tecnico) non assommino a un totale di cubatura che superi il limite del 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non siano superiori ai 100 mc previsti alla voce B.1.  Occorre pertanto che gli ulteriori volumi, eventualmente derivanti da interventi ascrivibili alle voci dalla B.2 in poi, siano computati in diminuzione rispetto all’incremento derivante dall’intervento di cui alla voce B.1. In caso di superamento dei limiti imposti occorrerà l’autorizzazione paesaggistica ordinaria ai sensi dell’articolo 146 del Codice. Resta ferma la possibilità di realizzare in regime libero altri interventi (ad es., sul giardino o sul muro di cinta) in quanto distinti e autonomi dagli altri, sempre nei limiti e alle condizioni imposti nelle rispettive voci di cui all’allegato A» (Circolare, pag. 5). La stessa Circolare del MiBACT (pag.5) segnala acutamente poi come il profilo della pluralità degli interventi e della loro unità o separazione introduca il connesso profilo della loro possibile reiterazione/reiterabilità nel tempo, rilevando che «il regolamento, con la sola eccezione della voce B.1 (che, in linea con quanto già previsto dal d.P.R. n. 139 del 2010, reca la precisazione per cui «ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile da eseguirsi nei cinque anni successivi all’ultimazione lavori è sottoposto a procedimento autorizzatorio ordinario»), non prevede divieti o limiti. Essi, tuttavia, possono derivarsi in via interpretativa in relazione alla verifica delle suddette condizioni di «rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, o di non modifica alle caratteristiche morfotipologiche, ai materiali di finitura o di rivestimento, o alla volumetria e all’altezza dell’edificio». È agevole infatti rilevare come la reiterazione di n interventi sul medesimo immobile, in specie se concentrati in un arco ristretto di tempo, sempreché non sussistano ragioni tecniche comprensibili, potrà facilmente tradursi in un’alterazione delle sue caratteristiche morfo-tipologiche e architettoniche tale da escludere l’applicazione dell’allegato A e il necessario ricorso all’autorizzazione paesaggistica semplificata. È chiaro – anche per questo profilo – che si dovrà effettuare una verifica caso per caso e che non è possibile stabilire un criterio valido in astratto e in generale» (Circolare, pagg. 5 e 6). 

Interventi oggetto di istanze di rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche scadute da non più di un anno e relative ad interventi in tutto o in parte non eseguiti

La seconda categoria di interventi sottoposti al procedimento autorizzatorio semplificato riguarda, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento, quelli oggetto delle istanze di rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate ai sensi dell’articolo 146 del Codice, scadute da non più di un anno e relative ad interventi in tutto o in parte non eseguiti, a condizione che il progetto risulti conforme a quanto in precedenza autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute (art. 7, co. 1). Come è noto, a mente del comma 4 dell’art. 146 del Codice (modificato, da ultimo, dalla L. n. 106/2014) l’autorizzazione paesaggistica è efficace per un periodo di 5 anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo alla scadenza del quinquennio medesimo. Con l’Autorizzazione paesaggistica semplificata si consente, quindi, non già la proroga del termine di efficacia di 5 anni (proroga che, come in tutti i casi di legge, può essere richiesta solo prima della scadenza), bensì il rinnovo della stessa autorizzazione paesaggistica già scaduta da non più di un anno, rinnovo che può domandarsi sussistendo le dette condizioni fissate dal medesimo comma 1 dell’art. 7 del Regolamento. Tuttavia, qualora con l’istanza di rinnovo siano chieste anche variazioni progettuali che comportino interventi di non lieve entità, si applica solo il procedimento autorizzatorio ordinario di cui all’art. 146 del Codice (art. 7, comma 2). Nei casi in cui non siano richieste variazioni progettuali e non siano sopravvenute specifiche prescrizioni di tutela, l’istanza di rinnovo non deve essere corredata dalla relazione paesaggistica semplificata. Il comma 3 dell’art. 7 stabilisce, inoltre, che alle autorizzazioni rinnovate si applica la disposizione di cui all’art. 146, co. 4, del Codice, con riferimento alla conclusione dei lavori entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio di efficacia della nuova autorizzazione.

Procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata

Gli artt. 9, 10 e 11 del Regolamento descrivono l’iter procedurale da seguire per la richiesta ed il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata. Competente al rilascio dell’autorizzazione semplificata è l’Amministrazione procedente, corrispondente alla Regione ovvero all’Ente delegato (art. 1, co. 1, lett. c). In particolare, sussistendo la legge regionale di delega ai Comuni della funzione amministrativa attiva volta al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, l’istanza e la relativa documentazione vanno presentate allo sportello unico per l’edilizia (SUE) qualora siano riferite ad interventi edilizi previsti dal D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). Qualora l’istanza di autorizzazione paesaggistica sia riferita ad interventi che rientrano nell’ambito di applicazione del D.P.R. 7/9/2010, n. 160, la domanda e la relativa documentazione vanno presentate allo sportello unico per le attività produttive (SUAP). Negli altri casi la richiesta di autorizzazione paesaggistica va presentata all’Amministrazione procedente delegata dalla Regione sempre ai sensi dell’art. 146 del Codice, quali la Provincia o l’Ente Parco. L’Amministrazione procedente, ricevuta l’istanza, ha l’obbligo di verificare preliminarmente se si tratta di un intervento:
  1. Libero perché escluso da qualsiasi autorizzazione paesaggistica siccome rientrante in una delle categorie elencate nell’Allegato «A» oppure perché già esonerato giacchè ricompreso in una delle 3 categorie delineate dall’art. 149 del Codice: in tal caso, la parte istante riceve la relativa comunicazione ed il procedimento si conclude;
  2. Assoggettato ad autorizzazione ordinaria ai sensi dell’art. 146 del Codice: anche in questo caso il richiedente riceve la relativa comunicazione e dovrà seguire il procedimento ordinario cadenzato dallo stesso art. 146;
  3. Assoggettato ad autorizzazione semplificata, per il che troverà applicazione l’iter dettato dall’art. 11 del Regolamento.
Se l’intervento o le opere richiedono uno o più atti di assenso comunque denominati, ulteriori rispetto all’autorizzazione paesaggistica semplificata ed al titolo abilitativo edilizio, viene indetta la conferenza di servizi per l’acquisizione di tali assensi ai sensi degli artt. 14 e seguenti della L. n. 241/1990. In tal caso, i termini previsti per le Amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica e dei beni culturali sono dimezzati. Sulla conferenza di servizi il MiBACT (Circolare, pag. 17) ha puntualizzato che essa, anche nella forma semplificata (asincrona), dovrà essere indetta solo nel caso in cui, oltre al titolo paesaggistico semplificato ed a quello edilizio, vi sia la necessità di acquisire un terzo titolo abilitativo per la realizzazione dell’intervento. Le norme ed i tempi della conferenza sono in primo luogo quelli stabiliti in generale dalla legge (artt. 14 ss. della L. n. 241/1990), secondo la tempistica e gli ordini del giorno definiti dalle Amministrazioni partecipanti (di regola nella prima riunione, con riferimento, ovviamente alla conferenza di servizi vera e propria, ossia a quella così detta sincrona o simultanea). Il dimezzamento dei tempi è riferito ai termini previsti dalla L. n. 241 del 1990 (come modificata dalla L. n. 124/2015), non a quelli -già molto ristretti- del Regolamento. Sinteticamente va qui tra l’altro segnalato, nell’ambito dell’articolata disciplina sulle conferenze di servizi dettata dagli artt. 14 e ss. L. 241/1990, che nella fattispecie la perentorietà del termine di 45 giorni (dimezzato da 90) entro cui la Soprintendenza deve rendere la propria determinazione è garantita dalla formazione del silenzio assenso di cui al comma 4 dell’art. 14-bis della stessa L. n. 241/1990, nel senso che sia la mancata comunicazione della determinazione, sia la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3 (congrua motivazione con eventuale indicazione di modifiche con prescrizioni e condizioni specificanti anche se siano relative a un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico) equivalgono ad assenso senza condizioni. Il tutto sempre che non si tratti di un procedimento per il quale le disposizioni del diritto dell’Unione Europea (o anche le sentenze rese dalla Corte di Giustizia, come si desume dal Parere n. 1640/2016 del Consiglio di Stato, in ragione del principio di primazia del diritto dell’UE) richiedano l’adozione di provvedimenti espressi. In ogni caso, restano ferme le responsabilità dell’Amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell’Amministrazione, per l’assenso reso, allorché implicito. Nella procedura semplificata dettata dall’art. 11 del Regolamento, ai sensi del comma 3 l’Amministrazione procedente deve sempre valutare la conformità dell’intervento o dell’opera alle prescrizioni d’uso, ove presenti, contenute nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico, anche solo adottato, ai sensi del Codice, nonché, eventualmente, la sua compatibilità con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento. La Circolare MiBACT (pag. 17) ha precisato che l’uso dell’avverbio “eventualmente” intende significare che la valutazione di compatibilità dovrà avvenire solo nel caso in cui non sussistano prescrizioni d’uso nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico, tali da vincolare il giudizio dell’Amministrazione ad un mero accertamento di conformità. Qualora non sia necessario convocare la conferenza dei servizi, trova applicazione la seguente semplificazione procedimentale dettata dai commi 5 e seguenti dell’art. 11 del Regolamento.

