Architettura

Barriere architettoniche e tutela dei beni culturali: la guida

Guida sul rapporto complesso che deve tutelare esigenze spesso in reciproco conflitto: fruizione del bello e barriere architettoniche: come intervenire?
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Barriere architettoniche e tutela dei beni culturali: la guida
Il tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche non riguarda solo i fabbricati recenti, ma anche quelli vincolati come beni culturali ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004. Il problema si pone infatti sia per gli edifici residenziali e in particolare per i condomini, sia per quelli con funzioni pubbliche come scuole, ospedali, chiese, musei e uffici statali: per questi ultimi è anzi richiesta l’accessibilità, cioè il requisito prestazionale più alto tra quelli previsti dalle legge n. 13/1989. Inoltre, grazie a una maggiore sensibilizzazione sul tema delle esigenze dei disabili, si pone particolare attenzione alla creazione di percorsi fruibili da persone con ridotta o impedita capacità motoria anche in contesti sfavorevoli come giardini storici, parchi naturali e aree archeologiche.

Barriere architettoniche e tutela dei beni culturali, un rapporto complesso

Si tratta di un problema assai complesso, che deve conciliare esigenze spesso contrastanti: l’abbattimento delle barriere architettoniche richiede infatti quasi sempre l’installazione di impianti invasivi, mentre il restauro architettonico trova nel concetto di “minimo intervento” uno dei suoi principi base.

Foto 1 – Tutela dei beni culturali e superamento delle barriere architettoniche, un problema complesso (qui, l’ingresso del Louvre di Parigi)

Una buona soluzione consiste quindi nell’applicare anche a questa classe di interventi i principi del restauro di compatibilità e reversibilità scegliendo impianti e strutture prefabbricare da montare a secco (e dunque maggiormente reversibili) ed evitando materiali incongrui come la malta cementizia e il calcestruzzo armato. Se possibile, bisogna inoltre localizzare rampe, ascensori e montascale nelle parti di edificio prive di decorazioni o di minore pregio per minimizzarne l’impatto estetico e funzionale e non alterarne irreversibilmente lo schema statico e l’impianto planimetrico. Tuttavia la questione è riconosciuta anche dallo stesso Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ha emanato alcune Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale specificamente destinate ai progettisti degli interventi di tutela e ai funzionari preposti alla loro approvazione e sorveglianza.

Le linee guida per il superamento delle barriere architettoniche del MIBAC

Il contenuto delle Linee Guida è complesso e variegato: nella prosecuzione dell’articolo ne vedremo alcuni punti chiave. Per prima cosa, l’eliminazione delle barriere architettoniche (al pari di altri temi fondamentali come il rispetto dell’autenticità del costruito storico, la sicurezza statica e sismica o l’efficienza energetica) viene considerata parte integrante del cosiddetto “restauro integrato”, cioè della tutela e valorizzazione del bene culturale finalizzati al suo inserimento nel tessuto sociale e alla sua piena fruizione da parte di tutti, e non solo alla conservazione fine a se stessa. Ne discende che il superamento delle barriere architettoniche dev’essere previsto fin dalla prima fase del progetto di restauro, cioè dalle indagini conoscitive preliminari che – se ben studiate e indirizzate – possono fornire un contributo progettuale molto significativo.

Lo studio è la base di tutto

Il rilievo geometrico, approfondite ricerche d’archivio, lo studio del tipo edilizio, l’esecuzione di saggi stratigrafici e la lettura delle fasi costruttive consentono infatti di riconoscere le zone dell’edificio che hanno subito le maggiori alterazioni o risultano ormai prive di decorazioni e altri elementi di pregio storico, artistico e culturale, consentendovi l’esecuzione degli interventi più invasivi come l’installazione di ascensori o piattaforme elevatrici, la costruzione di rampe, l’inserimento di nuovi servizi igienici e la modifica di vani scale o percorsi preesistenti. Anche la scelta della destinazione d’uso deve conformarsi a questi principi, perché il livello di accessibilità richiesto cambia drasticamente: per un edificio residenziale occorre infatti soddisfare il requisito dell’accessibilità; mentre un museo dev’essere accessibile, cioè in grado di consentire la visita in autonomia e sicurezza anche a persone con disabilità fisiche, cognitive o sensoriali (permanenti o temporanee) oppure con semplici difficoltà (anziani, bambini, turisti stranieri che non conoscono la lingua, genitori con passeggini).

