Architettura
Lo stile Liberty in architettura, origini, definizioni e storia per immagini
Origine, stile e diffusione di una decorazione tipicamente “pompeiana”: decorazioni, elementi, linee sempre di grande fascino ed effetto
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La Belle Époque (letteralmente “bella epoca”) fu un periodo compreso tra il 1870 e il 1914 caratterizzato da grande ottimismo e fermento culturale, dovuto in particolare al rapidissimo progresso scientifico e tecnologico, alle grandi esplorazioni geografiche e all’affermarsi di nuove idee e teorie economiche, politiche e sociali. Il “segno” culturale forse più tangibile e diretto della Belle Époque fu quello dello stile Liberty, un movimento artistico e culturale che riguardò in particolare la pittura e la nascente grafica pubblicitaria, tutte le arti applicate – dalla produzione di stoviglie e oggetti d’uso alla sartoria e ricamo, dalla gioielleria alla decorazione delle stoffe, dall’ebanisteria alla produzione di vetrate colorate – e ovviamente l’architettura, l’arredamento e la decorazione di interni.
Ad essi, almeno in Italia si affianca anche una decisa componente di revival medievale e rinascimentale, che associa agli elementi più caratteristici dell’Art Nouveau alcuni stilemi formali tipicamente manieristi o quattrocenteschi, in particolare l’uso di creature immaginarie come sfingi, sirene, grifoni o chimere (Fig. 7), i fregi con puttini alati, le grottesche e l’imitazione pittorica di apparati effimeri di stemmi, festoni e ghirlande vegetali “appesi” alla facciata con nastrini rossi svolazzanti.
Molto diffuso – e tipico anche dell’Eclettismo, che con il liberty in Italia tende spesso a contaminarsi e sovrapporsi – è inoltre il ricorso a elementi formali caratteristici dell’architettura di paesi esotici e lontani, come diretta conseguenza delle esplorazioni geografiche su vasta scala e della creazione di vasti imperi coloniali da parte dei maggiori paesi europei. Tetti a pagoda, cineserie, forme ispirate all’architettura giapponese, mobili laccati, archi moreschi, mosaici islamici e finte iscrizioni in arabo cominciano perciò a comparire in ogni tipo di edificio, spesso mescolandosi tra loro.
Non manca infine – sia in Italia, che, seppur in misura minore, anche nel resto dell’Europa – il deciso recupero, rilettura e reinterpretazioni di tecniche ormai dimenticate, in particolare tre:
In generale, oltre che per le tipiche decorazioni floreali – usualmente riservate agli elementi in ferro battuto come ringhiere o cancellate, ai fregi nelle fasce marcapiano e sotto al cornicione sommitale (normalmente realizzati con rivestimenti di mosaico, piastrelle di maiolica o ceramica, trencadìs, stucco, sgraffito o pittura a calce), alle vetrate policrome (spesso estese anche a pensiline, tettoie e padiglioni da giardino) e alle cornici delle finestre – gli edifici liberty sono facilmente riconoscibili per le ampie aperture rotondeggianti (Fig. 1) e la presenza di portici, bow-window o interi corpi di fabbrica curvi o semicircolari: il portico circolare con terrazza superiore della Palazzina Majani di Bologna è un esempio eloquente in tal senso.
Un’altra innovazione significativa fu l’introduzione degli intonaci cementizi, in particolare per l’esecuzione delle decorazioni in stucco e del cosiddetto litocemento, cioè l’imitazione con varie tecniche della pietra naturale lavorata. Comparvero inoltre i rivestimenti di marmo artificiale (una lavorazione che riprese, semplificandola drasticamente, la tecnica della scagliola nota e utilizzata fin dal XVII secolo per la realizzazione di paliotti e rivestimenti interni), e soprattutto una vasta gamma di elementi ornamentali prefabbricati di calcestruzzo stampato, semplice o armato: il risultato fu il drastico abbattimento del prezzo di architravi, stipiti e bancali di finestre, parti di cornicioni e fasce marcapiano, basi e capitelli per colonne, balaustre per scale e lastrici solari, gargoyle, vasi, statue e fontane da giardino; che poterono perciò inserirsi anche in edifici più modesti con funzioni commerciali o di residenza per la media borghesia.
Anche i pavimenti conobbero l’introduzione di un nuovo materiale, inizialmente concepito come versione più economica – ma comunque di grande pregio estetico – dei pavimenti di marmo o alla veneziana: le cosiddette cementine liberty (Fig. 16), un particolare tipo di piastrelle di boiacca pigmentata con motivi geometrici o floreali stilizzati.