Termine per la conclusione del procedimento

In linea generale, ai sensi dell’art. 10 del Regolamento il procedimento semplificato si conclude con un provvedimento, adottato entro il termine tassativo di 60 giorni dal ricevimento della domanda da parte della stessa Amministrazione procedente (termine che, tuttavia, resta sospeso nei casi di richieste di integrazioni documentali e documenti quali previste nel corso dello stesso iter procedurale), e tale provvedimento finale è immediatamente comunicato al richiedente.

Step della procedura autorizzativa semplificata

Entro 10 giorni dal ricevimento dell’istanza, l’Amministrazione procedente richiede all’interessato, ove occorrano, per un’unica volta, gli ulteriori documenti e chiarimenti strettamente indispensabili, che sono inviati in via telematica. Entro il termine di 10 giorni dal ricevimento della richiesta, l’interessato deve inviare per via telematica tali ulteriori documenti e chiarimenti. Il mancato rispetto di tale termine comporta l’improcedibilità dell’istanza. Il procedimento resta sospeso fino alla scadenza del termine assegnato o alla ricezione della documentazione integrativa richiesta. Entro il termine tassativo di 20 giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero, in caso di richiesta di integrazione documentale, dal ricevimento dell’ulteriore documentazione richiesta, l’Amministrazione procedente trasmette alla Soprintendenza per via telematica, anche fornendo ove possibile le credenziali per l’accesso telematico agli atti e ai documenti necessari ai fini dell’istruttoria, una motivata proposta di accoglimento, unitamente alla domanda ed alla documentazione in suo possesso. Entro il termine tassativo di 20 giorni dal ricevimento della proposta, il Soprintendente, qualora la sua valutazione sia positiva, esprime il proprio parere vincolante, per via telematica, all’Amministrazione procedente, la quale adotta il provvedimento nei 10 giorni successivi. La Circolare del MiBACT (pag. 18) ha chiarito al riguardo che anche la Soprintendenza può formulare richiesta di integrazioni documentali e di chiarimenti, come passaggio intermedio ulteriore, la qual cosa comporterà la sospensione del termine perentorio di 20 giorni a tale Organo assegnato per l’espressione del previsto parere. Sul punto, in giurisprudenza (T.a.r. Campania, Salerno, n. 698/2019) è stato affermato che tale termine perentorio è interrotto (e non sospeso) in caso di richiesta di integrazione documentale e di chiarimenti da parte del Soprintendente. Qualora, invece, la valutazione dell’Amministrazione procedente circa la conformità e compatibilità dell’intervento di cui al richiamato comma 3 dell’art. 11 sia negativa, la stessa Amministrazione, entro 10 giorni dal ricevimento della richiesta, ne dà comunicazione all’interessato, comunicando contestualmente i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e le modifiche indispensabili affinché sia formulata la proposta di accoglimento. Con la comunicazione è sospeso il termine del procedimento ed è assegnato il termine di 15 giorni all’interessato entro il quale presentare le proprie osservazioni ed il progetto adeguato. Ove, esaminate le osservazioni o gli adeguamenti progettuali presentati, persistano i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, l’Amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, entro 20 giorni, rigetta motivatamente l’istanza, con particolare riguardo alla non accoglibilità delle osservazioni o alla persistente incompatibilità paesaggistica del progetto adeguato e ne dà comunicazione al richiedente. Nel caso in cui la proposta di accoglimento formulata dall’Amministrazione procedente sia negativamente valutata dal Soprintendente, quest’ultimo comunica per via telematica al richiedente, entro il termine di 10 giorni (termine non perentorio, per cui il suo mancato rispetto non comporta l’illegittimità del provvedimento di diniego finale: cfr. Circolare MiBACT, pag. 12) dal ricevimento della proposta, i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e della proposta dell’Amministrazione procedente, specificandoli in modo dettagliato, ed indica contestualmente le modifiche indispensabili per la valutazione positiva del progetto, a meno che quest’ultimo risulti incompatibile con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento ovvero