Barriere architettoniche e universal design

Molto promettente è inoltre il concetto di “universal design” (letteralmente “progettazione per tutti”), che sostituisce al principio dell’accessibilità quello dell’inclusività. Secondo questo approccio, la creazione di soluzioni dedicate ai disabili come bagni speciali, accessi separati o il superamento dei dislivelli verticali attraverso montascale crea infatti una situazione di ghettizzazione, finendo col far sentire (e considerare dagli altri fruitori) il disabile come un diverso. Si tratta dunque di superare i tradizionali livelli prestazionali delle normative creando soluzioni fruibili da tutti tramite l’applicazione di alcuni semplici principi:
  • Uso equo, semplice e flessibile, cioè in grado di adattarsi a un’ampia gamma di preferenze ed abilità individuali, risultando utilizzabile dal maggior numero possibile di utenti indipendentemente dalle loro abilità cognitive, linguistiche e psico-sensoriali;
  • Percettibilità delle informazioni;
  • Tolleranza all’errore grazie all’adozione di materiali e soluzioni progettuali che minimizzano i rischi e le conseguenze negative di comportamenti imprudenti o inadeguati;
  • Contenimento dello sforzo fisico necessario per l’accesso e la fruizione dei servizi;
  • Predisposizione di misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso sicuro indipendentemente dalla statura, postura o mobilità dell’utilizzatore.
Ma come si applicano concretamente questi principi ad alcuni “luoghi culturali” per antonomasia, cioè i musei, le aree archeologiche e di interesse storico-naturalistico?

Un esempio concreto: il museo come “luogo accessibile”

Per quel che riguarda l’accessibilità dei musei il riferimento fondamentale da considerare è costituito dal Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali del 10 maggio 2001 “Atto di Indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei”, in cui si legge che il museo “deve risultare accessibile e fruibile in ogni sua parte pubblica dalla totalità dei visitatori”.

Foto 2 – Un bellissimo esempio di museo accessibile: il Guggenheim di New York progettato da Frank Lloyd Wright a metà del XX secolo

Non si tratta di un risultato facilmente attuabile, perché tali spazi sono collocati quasi sempre in edifici antichi a carattere monumentale, originariamente pensati e costruiti senza tenere conto delle esigenze delle persone con difficoltà motorie.

Ostacoli, dislivelli e lunghezze

Spesso il primo ostacolo si trova infatti già in corrispondenza dell’ingresso a causa della presenza di scaloni monumentali, androni e vestiboli con gradini o salite troppo ripide. Laddove possibile si possono superare queste difficoltà tramite l’adattamento delle strutture antiche, la costruzione di rampe anche a carattere provvisionale o l’installazione di piattaforme elevatrici. Un’altra opzione possibile riguarda invece la creazione di vari ingressi indipendenti, tuttavia evitando tassativamente la creazione di un ingresso secondario riservato unicamente ai disabili per non creare discriminazioni. Un altro aspetto fondamentale riguarda il superamento dei dislivelli verticali, attuabile generalmente con un ascensore o una piattaforma elevatrice che, se adeguatamente progettata, può costituire il segno architettonico caratterizzante di uno spazio.

Photogallery

Anche l’eccessiva lunghezza dei percorsi orizzontali, tipica soprattutto dei complessi museali più ampi e articolati, può causare difficoltà ad anziani, bambini piccoli, cardiopatici, persone con stampelle e donne in gravidanza: si può risolvere questo problema creando zone di riposo con panchine e poltroncine al centro delle sale principali, in cui riposarsi godendo di una visione generale delle opere in esposizione. Un’altra alternativa, che però presuppone la presenza di adeguati magazzini e personale addestrato, consiste nel mettere a disposizione di queste categorie di utenza delle sedie a rotelle.

