Architettura

I dissesti delle strutture in legno: modalità di riconoscimento

Guida ai dissesti, al degrado e ai difetti costruttivi di portici, solai e capriate in legno. Esempi reali, partendo da Bologna
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I dissesti delle strutture in legno: modalità di riconoscimento
Il legno è uno dei materiali costruttivi maggiormente utilizzati nell’edilizia storica, non solo per l’esecuzione di capriate, orditure portanti delle coperture, solai e false volte, ma anche per la costruzione di interi edifici con l’opus craticium o tecnica a graticcio. Riconoscere i dissesti e i difetti di esecuzione delle strutture in legno è perciò fondamentale allo scopo di predisporre interventi di manutenzione e consolidamento rispettosi dei principi del restauro. In questo articolo, che ovviamente non ha pretese di completezza dato il poco spazio a disposizione, vediamo quindi alcuni casi studio particolarmente istruttivi.

I problemi strutturali dei portici medievali in legno

I portici medievali di Bologna, databili tra la seconda metà del XIII e la prima metà del XIV secolo, sono molto significativi perché tra i pochissimi edifici medievali in legno tuttora esistenti in Italia Il loro sistema costruttivo, estremamente raffinato, dimostra una conoscenza perfetta del comportamento strutturale di questo materiale. Le loro caratteristiche principali (Foto 1 e 2) sono infatti:
  • pilastri costituiti da montanti verticali molto snelli con altezza di uno o due piani, sezione quadrata e lavorazione artigianale a sega ed ascia;
  • sommità dei pilastri rinforzata da due saettoni obliqui (uno solo nei pilastri a ciascuna estremità del portico con contestuale raddoppio dei montanti di testata) per ridurre la luce libera di inflessione della trave di bordo e prevenire il fenomeno dell’instabilità per carico di punta;
  • alcune porzioni della trave di bordo del solaio sovrastante raddoppiate da grossi dormienti per ripartire i carichi verticali;
  • fondazioni su plinti di selenite o più raramente calcare per evitare che l’umidità del terreno facesse marcire la base dei pilastri; in alcuni casi i plinti appaiono sostituiti da muretti con cimasa in selenite.
Oltre al solaio, sulla trave di bordo si appoggiava in falso anche la muratura dei piani superiori, normalmente in mattoni pieni a una o due teste, oppure assai più raramente con struttura a graticcio tamponata con mattoni o pietrame. Ovviamente una simile struttura risulta molto vulnerabile a causa dalle proprie caratteristiche intrinseche e all’esposizione molto prolungata alle intemperie.

I danni da insetti

Alcuni problemi sono comuni anche ad altre carpenterie lignee come solai e coperture: tra essi abbiamo i danni da insetti xilofagi (termiti e tarli), la marcescenza indotta dalla carie bruna o bianca (che nei portici colpisce soprattutto la base dei pilastri), la perdita di connessione tra le parti e il fluage o deformazione viscosa degli elementi orizzontali. Si tratta di un fenomeno assai comune nelle travi in legno sottoposte flessione per periodi molto prolungati e consiste nell’eccessiva incurvatura dell’elemento, spesso chiaramente percepibile anche ad occhio nudo (Foto 3): nei portici il problema riguarda soprattutto la trave di bordo, i travetti del solaio sovrastante e in misura decisamente minore i dormienti (Foto 4). La flessione della trave di bordo comporta inoltre la comparsa di lesioni a taglio diagonale (chiaramente riconoscibili per la loro tipica inclinazione di circa 45°) nella facciata dell’edificio, perché la muratura di mattoni, dotata di scarsa resistenza a trazione e poco elastica, non riesce ad assecondare il movimento della trave e si lesiona. I pilastri e i saettoni sono invece soggetti a instabilità per carico di punta a causa della loro sezione eccessivamente snella. Si tratta di un dissesto comune a molti portici di questo tipo, che in passato veniva risolto riducendo l’entità dei carichi e l’interasse dei montanti con l’inserimento di pilastri rompitratta: lo si nota molto bene ad esempio nella Casa Isolani (Foto 5). Un problema più insidioso è infine la vulnerabilità sismica di questo tipo di edifici: il piano terra, poco rigido pa causa del portico, risulta infatti poco rigido, mentre la facciata, impostata in falso sulla trave di bordo e non adeguatamente vincolata, in caso di sollecitazioni perpendicolari potrebbe facilmente ribaltarsi (meccanismi di danno di I modo).

Dissesti e difetti costruttivi dei solai in legno

I dissesti più comuni dei solai in legno riguardano generalmente la trave maestra e sono dovuti alla scelta di un tronco non adatto per la presenza di fibre deviate o repentini cambi di sezione (Foto 6), cipollature o un eccessivo numero di nodi: sono dunque situazioni più comuni negli edifici poveri, perché in chiese e palazzi gentilizi il materiale veniva scelto e lavorato con molta più cura.

