Architettura

I 5 principi del Movimento Moderno secondo Le Corbusier

Tre avvertenze e cinque principi per codificare l’architettura moderna secondo Le Corbusier: alert su volume, superficie e pianta
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I 5 principi del Movimento Moderno secondo Le Corbusier

Il Movimento Moderno è una corrente architettonica e progettuale che si sviluppò subito dopo la I Guerra Mondiale come diretta conseguenza degli stravolgimenti politici, sociali, economici, tecnologici e culturali innescati dal conflitto. Il suo messaggio principale fu infatti di completa rottura e sovvertimento del linguaggio preesistente, in particolare dello stile liberty con cui continuò a convivere e confrontarsi per altri 10-15 anni.

Le origini del Movimento Moderno

I fattori principali che contribuirono al suo sviluppo e codificazione sono essenzialmente tre:

  1. Il progresso tecnologico e scientifico, in particolare nei settori correlati maggiormente con l’industria bellica come i trasporti e le costruzioni. La definitiva affermazione dell’aeroplano e del dirigibile come mezzi di trasporto affidabili e sicuri, e soprattutto il perfezionamento dei profilati di acciaio e del calcestruzzo armato (che avevano trovato applicazioni validissime nella costruzione di trincee, bunker, ponti, porti, caserme e campi d’aviazione) contribuirono infatti alla nascita di una nuova sensibilità architettonica lineare e priva di ornamenti, che non a caso Le Corbusier definì “estetica dell’ingegnere”.
  2. Una massiccia industrializzazione della società, che a sua volta comportò la nascita di nuove esigenze e stili di vita. In particolare, fu necessario costruire rapidamente case funzionali, salubri, spaziose e soprattutto a basso costo per le masse di profughi civili o di immigrati dalle campagne in cerca di una nuova occupazione. Vennero perciò ricostruiti i centri urbani distrutti o danneggiati dalla guerra, ampliati quelli esistenti e fondati ex novo interi quartieri o cittadine, suscitando un vivace dibattito tra architetti, ingegneri e pianificatori: per la prima volta si pose infatti molta attenzione nella previsione di ampi spazi verdi e dotazioni collettive (soprattutto asili, scuole, chiese, palestre, mercati e centri polifunzionali di quartiere), mentre nascevano tipologie edilizie sostanzialmente nuove come i cinema e le “case del popolo”. Alcuni progetti di Le Corbusier – tra cui ad esempio la “Ville Radieuse”, il “Plan Voisin” per il centro di Parigi, la Maison Domino o la Maison Citrohan – richiamano anche nel nome proprio la loro rispettiva vocazione di nuove utopie urbane o case standardizzate da costruire in serie.
  3. L’affermarsi delle nuove avanguardie artistiche, in particolare la scuola del Bauhaus fondata a Weimar nel 1919, l’astrattismo inventato da Vasilij Kandinskij nel 1913, il De Stiji fondato nel 1917 e il Costruttivismo che si affermò nella neonata Unione Sovietica subito dopo la rivoluzione socialista. A queste correnti artistiche si devono in particolare il definitivo superamento dell’ornamento fine a se stesso (tipico ad esempio dello stile liberty) e una decisa sperimentazione nell’uso e accostamento di forme semplici e colori puri; alla scuola del Bauhaus è invece sostanzialmente dovuta l’invenzione dell’attuale concetto di “industrial design”.
  4. La teorizzazione dell’architettura moderna

Tra i pionieri e maggiori esponenti dell’architettura moderna troviamo Adolf Loos, Walter Gropius, Ludwig Mies van der Rohe, Frank Lloyd Wright e ovviamente Charles-Édouard Jeanneret-Gris detto Le Corbusier, a cui si deve anche una prima – basilare – codificazione degli elementi costitutivi della nuova corrente.
Le riflessioni critico-teoriche di Le Corbusier sono contenute in due testi fondamentali e decisamente innovativi, presto diventati dei veri e propri manifesti del Movimento Moderno: Vers une architecture (verso un’architettura) del 1923 e Cinq points d’une architecture nouvelle (i cinque punti di una nuova architettura), scritto nel 1926 insieme al cugino Pierre Jeanneret.
Ad essi si aggiunse anche l’Esprit Nouveau (lo spirito nuovo), un’importante rivista sull’arte e l’architettura francese pubblicata a Parigi tra il 1920 e il 1925 da Le Corbusier insieme al pittore Amédée Ozenfant e al poeta Paul Dermée.