contrastante con le prescrizioni d’uso eventualmente presenti e di ciò venga data idonea ed adeguata motivazione. Con la comunicazione è sospeso il termine del procedimento ed è assegnato al richiedente un termine di 15 giorni entro il quale presentare le proprie osservazioni e il progetto adeguato. Decorso il termine assegnato, la Soprintendenza, ove ne ricorrano i presupposti, entro il termine di 20 giorni (termine perentorio, con effetto di consumazione del potere per silenzio-assenso: cfr. Circolare MiBACT, pag. 12) adotta il provvedimento motivato di diniego fornendo specifica motivazione, con particolare riguardo alla non accoglibilità delle osservazioni o alla persistente incompatibilità del progetto adeguato con la tutela dei beni vincolati e ne dà contestualmente comunicazione all’Autorità procedente. Un inciso a parte merita la comunicazione, da parte della Soprintendenza, dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, la cui disciplina è presidiata dall’art. 10-bis L. n. 241/1990, norma alla quale è stata di recente apportata una rilevante modifica ad opera dell’art. 12, co. 1, lettera e), L. 11/9/2020, n. 120 e che prevede ora, tra l’altro, che «Qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni. In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato».  Da tanto appare discendere per la Soprintendenza non solo il divieto (segnalato dalla detta Circolare MiBACT, pag. 13) di introdurre “a sorpresa”, nel provvedimento negativo finale, fatti e valutazioni del tutto nuovi e in nessun modo prefigurati o presi in considerazione nella cd. fase del 10-bis, ma anche – in caso di annullamento in giudizio dello stesso provvedimento negativo finale e di successiva riedizione della sua attività valutativa – il divieto di addurre per la prima volta motivi ostativi che già emergevano nell’ambito dell’istruttoria del provvedimento annullato. Gli orientamenti amministrativi che si formeranno alla luce interpretativa di tale modifica normativa calibreranno meglio la portata di tale divieto. Peraltro, la Soprintendenza, quando riceve la proposta di accoglimento, può dissentire ed applicare la procedura ordinaria in luogo di quella semplificata, provvedendo a comunicarlo al Comune ed alla stessa parte istante, con valenza di comunicazione di motivo ostativo ai sensi di detto art. 10-bis, ostativo sulla procedura ma non sull’esito nel merito della domanda, con la conseguenza che la procedura dovrà ripartire ex novo con la documentazione appropriata prevista dal regime ordinario di cui all’art. 146  (in termini, Circolare MiBACT, pag. 16). Quando, invece, l’area interessata dall’intervento di lieve entità sia assoggettata a specifiche prescrizioni d’uso nel piano paesaggistico approvato ai sensi del Codice o nel provvedimento di imposizione del vincolo o negli atti di integrazione del contenuto precettivo del vincolo stesso adottati ai sensi dell’articolo 141-bis del Codice, il parere del Soprintendente è obbligatorio, ma non vincolante, e deve essere reso entro 20 giorni al ricevimento della proposta. La Circolare n. 42/2017 (pag. 20) ha puntualizzato che la dequotazione del parere da vincolante a solo obbligatorio opera, tra l’altro, a condizione che le “specifiche” (secondo la descritta accezione chiarita dal MiBACT) prescrizioni d’uso di ciascun vincolo siano riconducibili alla specie di intervento cui si riferisce il parere soprintendentizio, il quale resta vincolante qualora non sussista una prescrizione riferibile direttamente e specificamente a quella specie di intervento (tutti i casi, cioè, dell’allegato «B»), mentre diviene solo obbligatorio in caso contrario. È anche prevista un’ipotesi di silenzio assenso ai sensi dell’art. 17-bis L. n. 241/1990 nel caso di mancata espressione del parere vincolante del Soprintendente entro i prescritti 20 giorni dal ricevimento della proposta di accoglimento dell’Amministrazione procedente (o dal ricevimento delle controdeduzioni e delle integrazioni documentali del richiedente richieste dalla Soprintendenza stessa) e la medesima Amministrazione provvederà così al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Si segnala, inoltre, che nel procedimento autorizzatorio semplificato non è obbligatorio il parere delle Commissioni locali per il paesaggio, salvo quanto diversamente disposto dalle leggi regionali.