La fruibilità per le persone ipovedenti

Per i ciechi e ipovedenti si possono invece creare percorsi dedicati formati da postazioni multimediali con riproduzioni o mappe tattili delle principali opere in esposizione, pannelli esplicativi con caratteri a rilievo, installazioni con spiegazioni sonore e servizi di audioguida, collegati da corsie di tappeto, stuoie o passerelle soprelevate (trasparenti per non occultare gli eventuali pavimenti decorati): le usuali linee guida in elementi prefabbricati a rilievo di gres porcellanato, pietra o calcestruzzo risultano infatti troppo invasive in questo tipo di edifici. Anche la predisposizione di un adeguato sistema di segnalazione composto da cartelli con scritte e pittogrammi sintetici e facilmente comprensibili risulta fondamentale per rendere accessibile a tutti lo spazio generalmente complicato di un museo.

No alla pericolosità

Un’importanza fondamentale va infine attribuita alla funzione principale del museo, cioè all’allestimento degli spazi espositivi: per favorire tutte le categorie di utenza occorre infatti predisporre vetrine e bacheche porta oggetti prive di elementi appesi o sporgenti, particolarmente pericolosi per ciechi e ipovedenti, o viceversa con piedi aggettanti verso l’esterno in grado di costituire intralcio e pericolo d’inciampo per anziani col bastone, persone con stampelle, disabili su sedia a ruote o mamme col passeggino. I ripiani non devono essere né troppo bassi, che risultano scomodi per tutti, né troppo alti in quanto non fruibili a bambini, persone di bassa statura o disabili in carrozzina. Anche le didascalie degli oggetti esposti devono risultare ben visibili, scritte in caratteri chiari e facilmente leggibili, contrastanti rispetto allo sfondo e anche in inglese per facilitare gli stranieri.

I contesti svantaggiati: aree archeologiche e giardini storici

I problemi riscontrabili in giardini storici o moderni, aree archeologiche e parchi naturali sono in linea di principio gli stessi dei musei, a cui occorre sommare le difficoltà legate alla presenza di percorsi di collegamento quasi sempre percorribili soltanto a piedi, esposti alla pioggia e al sole estivo e con forti dislivelli o pavimenti accidentati.

Foto 5 – Il maggiore problema per l’accessibilità delle aree archeologiche (qui, Pompei) è spesso legato alla presenza di lunghi percorsi all’aperto percorribili solo a piedi, con dislivelli o pavimentazioni sconnesse

Quando possibile si devono dunque predisporre adeguati vialetti o passerelle con un fondo liscio e complanare, evitando se possibile ghiaia, acciottolati o prati armati che comportano un uso difficoltoso di stampelle, deambulatori e passeggini. Adeguati spazi di riposo attrezzati con panchine ombreggiate da alberi o tettoie e corrimano nei punti più ripidi riducono sensibilmente l’affaticamento fisico, mentre l’allestimento di punti panoramici muniti di cartelli esplicativi consentono anche a persone a ridotta capacità motoria di farsi un’idea complessiva dell’intera zona.

Foto 6 – Soluzione per l’accessibilità di un’area archeologica (qui, il porto di Classe vicino a Ravenna): una piazzola panoramica da cui godere della visione generale dell’intero sito

Foto 7 – Un percorso accessibile anche a persone a ridotta o impedita capacità motoria nell’area archeologica del porto di Classe (Ravenna)

Foto 8 – Un percorso accessibile anche a persone a ridotta o impedita capacità motoria nell’area archeologica del porto di Classe (Ravenna)

Per aiutare ciechi e ipovedenti a orientarsi meglio, in aggiunta alle soluzioni più comuni come percorsi segnalati da linee guida a pavimento, cordoni e corrimani si possono predisporre punti di riferimento sonori ed olfattivi, costituiti rispettivamente da fontane e cascatelle e siepi o aiuole di piante odorose particolarmente riconoscibili.

Foto 9 – Un esempio di mappa tattilo-visiva nella stazione centrale di Bologna

I segnali, le planimetrie e i pannelli didattici possono infine essere realizzati come mappe tattilo-visive, costituite da diagrammi o planimetrie semplificate fruibili sia alla vista che al tatto: tutte le informazioni (percorsi, scritte, simboli e didascalie) sono infatti tracciate in rilievo su uno sfondo di colore nettamente contrastante, mentre caratteri braille dello stesso colore di fondo integrano efficacemente queste informazioni.
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