La Class Action: cos’è, a cosa serve e chi può farla

La class action consente la trattazione in un unico procedimento di più domande di risarcimento connesse a uno stesso illecito lesivo di una pluralità di soggetti. L’istituto è disciplinato dall’art. 140-bis del Codice del Consumo (Decreto legislativo n. 206/2005), come modificato dall’art. 49 della Legge n. 99 del 23 luglio 2009 e dall’articolo 6 del decreto-legge n. 1/2012, convertito nella legge n. 27/2012. Mediante la class action, ciascun componente di una classe di consumatori, rappresentata anche da associazioni o comitati, può agire per far valere il diritto individuale omogeneo e l’interessi collettivo ad accertare le responsabilità e ottenere il risarcimento del danno o la restituzione da parte di un soggetto privato o pubblico.
Comma 2 dell’art. 140-bis del Codice del Consumo:
L’azione di classe ha per oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori.
L’azione tutela:
a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
b) i diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
c) i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
I consumatori e gli utenti possono considerarsi parti di una medesima classe, meritevole di tutela, quando siano omogenei i diritti lesi e le fonti da cui scaturisce l’obbligazione risarcitoria (contratto, atto illecito, pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali).
L’azione può essere promossa soltanto contro illeciti commessi successivamente al 15 agosto 2009 e può essere avviata su azione dei seguenti soggetti:
• ciascun componente della classe di consumatori interessata,
• associazioni cui il consumatore dà mandato,
• comitati cui il consumatore partecipa.
Diritti azionabili in giudizio
a) diritti contrattuali, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati mediante moduli o formulari predisposti, che sono propri di una pluralità di consumatori e utenti i quali si trovano nei confronti di una stessa impresa in una situazione identica;
b) diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
c) diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
L’atto di adesione
L’adesione, che è possibile anche attraverso posta elettronica certificata e fax, comporta la rinuncia ad ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale, che sia fondata sul medesimo titolo. Coloro che non aderiscono all’azione collettiva possono proporre un’azione individuale.
La class action parte con un atto di citazione al tribunale competente. L’atto con il quale il consumatore o l’utente aderisce all’azione di classe deve contenere, oltre all’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto che si fa valere e deve essere inoltre corredato della relativa documentazione probatoria. Il suo deposito in cancelleria va fatto entro il termine perentorio fissato dal giudice.
Ai fini della prescrizione rileva la data della notificazione della domanda o, in caso di adesione successiva, la data del deposito del relativo atto.
La competenza è, in generale, del tribunale ordinario del capoluogo della Regione in cui ha sede l’impresa, ma tale regola conosce alcune eccezioni. In particolare, per la Valle d’Aosta è competente il tribunale di Torino; per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia il tribunale di Venezia; per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria il tribunale di Napoli. La causa è trattata in composizione collegiale.
Ammissibilità della domanda
Alla prima udienza, il tribunale decide sull’ammissibilità della domanda o, se su fatti rilevanti è in corso un’istruttoria dinanzi a un’autorità indipendente o un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, sospende il giudizio.
L’inammissibilità può essere dichiarata, con un’ordinanza che decide anche sulle spese:
• se la domanda è manifestamente infondata,
• se vi è un conflitto di interessi,
• se il giudice non ravvisa che vi siano diritti individuali tutelabili omogenei,
• se il proponente non sembra in grado di curare l’interesse della classe in maniera adeguata.
Contro l’ordinanza che decide sull’ammissibilità è possibile proporre reclamo nel termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, rivolgendosi alla Corte d’appello, la quale deciderà entro massimo 40 giorni dal deposito del ricorso con ordinanza in camera di consiglio.
Ordinanza che ammette la class action
L’ordinanza che ammette la class action contiene anche l’indicazione dei termini e delle modalità per la pubblicità necessaria per la tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. La pubblicità costituisce condizione di procedibilità della domanda.
Con la medesima ordinanza vengono anche definiti i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio e i criteri in base ai quali è possibile includere nella classe i soggetti che chiedono di aderire e viene fissato un termine perentorio di massimo 120 giorni dalla scadenza del termine per la pubblicità per il deposito degli atti di adesione in cancelleria. Dopo la scadenza del termine per l’adesione non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa.
