Energie rinnovabili

La normativa di favore per le rinnovabili si applica anche agli impianti di accumulo

Per l’installazione dei sistemi di accumulo si applicano norme sovranazionali e nazionali, qualificandoli come d’interesse pubblico prevalente
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La normativa di favore per le rinnovabili si applica anche agli impianti di accumulo

Il Tar Sardegna, nella sentenza n. 651 del 21 luglio 2025, dà ragione a società attive nel mercato delle energie rinnovabili, che avevano impugnato il diniego all’istanza di nulla osta emesso da un Consorzio Industriale e contrario alla normativa, con riferimento alla realizzazione di un impianto di accumulo elettrochimico da 42 MW all’interno di un Sito di interesse nazionale (Sin) in area industriale.

Normativa energie rinnovabili: la funzionalità dell’impianto

Il Consorzio aveva rigettato l’istanza sulla base del rilievo per cui “l’infrastruttura proposta non è destinata all’autoconsumo, non essendo presente nel lotto in trattazione alcune attività produttiva, e risulta quindi in contrasto con le previsioni delle Norme Tecniche di Attuazione del PRT consortile, che non consente la realizzazione di impianti di accumulo nelle aree che la programmazione strategica consortile ha individuato come maggiormente attrattive per la riconversione e riqualificazione industriale”.

Il ricorso delle società è stato ritenuto fondato in quanto l’impianto di accumulo per la cui realizzazione si richiedeva l’autorizzazione, è da ritenersi “funzionale al pieno sviluppo e sfruttamento dell’impianto fotovoltaico già esistente nell’immobile oggetto della richiesta di autorizzazione, non essendo logicamente ipotizzabile la sua installazione separata dall’impianto già esistente. Ne deriva che per l’installazione di tali sistemi di accumulo devono trovare applicazione le norme sovranazionali e nazionali che, analogamente a quanto previsto per l’installazione di impianti fotovoltaici, espressamente li qualificano come d’interesse pubblico prevalente”.

La disciplina in vigore per gli impianti di accumulo elettrico

Tali norme sono contenute nel Regolamento UE n. 2577/2022, e sono riprese, in ambito nazionale, dall’art. 56, comma 2-bis, del decreto-legge cd. Semplificazioni che, “al fine di semplificare le procedure autorizzative e di usufruire di una disciplina più favorevole alla loro effettiva diffusione, ha stabilito che gli impianti di accumulo elettrico connessi ad impianti di produzione di energia elettrica sono classificati come opere connesse ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003”.

Il Tar Sardegna condivide pienamente la tesi esposta dalle ricorrenti, in ordine al fatto che la loro istanza avrebbe dovuto beneficiare dell’applicazione della medesima disciplina di favore prevista dall’ordinamento per l’installazione di impianti FER, avendo ad oggetto una batteria di accumulo funzionalmente e logicamente connessa al sistema fotovoltaico già installato dalle medesime.

D’altro canto il Consorzio industriale, titolare di un potere pianificatorio e programmatorio funzionale alla conformazione del territorio ad esso assegnato per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali, non può stabilire un divieto generalizzato di installazione di impianti fotovoltaici e di accumulo, se non destinati all’autoconsumo, all’interno della ZES e delle aree ritenute maggiormente attrattive per la riconversione e riqualificazione industriale.

Normativa energie rinnovabili: i principi sanciti dalla Corte Costituzionale

La sentenza richiama la pronuncia n. 121/2022 della Corte Costituzionale, che ricostruisce i principi fondamentali della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, recati dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dagli artt. da 4 a 9 del d.lgs. n. 28 del 2011, che regolano le autorizzazioni e le relative procedure amministrative, che semplificano e rendono più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa; nonché dalle linee guida del dm. 10 settembre 2010, che disciplinano l’inserimento degli impianti nel contesto del paesaggio, vincolando, quali principi generali della materia, tutto il territorio nazionale. Dunque, “nel regolare le procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, le norme statali sopra richiamate non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale in quanto sono vòlte a bilanciare interessi di fondamentale rilevanza assiologica”.

In particolare le linee guida, nel regolare l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio (Parte IV), da un lato individuano requisiti che costituiscono elementi positivi ai fini dell’autorizzazione del progetto (paragrafo 16) e, da un altro lato, rimettono alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di determinare, previa istruttoria amministrativa, l’individuazione di aree e siti non idonei, nel rispetto delle condizioni dettate dal paragrafo 17 e dall’Allegato 3, e al mero fine di agevolare le procedure autorizzative.

L’identificazione di tali aree comporta, infatti, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione e, dunque, integra un giudizio di primo livello con finalità acceleratorie, spettando poi al procedimento di autorizzazione il compito di verificare se l’impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzabile.

Il pubblico interesse delle opere

Nel caso in esame, considerato che si tratta di opere di pubblico interesse, non possono essere condizionate da vincoli frapposti dal Consorzio e dalle scelte dallo stesso operate per lo sviluppo dell’area consortile, non essendo rinvenibile una norma che espressamente riconosca loro il potere di subordinare lo sviluppo delle FER alle proprie scelte discrezionalmente assunte per l’area consortile.

In buona sostanza, il Consorzio può al più individuare aree preferibili per la loro installazione, ma non certamente escludere che l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (e il suo accumulo) sia vietata in talune aree ad esso affidate, se non funzionali ad altra attività produttiva.

Tanto più che si tratta di attività libera, come espressamente previsto dal paragrafo 1.1. delle Linee guida ministeriali, che le società ricorrenti hanno intenzione di svolgere in un’area industriale, sito di interesse nazionale dove possono essere realizzati i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse, di sistemazione idraulica, di mitigazione del rischio idraulico, opere per la realizzazione di impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili e di sistemi di accumulo.

La compatibilità degli impianti con i siti di interesse nazionale

I siti di interesse nazionale costituiscono aree pienamente compatibili alla realizzazione non soltanto di impianti FER ma anche di sistemi di accumulo dell’energia. Anche sotto tale ulteriore profilo, dunque, è del tutto illogico e irragionevole precludere l’insediamento di impianti FER e di impianti di accumulo dell’energia, solo perché non destinati all’autoconsumo.

La destinazione dell’impianto all’autoconsumo rappresenta un divieto di perseguire qualsiasi altro scopo, incluso lo svolgimento dell’attività di produzione di energia elettrica quale attività economica ex se rilevante e di interesse nazionale, introdotto illegittimamente dal Consorzio in deroga alla normativa nazionale che non consente l’introduzione di tale divieto, in grado di ostacolare la massima diffusione delle energie rinnovabili.

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