Photogallery

Tali difetti creano pericolose soluzioni di continuità e concentrazioni delle sollecitazioni in direzioni anomale, con conseguente formazione di lesioni e rotture a flessione: questi danni non vanno però confusi con le molto più comuni fessure da ritiro, del tutto fisiologiche e non pericolose. Distinguerle non è però un problema, perché le lesioni da ritiro hanno una sezione triangolare chiaramente percepibile e uno sviluppo rettilineo e parallelo alla direzione delle fibre (Foto 7). Le rotture a flessione presentano invece margini frastagliati e andamento verticale o inclinato tendenzialmente perpendicolare alla fibratura.

Le travi in legno con punti di rottura

Inoltre, la rottura di una trave viene spesso segnalata da antichi interventi di consolidamento consistenti in cerchiature o fasciature con piattine di ferro direttamente inchiodate alla trave: un esempio emblematico di questa pratica si nota nelle Foto 8 e 9 relative ad una trave soggetta a vari (e inutili) tentativi di riparazione. Le cerchiature venivano spesso utilizzate anche per consolidare o riparare le estremità delle membrature secondarie come cantonali, saettoni o rompitratta che venivano ancorati all’orditura principale mediante chiodi infissi alla traditora, cioè obliquamente rispetto alle fibre (Foto 10): in questi casi erano infatti comuni fenomeni di rifollamento dei fori con espulsione del chiodo e conseguente cedimento del nodo, oppure la formazione di lunghe fessure dovute alla separazione delle fibre. In corrispondenza delle teste di travi e capriate, o più precisamente degli incavi nella muratura destinati a contenerle, si creano invece le condizioni ideali per la formazione della carie bruna o a cubetti, così chiamata perché il legno, privato della cellulosa, si degrada creando un fitto reticolo di lesioni ortogonali. Il responsabile è un fungo appartenente alla divisione dei Basidiomiceti, che prolifica in punti molto umidi e si nutre di lignina e cellulosa. I danni sono devastanti: il legno malato assume infatti una consistenza spugnosa e marcescente perdendo quasi interamente la propria resistenza meccanica. Poiché inoltre il fungo attacca zone difficilmente raggiungibili, l’infestazione viene scoperta quasi sempre a uno stadio molto avanzato o addirittura in seguito al cedimento dell’elemento costruttivo. Un ultimo dissesto assai caratteristico riguarda infine i solai alla toscana, in cui il tavolato strutturale è sostituito da uno scempiato di mezzane in cotto. Queste, dotate di scarsa resistenza a trazione, a lungo andare tendono a spezzarsi (Foto 11) oppure, essendo semplicemente appoggiate sui travetti, a cadere in caso di loro assestamento. Un simile dissesto, riguardante una sola fila di mezzane, si nota nella Foto 12: l’antica riparazione, grossolana ma efficace, ha previsto il bloccaggio delle mezzane pericolanti mediante un lungo tavolone infilato nel tamponamento in scaglie di mattoni che regolarizza il lato superiore di una delle travi, quindi inserito in un alloggiamento ricavato nella muratura e infine sostenuto all’altra estremità da uno spezzone di travetto inchiodato al fianco di una trave.

Dissesti e difetti costruttivi delle capriate

Anche le capriate presentano numerosi dissesti e difetti costruttivi molto caratteristici che vedremo grazie a quattro casi studio. Il primo di essi riguarda una piccola porzione della copertura di un importante edificio seicentesco sostenuta da tre capriate semplici con monaco di luce non elevata (circa 6 metri). Le capriate, di fattura molto grossolana, sono formate da semplici tronchi assemblati con giunzioni a intaglio, senza l’apparente uso di chiodi alla traditora. Alcune parti sono inoltre di recupero, come dimostra la presenza di un incavo nel puntone di una capriata forse destinato all’appoggio del travetto di un solaio (Foto 13). Si notano anche gravi difetti di esecuzione che hanno causato alcuni dissesti localizzati:
  • puntoni con fibre molto deviate o restringimenti di sezione con conseguente formazione di lesioni che mettono a rischio la stabilità della capriata (Foto 13).
  • uno dei monaci costituito da un tronco visibilmente inclinato;
  • monaco con intagli per i puntoni a due quote differenti con conseguente creazione di un momento flettente localizzato (Foto 14);
  • intagli per i puntoni non perfettamente combacianti con questi, con conseguente allentamento del nodo, formazione di soluzioni di continuità e abbassamento del monaco (Foto 15);
  • nodo puntone-catena esterno alla muratura, con formazione di sollecitazioni di flessione nella catena (Foto 16);
  • nodo puntone-catena con intaglio per il puntone non a regola d’arte con conseguente parziale rottura della catena, scorrimento del puntone sulla medesima e creazione di spinte orizzontali localizzate sulle murature perimetrali (Foto 17).

Interventi sbagliati

A questi dissesti si è cercato di rimediare con due interventi errati:
  1. rinzeppatura dello spazio tra monaco e catena con tavolette e cunei di legno, probabilmente a causa dell’abbassamento del monaco in seguito all’allentamento del nodo con i puntoni dovuto a un’evidente rottura del puntone destro (Foto 15);
  2. legatura del nodo puntone-catena con una reggetta metallica ad U inchiodata sui fianchi della catena (Foto 17): è un intervento sostanzialmente inefficace nel medio-lungo periodo perché la reggetta, non essendo una cerchiatura completa, tende ad aprirsi in seguito al cedimento delle fibre del legno in corrispondenza dei chiodi di fissaggio (rifollamento dei fori) e alla deformazione del ferro a dovuta alla trazione a cui è sottoposto.