Inoltre, l’ordinanza determina anche il corso della procedura, in modo da assicurare una gestione del processo equa, efficace, sollecita e rispettosa del principio del contraddittorio.
L’ordinanza può anche essere la sede, alternativa a una successiva ordinanza specifica, con la quale il giudice:
• prescrive le misure necessarie per evitare che vi siano ripetizioni indebite o complicazione nella presentazione di prove o argomenti;
• onera le parti della pubblicità necessaria;
• regola l’istruzione probatoria;
• disciplina ogni altra questione di rito.
La sentenza che definisce la class action
Se la domanda proposta con azione di classe viene accolta, il tribunale pronuncia una sentenza di condanna con la quale liquida le somme dovute a coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo per liquidarle assegnando alle parti un termine di massimo 90 giorni per addivenire a un accordo di liquidazione (decorso il quale provvede egli stesso alla liquidazione). Se l’azione era stata proposta nei confronti dei gestori di pubblici servizi o di servizi di pubblica utilità, a tal fine il tribunale deve tenere conto di quanto eventualmente previsto dalle carte dei servizi.
Per l’esecutività della sentenza occorre attendere 180 giorni dalla sua pubblicazione.
Le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito.
La nuova legge sull’azione di classe in Italia
Il Ddl n. 844 recante “Disposizioni in materia di azione di classe”, approvato definitivamente dal Parlamento nell’aprile 2019, introduce una disciplina organica dell’azione di classe nel Libro IV, nuovo Titolo VIII-bis “Dei procedimenti collettivi” (artt. da 840-bis a 840-sexiesdecies) del Codice di Procedura Civile (Cpc). Sono inoltre inserite alcune nuove disposizioni di dettaglio che disciplinano le comunicazioni a cura della cancelleria e gli avvisi in materia di azione di classe e l’elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all’azione di classe.
La nuova disciplina entra in vigore dodici mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con contestuale abrogazione delle corrispondenti disposizioni sull’azione di classe contenute nel Codice del Consumo. La legge si applicherà alle condotte illecite commesse dopo la data di entrata in vigore, mentre alle condotte illecite commesse prima di tale data continueranno ad applicarsi le disposizioni vigenti.
L’azione di classe (art. 840-bis Cpc)
Con l’azione di classe un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro, i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti, o ciascun componente della classe può agire nei confronti dell’autore della condotta lesiva per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
Possono proporre l’azione di classe solo le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia, salva la legittimazione di ciascun componente della classe.
L’azione di classe può essere avviata nei confronti di imprese o nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, in relazione ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. Restano ferme le norme vigenti tema di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.
Procedimento dell’azione di classe (art. 840-ter Cpc)
La domanda per l’azione di classe è proposta con ricorso esclusivamente davanti alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente. Il ricorso, insieme al decreto di fissazione dell’udienza, è pubblicato, a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto.
Decorsi 60 giorni dalla pubblicazione del ricorso, non possono essere proposte ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente; le azioni di classe proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine suindicato sono riunite all’azione principale.
Il tribunale decide con ordinanza sull’ammissibilità dell’azione di classe e, in caso positivo, fissa un termine perentorio (da 60 a 180 giorni) entro il quale i soggetti portatori di diritti individuali omogenei possono aderire l’azione.
Il procedimento è regolato dal rito sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss. Cpc); il tribunale procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del giudizio.
Pluralità di azioni di classe aventi il medesimo oggetto (art. 840-quater Cpc)
Decorsi 60 giorni dalla pubblicazione del ricorso, non possono essere presentate ulteriori azioni di classe basate sui medesimi fatti e rivolte nei confronti del medesimo resistente, pena la cancellazione dal ruolo e la non riassunzione. Nel caso di azioni di classe proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine dei 60 giorni sono riunite all’azione principale.
Il divieto non opera se l’azione di classe originaria è dichiarata inammissibile o è definita con provvedimento che non decide nel merito. La riforma fa salva la proponibilità di azioni di classe a tutela di diritti che non potevano essere fatti valere alla scadenza del suddetto termine di 60 giorni.