Molti nomi per un solo stile
Il liberty nacque a Parigi (che in un certo senso ne restò la “capitale”) tra il 1880 e il 1890, ma si diffuse ben presto in tutta Europa, negli Stati Uniti e nei paesi sudamericani soprattutto grazie alle Esposizioni Universali, che durante la Belle Époque assunsero proprio il fondamentale ruolo di “vetrina” di tutte le innovazioni scientifiche, tecnologiche, artistiche e culturali prodotte da ciascun paese. Nel corso della sua diffusione, pur mantenendo un carattere sostanzialmente unitario, si separò in numerose correnti e scuole regionali, che assunsero nomi diversi a seconda del paese. In Francia si chiamò ad esempio Art Nouveau (cioè “arte nuova”, per sottolinearne il carattere di rottura con i linguaggi artistici precedenti), nei Paesi Bassi Nieuwe Kunst e in Italia stile floreale, arte nuova o appunto stile liberty, un nome derivato dall’imprenditore Arthur Lasenby Liberty, che nel 1875 aprì a Londra un grande magazzino specializzato nella vendita al dettaglio di articoli importati dall’Estremo Oriente. In Germania il nuovo stile fu invece noto come Jugendstil (letteralmente “stile giovane”, dal nome della rivista Jugend – appunto giovinezza – fondata a Berlino nel 1886); mentre a Vienna diede vita addirittura a un movimento separato noto come Secessione Viennese (in tedesco Wiener Sezession), fondato da 19 artisti (tra cui Gustav Klimt) che nel 1898 si separarono dall’Accademia di Belle Arti con un’associazione separata: proprio per questo fatto, il liberty austriaco è noto come Sezessionstil. In Gran Bretagna infine la situazione appare più complessa, perché lo stile liberty si sovrappose largamente al movimento Arts and Krafts (letteralmente “arte e mestieri”), nato nella seconda metà dell’800 soprattuttoallo scopo di valorizzare i saperi artigianali e la creazione di oggetti unici ad alto pregio estetico e decorativo, quale rifiuto e alternativa alla nascente produzione di massa su scala industriale.Un’ipotesi di periodizzazione dello stile liberty
Nelle sue varie declinazioni, il liberty restò di moda per quasi cinquant’anni, dal 1885 al 1930 circa, quando venne definitivamente soppiantato dall’Art Déco e dal Movimento Moderno. A mio parere – e almeno per quel che riguarda l’Italia – possiamo perciò distinguere tre periodi ben precisi:- Liberty precoce, dal 1885 fino al 1902 (anno dell’Esposizione Universale di Torino): si tratta delle prime realizzazioni nelle città più grandi (ad esempio Torino, Genova, Milano, Roma e Palermo) o nelle località di villeggiatura più alla moda come Riccione o Viareggio. In questa prima fase, il tipico linguaggio liberty tende spesso a sovrapporsi ad altri stili abbastanza simili come l’Eclettismo, il Purismo e i revival neomedievali.
- Liberty maturo, dal 1902 al 1920, in cui questo linguaggio si estese su vasta scala a tutte le arti, raggiungendo anche le città di provincia e le zone più arretrate.
- Tardo-liberty, dal 1920 ai primi anni ‘30, quando perse i propri caratteri più innovativi, cristallizzandosi in forme “di maniera” e contaminandosi con l’Art Dèco, per poi venire definitivamente soppiantato dell’architettura e della grafica razionaliste su iniziativa del Fascismo.
Le caratteristiche fondamentali dello stile liberty
Gli elementi più caratteristici dello stile liberty sono essenzialmente quattro:- l’uso di linee continue e forme sinuose (Figg. 1 e 2);
- la semplificazione e stilizzazione di elementi naturali, sia vegetali (soprattutto mazzi e festoni di fiori, cesti di frutta, girali vegerali, rami frondosi e motivi modulari con foglie e fiori – Figg. 3 e 4) che animali (in particolare uccelli come cigni, pavoni, gru, anatre, aironi e pappagalli – Fig. 5);
- la ricca policromia ed esuberanza cromatica, identificabile nell’uso di campiture a tinte piatte – in colori puri e vivaci o nelle assai più delicate nuance pastello – con evidenti bordi neri (Figg. 6 e 7);
- l’affermazione di un modello di figura femminile eterea e molto idealizzata (Fig. 6), con forme esili e sinuose, lunghi capelli ondulati e carnagione quasi bianca.