Foto 18 – In queste capriate incrociate sono evidenti alcuni difetti costruttivi: a) catena formata da due elementi uniti con un giunto a dardo di Giove privo delle consuete cerchiature metalliche, che ha comportato l’apertura del giunto (quadrato giallo); b) intagli per l’appoggio dei puntoni a quote diverse (cerchio viola), con formazione di un momento flettente e conseguente inclinazione del monaco (freccia verde)

Foto 19 – Il nodo puntone-catena esterno alla muratura ha causato la flessione della catena e la conseguente rottura del nodo in corrispondenza dell’intaglio per l’alloggiamento del puntone

I casi delle capriate palladiane

Il secondo caso è la copertura di una torre con due capriate palladiane disposte perpendicolarmente con il monaco in comune. Anche in questo caso si notano alcuni difetti costruttivi che hanno provocato dei dissesti (Foto 18):
  • i saettoni troppo snelli sono potenzialmente soggetti al fenomeno dell’instabilità per carico di punta;
  • una delle due catene è costituita da due elementi uniti in mezzeria con un giunto a dardo di Giove, una soluzione abbastanza consueta nelle catene molto lunghe che prevede anche due cerchiature in ferro qui del tutto assenti: la normale trazione della catena ha perciò causato l’apertura del giunto;
  • gli intagli per l’appoggio dei puntoni si trovano a quote diverse, con formazione di un momento flettente e conseguente inclinazione del monaco particolarmente accentuata;
  • il nodo puntone-catena esterno alla muratura ha causato la flessione della catena con rottura del nodo in corrispondenza dell’intaglio per l’innesto del puntone (Foto 19).
Il terzo caso riguarda invece una serie di capriate palladiane databili al 1920 circa in buono stato di conservazione ma con un’evidente irregolarità: l’abbassamento del colmo della copertura con drastica diminuzione dello spazio tra monaco e catena (Foto 20). Anche in questo caso il difetto è probabilmente dovuto all’errata esecuzione del nodo catena-puntone. Il quarto caso è infine la carpenteria lignea – molto elaborata ma con gravi difetti costruttivi – di un’abitazione rurale emiliana dei primi anni del XX secolo.

Analisi delle giunzioni

Il tetto è a due falde con muro di spina decentrato. Le capriate, di tipo semplice in tronchi a sezione grosso modo circolare, sono dunque sottoposte a un carico asimmetrico e si caratterizzano per la presenza di un falso puntone che, appoggiandosi sul monaco, prosegue la falda della copertura. I due falsi puntoni hanno lunghezze differenti: quello più breve grava infatti sul monaco delle capriate, mentre quello più lungo copre l’intera larghezza della falda (Foto 21). La loro giunzione è ottenuta semplicemente tagliando i due pezzi in verticale e fissandoli con chiodi alla traditora. Anche il nodo tra il monaco, il puntone della capriata e il falso puntone non è eseguito a regola d’arte, perché quest’ultimo risulta semplicemente tagliato obliquamente senza alcun incastro o dispositivo di fissaggio (Foto 22). Questa tipologia di copertura comporta una serie di dissesti caratteristici soprattutto in corrispondenza del monaco. L’appoggio del falso puntone provoca infatti una spinta orizzontale dovuta alla componente orizzontale dei carichi gravanti sullo stesso (peso proprio + peso dell’orditura secondaria e del pacchetto di copertura + eventuale carico neve) e alla sua tendenza a scivolare verso il basso per semplice gravità. Il risultato è un’evidente rotazione del monaco, che tende a disporsi obliquamente. In caso di sollecitazioni particolarmente intense e in presenza di difetti del legno come nodi o ampie fessure da ritiro, si può verificare anche uno schiacciamento localizzato, facilmente riconoscibile per la perdita della geometria originaria dell’intaglio dei puntoni e l’evidente deformazione con perdita di parallelismo delle fibre (Foto 22 e 23). La mancanza della staffa di collegamento tra il monaco e la catena provoca invece il disassamento della capriata, con conseguente dislocazione del monaco rispetto alla catena e perdita di complanarità. In questa carpenteria il disassamento delle capriate è progressivo e denota il loro accatastamento (cioè la perdita di verticalità) in un unica direzione, forse in seguito alle sollecitazioni orizzontali del terremoto del 2012. BibliografiaConservation of Historic wooden structures, Volume 1, a cura di Gennaro Tampone, Firenze, Collegio degli Ingegneri della Toscana, 2005. – Conservation of Historic wooden structures, Volume 2, a cura di Gennaro Tampone, Firenze, Collegio degli Ingegneri della Toscana, 2005. – TAMPONE GENNARO, Atlante dei dissesti delle strutture lignee, Firenze, Nardini, 2016.
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