Le tre (+ 1) “avvertenze agli architetti”

É in Verse une architecture che compare la prima – vera – riflessione teorica sul ruolo, la natura e il linguaggio dell’architettura moderna.
In questo libro Le Corbusier descrive infatti il rapporto antitetico (ma complementare) tra “l’estetica dell’ingegnere”, cioè le forme esatte e rigorose degli edifici industriali come silos e cisterne – piacevoli alla vista in quanto dettate unicamente dalla destinazione d’uso – e i “mausolei celebrativi” progettati dagli esponenti “dell’Accademia”, cioè dagli architetti più conservatori.

Di conseguenza, Le Corbusier predispone tre avvertenze per gli architetti [il maiuscolo è del testo originale – ndr]:

“Il VOLUME, per il quale ai sensi è dato di percepire e misurare il tutto.
La SUPERFICIE, che avvolge il volume che può distruggerne la sensazione o amplificarla.
La PIANTA, che genera il volume e la superficie e dalla quale tutto è determinato irrevocabilmente.
Poi, ancora per l’architetto, abbiamo scritto i “TRACCIATI REGOLATORI”, mostrando così uno dei mezzi con cui l’architettura raggiunge quella pratica matematica che ci dà la percezione felice dell’ordine”.

Nel proseguimento del testo, ciascuno di questi principi viene approfondito e precisato attraverso alcuni aforismi, esempi, schizzi e fotografie.

Il rapporto tra volume, superficie, pianta e tracciati regolatori secondo Le Corbusier

Apprendiamo dunque che “l’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce”, e che i risultati migliori si ottengono con le forme primarie, cioè cubi, coni, sfere, piramidi e cilindri; mentre la superficie, divisa secondo le linee generatrici di ciascun volume, deve farne risaltare l’individualità specifica.
Compaiono inoltre le prime indicazioni formali per l’esecuzione delle bucature: “In altre parole un’architettura è una casa, un tempio, un’officina, indifferentemente. La superficie del tempio o dell’officina è per lo più un muro forato da porte e finestre; questi buchi sono spesso distruzione di forma; bisogna farne elementi di esaltazione della forma. Se l’essenziale dell’architettura sono sfere, coni e cilindri, gli elementi che generano e fanno risaltare queste forme hanno alla base la geometria pura”.
A loro volta, volume e superficie sono mediati, relazionati e generati dalla pianta, perché “La pianta sta alla base. Senza pianta non c’è né grandezza di intenzione e di espressione, né ritmo, né volume, né coerenza. Senza pianta c’è una sensazione insopportabile di cosa informe, di povertà, di disordine, di arbitrio”. La pianta può instaurare tre relazioni distinte: uguaglianza (derivata a sua volta dalla simmetria o dalla ripetizione meccanica dello stesso modulo); compensazione, basata sul movimento dei contrari; o infine la modulazione con sviluppo di un’invenzione plastica iniziale.
A queste tre “avvertenze” se ne aggiunge però una quarta: il tracciato regolatore, che – come dice il nome – ha il compito principale di attribuire all’architettura un rapporto sottile e armonioso, cioè di generare l’euritmia. Il tracciato regolatore si applica dunque soprattutto alla pianta e alle superfici, in particolare di facciata: la sezione aurea con cui è stato progettato il Partenone ne è un ottimo esempio. Perciò, “La scelta di un tracciato regolatore è uno dei momenti decisivi dell’ispirazione, è una delle operazioni fondamentali dell’architettura”.

I cinque principi dell’architettura moderna

Le tre (+ 1) “avvertenze agli architetti” trovano un’ideale specificazione e completamento nei cinque principi dell’architettura moderna, che sono precisamente:

  • i pilotis;
  • il tetto piano (toit-terrasse);
  • la pianta libera (plan libre);
  • la finestra a nastro (fenêtre en bandeau);
  • la facciata libera (façade libre).