L’adesione all’azione può avvenire in due distinti momenti:
- nella fase immediatamente successiva all’ordinanza che ammette l’azione. Coloro che aderiscono in questa fase, pur non assumendo la qualità di parte, possono ricevere tutte le informazioni dalla cancelleria e possono, al venir meno delle parti, riassumere il procedimento; l’effettivo diritto ad aderire all’azione di classe è verificato solo dopo la sentenza di merito;
- nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio (articolo 840-sexies). Il tribunale, con la sentenza che accoglie l’azione, assegna un termine (non inferiore a 60 e non superiore a 150 giorni) per l’adesione.
Sentenza di accoglimento dell’azione di classe (artt. 840-quinquies e 840-sexies Cpc)
La sentenza che accoglie l’azione di classe:
- provvede sulle domande risarcitorie o restitutorie proposte dal ricorrente, quando l’azione è stata proposta da un soggetto diverso da un’organizzazione o da un’associazione inserita nell’elenco ministeriale;
- accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali omogenei;
- definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei, specificando gli elementi necessari per l’inclusione nella classe dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei;
- stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali omogenei;
- dichiara aperta la procedura di adesione e fissa il termine perentorio (da 60 a 150 giorni) per l’adesione all’azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei;
- nomina il giudice delegato per la procedura di adesione;
- nomina il rappresentante comune degli aderenti (soggetto che deve possedere i requisiti per la nomina a curatore della crisi d’impresa); il rappresentante comune degli aderenti è espressamente qualificato pubblico ufficiale.
Procedura di adesione (art. 840-septies)
L’adesione all’azione di classe si propone mediante inserimento della relativa domanda (da presentare su modello approvato con decreto ministeriale) nel fascicolo informatico, avvalendosi di un’area del portale dei servizi telematici. La domanda, che a pena di inammissibilità deve contenere una serie di indicazioni, produce gli effetti della domanda giudiziale e può essere presentata anche senza il ministero di un difensore.
Il resistente può depositare una memoria contenente le sue difese, nella quale prende posizione sui fatti posti dagli aderenti a fondamento della domanda.
Il rappresentante comune degli aderenti predispone e comunica agli aderenti e al resistente il progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti; il resistente e gli aderenti possono depositare osservazioni scritte e documenti integrativi (nella procedura di adesione non sono ammessi mezzi di prova diversi dalla prova documentale); il rappresentante comune apporta quindi le eventuali variazioni al progetto dei diritti individuali omogenei e lo deposita nel fascicolo informatico.
Somme dovute (art. 840-octies)
Il giudice delegato decide, con decreto motivato, sull’accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Il decreto del giudice costituisce titolo esecutivo ed è comunicato agli aderenti, al resistente, al rappresentante comune e all’avvocato difensore dell’attore.
Quota lite (art. 840-novies)
Il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente una somma percentuale dell’importo complessivo che il resistente dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura inversamente proporzionale (la percentuale scende all’aumentare del numero dei componenti), sulla base di sette scaglioni.
Impugnazione della sentenza (art. 840-decies)
Gli atti di impugnazione della sentenza che accoglie l’azione di classe e i provvedimenti che decidono sulle impugnazioni devono essere pubblicati nell’area pubblica del portale telematico del ministero della giustizia. La sentenza può essere impugnata dagli aderenti per revocazione oltre che nei casi contemplati dall’articolo 395 c.p.c., anche quando la stessa sia ritenuta effetto della collusione tra le parti. In questo caso il termine per proporre revocazione decorre dalla scoperta della collusione.
Impugnazione del decreto di liquidazione (art. 840-undecies)
Il resistente, il rappresentante comune e gli avvocati che hanno diritto alla quota lite possono proporre ricorso contro il decreto del giudice delegato di liquidazione delle somme dovute a ciascun aderente, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il ricorso, che non sospende l’esecuzione del decreto, a meno che il tribunale non disponga diversamente, in presenza di “gravi e fondati motivi”.
Accordi transattivi tra le parti (art. 840-quaterdecies)
Fino alla discussione orale della causa, il tribunale può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti. L’adesione all’accordo è data accedendo al fascicolo informatico.