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- Le vetrate decorate policrome, che nel periodo liberty possono essere costruite secondo la classica tecnica medievale (cioè assemblando vari tasselli di vetro colorato, traslucido o trasparente, con listelli di ferro o piombo – Figg. 6 e 8), oppure dipingendo con gli appositi colori per vetro piccole lastrine di vetro trasparente: le vetrate di inizio ‘900 visibili ad esempio nella Posta Centrale di Siena (Figg. 9 e 10) sono del secondo tipo.
- Lo sgraffito, che – rispetto agli esemplari rinascimentali con la tipica bicromia bianco-nera della tecnica vasariana – ostentano spesso una ricca policromia di tre o più colori spesso assai vivaci. Un edificio nel centro storico di Riccione databile al 1920-1925 circa conserva ad esempio uno splendido intonaco a sgraffito con ben cinque colori (Fig. 11): rosa, nero, giallo ocra, rosso scuro e un azzurro cielo particolarmente intenso.
- Il mosaico, che nelle sue declinazioni più estrose e innovative assunse spesso l’aspetto del trencadìs, un particolare rivestimento ottenuto dall’accostamento con giunti di malta volutamente larghi e grossolani di frammenti irregolari di vetro, maiolica, specchio o porcellana, spesso ricavati dalla rottura (voluta o accidentale) di piastrelle, tazze, bottiglie, piatti o vas. Questa tecnica è tipica in particolare delle opere dell’architetto catalano Antony Gaudì, tra cui ad esempio Parc Güell o Casa Batlló (Fig. 13).
Lo stile Liberty in architettura
Il liberty si estese quasi subito agli edifici con qualsiasi destinazione d’uso: oltre infatti alle classiche villette e palazzine con cui vennero costruiti innumerevoli quartieri residenziali largamente ispirati alla “città giardino” di Ebenezer Howard, vennero costruiti in questo stile anche molti negozi e grandi magazzini (come ad esempio i Magazzini Duilio 78 di Viareggio, alberghi, caffè-ristoranti (tra cui ad esempio la Palazzina Majani di Bologna), stabilimenti balneari, teatri, ospedali e perfino edifici industriali come la Manifattura Tabacchi di Bologna (Fig. 14) o la centrale idroelettrica Taccani a Trezzo sull’Adda.
Particolare della facciata principale della Manifattura Tabacchi di Bologna (1906), un classico esempio di edificio industriale in stile liberty
L’architettura Liberty e i nuovi materiali
L’architettura liberty adottò immediatamente e fece largo uso dei nuovi materiali “moderni” e industriali, sia in forma palese, sia come struttura portante da nascondere alla vista. Quest’ultimo è ad esempio il caso del cemento armato, in particolare del pionieristico “sistema Hennebique” inventato dall’omonimo inprenditore francese e brevettato a Torino nel 1894 dall’ingegnere italiano Giovanni Antonio Porcheddu: questo sistema costruttivo fu particolarmente importante, perché insieme alle strutture in ghisa e acciaio rese possibile la costruzione delle ardite forme curvilinee e la realizzazione delle ampie bucature tondeggianti tipiche in particolare degli edifici commerciali e ricreativi. In altri casi la struttura portante, soprattutto in ghisa o acciaio, venne invece lasciata in vista, divenendo un elemento caratterizzante dell’architettura. Lo si nota ad esempio nei due ordini di balconate che circondano completamente la piazza coperta della Sala Borsa di Bologna o in una delle architetture liberty più famose in assoluto, la Casa Van Eetvelde a Bruxelles, costruita nel su progetto dell’architetto belga Victor Horta nel 1895. Ghisa e acciaio ebbero inoltre un ruolo fondamentale nella costruzione di serre, gazebo, tettoie e pensiline: in via Rizzoli a Bologna ne resta un bellissimo esemplare (Fig. 15), purtroppo seriamente danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale da un bombardamento aereo, che causò la perdita quasi completa dell’originario tamponamento di vetri colorati.
Bologna, via Rizzoli: pensilina liberty in ferro battuto e vetri colorati, purtroppo pesantemente danneggiata da un bombardamento aereo durante la Seconda Guerra Mondiale

Esempio di pavimento in cementine liberty con le tipiche decorazioni floreali