Ciascuno di essi, sebbene inizialmente proposti da Le Corbusier, è stato immediatamente adottato anche dagli altri maggiori esponenti del Movimento Moderno, e validamente impiegato nei loro progetti più rappresentativi.
Nella sede del Bauhaus di Dessau – un edificio scolastico di nuova concezione progettato nel 1925-1926 da Walter Gropius e ormai vera e propria icona del movimento moderno – vediamo infatti l’applicazione su vasta scala del tetto piano, delle finestre a nastro e (in misura sensibilmente inferiore) dei pilotis; mentre nella celeberrima Casa sulla Cascata (nota anche come Casa Kaufmann o Fallingwater) di Wright dominano la pianta libera, la facciata libera e ancora una volta il tetto-terrazza. Gli stessi principi vennero però applicati (ed estremizzati) anche nel Padiglione Tedesco per l’esposizione universale di Barcellona nel 1929, in cui Mies van der Rohe giunse letteralmente a smaterializzare le facciate con l’uso di grandi superfici completamente vetrate.

I cinque principi hanno una precisa ragion d’essere nella riflessione teorica alla base del Movimento Moderno, e sono resi possibili dall’adozione del sistema costruttivo a travi e pilastri di calcestruzzo armato. In particolare:

I pilotis sono dei pilastri di cemento armato a sezione piuttosto sottile che – svincolando la struttura dalle pareti – rendono materialmente possibile l’adozione della pianta libera e soprattutto isolano l’edificio dal suolo, rendendo possibile una diversa destinazione d’uso del terreno, anche sotto gli edifici. Infatti, come sottolinea Le Corbusier “Il cemento armato rende possibili i pilotis. La casa è nell’aria, lontano dal terreno; il giardino passa sotto la casa, il giardino è anche sopra la casa, sul tetto”. Oltre che nella celeberrima Ville Savoye, i pilotis furono previsti da Le Corbusier ad esempio anche nel progetto (non realizzato) per il palazzo della Società delle Nazioni di Ginevra, in cui avrebbero dovuto facilitare il traffico automobilistico e l’accesso diretto all’edificio dei delegati.

L’ultima frase della citazione (“il giardino è anche sopra la casa, sul tetto”) è naturalmente un riferimento diretto al secondo principio, appunto il tetto piano o più precisamente il tetto-terrazza, destinato sia a funzioni pratiche (raccogliere l’acqua piovana per il successivo riutilizzo e, con l’impiego di un manto erboso, contribuire alla coibentazione termica dell’edificio), sia ricreative, appunto ospitando un piacevole giardino pensile con prati, fiori e cespugli.

La pianta libera, resa possibile dall’adozione di una maglia strutturale di travi e pilastri in sostituzione dei muri portanti tradizionali, è invece fondamentale per conseguire la flessibilità e libertà compositiva richieste dal nuovo stile di vita proposto nell’edilizia residenziale di Le Corbusier. Infatti, sia le grandi ville private, che le casette unifamiliari costruite in serie o gli enormi caseggiati in linea dell’Immeuble Villas o dell’Unité d’Habitation prevedevano ampie zone giorno, pensate come spazi di vita comuni per tutti i membri della famiglia, in antitesi a camere da letto e studioli più intimi e raccolti.

La finestra a nastro e la facciata libera sono infine intimamente correlate, perché l’una non può esistere senza l’altra: anche in questo caso, lo scopo principale è smaterializzare l’involucro dell’edificio, favorendo l’illuminazione e ventilazione naturale degli interni e la compenetrazione visiva dentro/fuori.

Bibliografia
Le Corbusier, P. Jeanneret, Les 5 points d’une architecture nouvelle, in Le Corbusier – Œuvres complètes1910-1929, Erlenbach – Zurich, Les Éditions d’Architecture, 1937, p. 128.
Le Corbusier, Verso un’architettura, Milano, Longanesi & C., 1984.

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