Dopo la sentenza che accoglie l’azione, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l’impresa o con l’ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità un analogo schema di accordo di natura transattiva. Nei successivi 15 giorni ciascun aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate contestazioni allo schema di accordo. L’accordo transattivo stipulato dal rappresentante comune sulla base dell’autorizzazione giudiziale costituisce titolo esecutivo e titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Analogo valore esecutivo ha l’accordo transattivo cui aderisca il ricorrente.
La disposizione sugli accordi transattivi si applica anche quando l’azione è promossa da un’organizzazione o un’associazione e l’accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato l’accordo.
Azione inibitoria collettiva (art. 840-sexiesdecies)
Con l’azione inibitoria collettiva “chiunque abbia interesse” (nonché le organizzazioni e alle associazioni iscritte nell’elenco del Ministero della giustizia) può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità: la cessazione di un comportamento lesivo di una pluralità di individui ed enti commesso nello svolgimento delle rispettive attività; o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva.
La competenza è attribuita alle sezioni specializzate per l’impresa e si prevede l’applicazione del rito camerale; la riforma consente l’adesione all’azione collettiva nelle forme del precedente art. 840-quinquies c.p.c.
Nel procedimento il giudice, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni semplici, può ordinare, su richiesta di parte, alla parte soccombente, con la cessazione della condotta:
- l’adozione delle misure più opportune per eliminarne gli effetti, previa istanza di parte;
- il pagamento di una penale in caso di ritardo nell’adempimento della sentenza;
- di dare diffusione al provvedimento, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati.
Se l’azione inibitoria è proposta congiuntamente all’azione di classe si prevede che il giudice disponga la separazione delle cause.
La class action verso la pubblica amministrazione
Il D.Lgs. n. 198/2009 “in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici”, in attuazione della legge n. 15/2009, ha introdotto la class action nei confronti della pubblica amministrazione e dei concessionari di pubblici servizi non ammette richieste risarcitorie e non può essere rivolta contro:
• autorità amministrative indipendenti,
• Presidenza del Consiglio dei Ministri,
• organi giurisdizionali,
• assemblee legislative e altri organi costituzionali.
Il comportamento illegittimo della pubblica amministrazione che giustifica una class action pubblica può consistere:
• mancato rispetto dei termini;
• mancata emanazione di atti amministrativi obbligatori entro un termine prestabilito;
• violazione degli obblighi previsti dalle carte dei servizi;
• inosservanza degli standard qualitativi ed economici stabiliti dalle autorità di settore.
Possono intraprendere una class action pubblica “i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori” che subiscono una lesione diretta, concreta ed attuale di interessi giuridicamente rilevanti e omogenei a causa della condotta attiva o omissiva della pubblica amministrazione o di un concessionario pubblico. Il ricorso può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori.
Prima di proporre il ricorso in sede giudiziaria il ricorrente è tenuto a notificare preventivamente una diffida alla pubblica amministrazione o al concessionario con cui si concedono 90 giorni di tempo per soddisfare le richieste dei soggetti interessati. La diffida è notificata all’organo di vertice della Pa, il quale assume senza ritardo le misure opportune, individua il settore che si è reso protagonista della violazione, dell’omissione o del mancato adempimento e lo invita ad eliminarne le cause. L’interessato può ricorrere alle procedure conciliative previste dall’art. 30 della legge n. 69/2009 e in caso di esito negativo proporre ricorso entro un anno, se “l’amministrazione o il concessionario non ha provveduto, o ha provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata”.
Giudizio
Il giudice amministrativo, nel giudicare la condotta della pubblica amministrazione o del concessionario citati, deve tenere conto della condizione in cui questi operano, ossia delle risorse strumentali e finanziarie e del personale di cui effettivamente dispongono. Egli inoltre “nella prima udienza, se ritiene che le violazioni o le omissioni sono ascrivibili ad enti ulteriori o diversi da quelli intimati, ordina l’integrazione del contraddittorio.”
Il giudizio può concludersi con l’accoglimento o il rigetto del ricorso. Se il giudice accoglie il ricorso, dopo aver accertato la violazione, ordina alla pubblica amministrazione o al concessionario di rimediare alla propria condotta “entro un termine congruo” e di accertare la condotta e adottare i necessari provvedimenti nei confronti di quei soggetti che da soli o in concorso hanno commesso la violazione.