L’autorizzazione paesaggistica semplificata: alcune caratteristiche principali

Applicazione dell’art. 146, co. 4 del codice

Alla autorizzazione paesaggistica semplificata si applica l’articolo 146, co. 4, del Codice (art. 11, co. 11 del Regolamento). Cosicché essa:
  1. fuori dai casi di cui all’ 167, commi 4 e 5 del Codice, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi;
  2. è efficace per un periodo di 5 anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione;
  • i lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo;
  1. il termine di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato. 

Esclusività della modalità telematica

Le comunicazioni e la trasmissione degli atti e dei documenti tra l’Autorità procedente, la Soprintendenza e la parte richiedente avvengono in modalità telematica. 

Violazione degli obblighi e sanzioni

Ai sensi dell’art. 17 del Regolamento, nel caso di violazione degli obblighi da esso stabiliti (ad esempio, realizzazione di interventi rientranti in una delle categorie dell’Allegato «A», e dunque senza previa autorizzazione semplificata, ma in assenza delle condizioni e dei presupposti ivi indicati), fermo restando quanto previsto dall’art. 181 del Codice, si applica l’articolo 167 del Codice, a tenore del quale il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, sempre che non venga accertata la compatibilità paesaggistica per le seguenti attività:
  1. per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
  2. per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
  3. per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ex art. 3 D.P.R. 380/2001.
In tali casi l’Autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere. Quando, invece, è possibile dettare prescrizioni volte a compatibilizzare l’intervento eseguito, si applica la sola sanzione pecuniaria in luogo dell’ordine di ripristino che necessita, quindi, di una motivazione rafforzata. La norma ammette, dunque, la possibilità di dettare prescrizioni conformative in materia di accertamento di compatibilità paesaggistica (cfr. Circolare MiBACT, pag. 22, ove è anche sottolineato che la negazione di siffatte prescrizioni – contenute ovviamente nei limiti previsti dal comma 4 dell’art. 167 – «condurrebbe alla negazione di ogni portata applicativa della norma»). Inoltre, stante la prevalenza della norma sopravvenuta più favorevole, non può essere disposta la rimessione in pristino nel caso di interventi e opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 2 del Regolamento e realizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del Regolamento (6 aprile 2017) che non richiedano altro titolo abilitativo all’infuori dell’autorizzazione paesaggistica.