Qualora la pubblica amministrazione perduri nella sua inottemperanza, cioé non adempia spontaneamente alla sentenza, si può procedere con il relativo giudizio amministrativo di ottemperanza.
L’art. 2 del D.Lgs. n. 198/2009 prevede disposizioni di raccordo della class action pubblica con i rimedi disciplinati dal Codice del Consumo agli articoli 139, 140 e 140-bis e con i procedimenti instaurati da organismi con funzione di regolazione e controllo. Nel caso in cui questi giudizi siano stati instaurati prima la class action pubblica non è proponibile, se invece il procedimento innanzi all’organismo di regolazione o i procedimenti sono instaurati dopo la class action pubblica, questa viene sospesa fino alla definizione degli altri.
Class action verso pratiche commerciali scorrette
L’art. 140, comma 2 lettera c) del Codice del Consumo prevede che l’azione di classe tutela anche “i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”. La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2320/2018 riconosce l’idoneità di una consumatrice rappresentata dal Codacons a tutelare gli interessi della classe di consumatori potenziali acquirenti e vittime di pratiche commerciali scorrette e ingannevoli.
La class action in Europa
Con la comunicazione Com(2013)401, la Commissione europea ha invitato tutti gli Stati membri a dotarsi di sistemi nazionali di ricorso collettivo, definendo una serie di principi comuni da rispettare. Inoltre, la Commissione Europea ha presentato una serie di provvedimenti tesi a inasprire le sanzioni per le imprese che danneggiano i consumatori e a introdurre una class action europea, praticabile quando i danni colpiscono l’intera Europa. Il pacchetto di norme, presentato dalla commissaria europea alla Giustizia Vera Jourova a Bruxelles, prevede che le multe potranno arrivare fino al 4% del giro d’affari annuo dell’impresa in questione in ciascuno Stato coinvolto.
La disciplina della class action in alcuni Paesi europei
Francia. L’azione risarcitoria collettiva può essere intrapresa solo dalle associazioni riconosciute, che però non possono divulgarla per mezzo di pubblicità televisiva, radiofonica o lettere personalizzate. Il Codice di Consumo francese prevede la possibilità, da parte delle associazioni rappresentative dei consumatori a livello nazione di poter agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno per conto di almeno due mandanti, previo conferimento di un mandato scritto.
Spagna. L’art 11 della Ley de Enjuiciamiento Civil attribuisce la legittimazione ad agire alle associazioni e a gruppi di soggetti danneggiati. Di fatto le associazioni sono i soggetti che rappresentano il modello ideale di tutela collettiva, tanto che alle stesse è riconosciuta la legittimazione ad agire anche quando non è possibile individuare i singoli soggetti interessati all’azione. L’azione collettiva spagnola però è limitata alla sola tutela dei consumatori.
Olanda. La disciplina in materia prevede la possibilità per le organizzazioni rappresentative degli interessi delle vittime di danni in serie di addivenire ad un accordo negoziale con i soggetti responsabili e di poterne estendere gli effetti, attraverso gli organi giurisdizionali, a tutti i danneggiati.
Germania. La legittimazione ad agire è riconosciuta alle associazioni dei consumatori, con tutele simili anche in materia ambientale e pratiche commerciali lesive. L’istituto della Kapitalanleger-Musterverfahren-KapMug (azione modello) è prevista per le azioni in materia finanziaria, in cui vengono avanzate domande risarcitorie per danni derivanti da informazioni false, ingannevoli o reticenti su prodotti finanziari o da inadempimenti contrattuali delle offerte pubbliche di valori mobiliari. L’azione però è esperibile solo se pendono almeno dieci cause individuali con questioni di fatto o di diritto comuni.
Danimarca, Svezia, Norvegia. Il singolo danneggiato, l’autorità pubblica e un’organizzazione possono rappresentare gli interessi di un certo gruppo di cittadini.
Finlandia. L’azione collettiva pubblica è riservata al Finnish Consumer Ombudsman, mentre nessuna legittimazione è riconosciuta alle associazioni e ai singoli consumatori.
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