Autorizzazione Paesaggistica Semplificata: contenuti e documentazione da produrre

La norma di riferimento è l’art. 8 del Regolamento, improntato ad un criterio di “semplificazione” documentale. L’istanza di autorizzazione paesaggistica semplificata relativa agli interventi di lieve entità va compilata – anche in modalità telematica – ad opera della parte richiedente (proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo di immobili ed aree vincolati), che la sottoscrive, secondo il modello di cui all’Allegato «C», cui vanno allegati la scheda semplificata di cui all’Allegato «D» e gli elaborati di progetto individuati nell’Allegato «D». La scheda semplificata di cui all’Allegato «D» corrisponde alla relazione paesaggistica semplificata, redatta da un tecnico abilitato e da questi sottoscritta con la parte richiedente. Nella relazione sono indicati i contenuti precettivi della disciplina paesaggistica vigente nell’area, è descritto lo stato attuale dell’area interessata dall’intervento, è attestata la conformità del progetto alle specifiche prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici, se esistenti, è descritta la compatibilità del progetto stesso con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento e sono, altresì, indicate le eventuali misure di inserimento paesaggistico previste. La stessa relazione di cui all’Allegato «D» deve contenere, altresì, specifici riferimenti ai valori storico-culturali ed estetico-percettivi che caratterizzano l’area interessata dall’intervento e il contesto paesaggistico di riferimento, allorché si tratti di interventi di lieve entità che riguardano immobili vincolati ai sensi dell’articolo 136, co.1, lettere a), b) e c) del Codice, limitatamente, per quest’ultima agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici (art. 8, co. 3). Non si applica il decreto che individua la documentazione necessaria circa la compatibilità prevista per quella ordinaria (D.P.C.M. 12 dicembre 2005  “Individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti, ai sensi dell’articolo 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”, in G.U. n. 25/2006). In particolare, la relazione paesaggistica semplificata di cui all’Allegato «D» deve indicare e ad essa devono essere allegati:
  • la tipologia dell’opera o dell’intervento (accompagnata dal riferimento preciso alle fattispecie di cui all’ «B»;
  • le caratteristiche dell’intervento (temporaneo o permanente);
  • la destinazione d’uso (residenziale, ricettiva/turistica, industriale/artigianale, agricolo, commerciale/direzionale, altro);
  • il contesto paesaggistico dell’intervento o dell’opera secondo le categorie elencate nello stesso All. «D»;
  • la morfologia del contesto paesaggistico secondo le categorie elencate nello stesso All. «D»;
  • l’ubicazione dell’opera o dell’intervento con i seguenti allegati: a) estratto cartografico CATASTO/CTR/IGM/ORTOFOTO (L’edificio o area di intervento deve essere evidenziato sulla cartografia attraverso apposito segno grafico o coloritura); b) estratto cartografico degli strumenti della pianificazione urbanistica comunale e relative norme; c) estratto cartografico degli strumenti della pianificazione paesaggistica e relative norme (il relativo stralcio deve riportare una rappresentazione significativa della struttura territoriale e dei caratteri paesaggistici);
  • la documentazione fotografica dello stato attuale (le riprese fotografiche devono permettere una vista di dettaglio dell’area di intervento e una vista panoramica del contesto da punti dai quali è possibile cogliere con completezza le fisionomie fondamentali del contesto paesaggistico, le aree di intervisibilità del sito. Le riprese fotografiche vanno corredate da brevi note esplicative e da una planimetria in cui siano indicati i punti di ripresa fotografica);
  • la presenza di immobili ed aree di notevole interesse pubblico (artt. 136, 141, 157 del Codice) con la specifica indicazione della tipologia di cui all’art. 136, co. 1 del Codice: a) cose immobili; b) ville, giardini, parchi; c) complessi di cose immobili; d) bellezze panoramiche, con gli estremi del provvedimento di tutela, denominazione e motivazione in esso indicate;
  • la presenza di aree tutelate per legge (art. 142 del Codice): a) territori costieri; b) territori contermini ai laghi; c) fiumi, torrenti, corsi d’acqua; d) montagne sup. 1200/1600 m; e) ghiacciai e circhi glaciali; f) parchi e riserve; g) territori coperti da foreste e boschi; h) università agrarie e usi civici; i) zone umide; l) vulcani; m) zone di interesse archeologico;
  • la descrizione sintetica dello stato attuale dell’immobile o dell’area di intervento (la descrizione deve riportare la lettura dei caratteri che effettivamente connotano l’immobile o l’area di intervento e il contesto paesaggistico, anche con riferimento ai quadri conoscitivi degli strumenti della pianificazione e a quanto indicato dalle specifiche schede di vincolo. Il livello di dettaglio dell’analisi deve essere adeguato rispetto ai valori del contesto e alla tipologia di intervento);
  • la descrizione sintetica dell’intervento e delle caratteristiche dell’opera (dimensioni materiali, colore, finiture, modalità di messa in opera, ecc.) con allegata documentazione di progetto (la documentazione, in relazione alla tipologia e consistenza dell’intervento, può contenere fotoinserimenti del progetto comprendenti un adeguato intorno dell’area di intervento desunto dal rapporto di intervisibilità esistente, al fine di valutarne il corretto inserimento);
  • gli effetti conseguenti alla realizzazione dell’opera (tale valutazione si ricava dal confronto fra le caratteristiche dello stato attuale, gli elementi di progetto e gli obiettivi della tutela. Nella nota n. 6 in calce al modello di cui all’Allegato «D» sono elencate, a titolo esemplificativo, alcune delle possibili modificazioni dell’immobile o dell’area tutelata);
  • le eventuali misure di inserimento paesaggistico (qualificazione o identificazione degli elementi progettuali finalizzati ad ottenere il migliore inserimento paesaggistico dell’intervento nel contesto in cui questo è realizzato);
  • l’indicazione dei contenuti precettivi della disciplina paesaggistica vigente in riferimento alla tipologia di intervento e la conformità con i contenuti della disciplina.

Autorizzazione Paesaggistica Semplificata e Ordinaria: le differenze

  • L’autorizzazione paesaggistica semplificata è richiesta per gli interventi e le opere di lieve entità elencati nell’Allegato «B» del Regolamento ed il termine di conclusione del relativo procedimento (descritto dall’art. 11 dello stesso Regolamento) è di 60 giorni.
  • L’autorizzazione paesaggistica ordinaria è, invece, richiesta per tutti gli interventi, non liberalizzati di cui all’elenco dell’Allegato «A» ed all’art. 4 del Regolamento nonché all’art. 149 del Codice e non realizzabili con quella semplificata, ed il termine di conclusione del relativo procedimento (dettagliato dall’art. 146 del Codice) è di 105 giorni o di 120 giorni nel caso (previsto dal comma 9 dello stesso art. 146) in cui la Soprintendenza non esprime il prescritto parere.
  • Entrambe costituiscono atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio e sono obbligatorie.
  • Ad entrambe si applica la disposizione di cui all’art. 146, co. 4 del Codice (vedi sopra nello specifico).

Autorizzazione Paesaggistica Semplificata: i costi

L’istanza di autorizzazione paesaggistica comporta il pagamento dei diritti di segreteria quali fissati dai competenti uffici delle Amministrazioni procedenti, nonché l’apposizione di una marca da bollo virtuale di euro 16,00 sull’istanza e di un’ulteriore marca da bollo virtuale di euro 16,00 sul provvedimento di autorizzazione, oltre al compenso professionale per il tecnico abilitato che, su incarico della parte richiedente, cura la pratica, compenso che va quantificato sulla base delle tariffe professionali di appartenenza.
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