Energie rinnovabili

Numeri senza precedenti per le rinnovabili, ma per la rivoluzione elettrica servono equità e governance

A cosa sono dovuti e come si possono superare i profondi squilibri che accompagnano la crescita della capacità rinnovabile globale?
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Numeri senza precedenti per le rinnovabili, ma per la rivoluzione elettrica servono equità e governance

La transizione energetica sta vivendo una fase di accelerazione senza precedenti: nel 2024, le fonti rinnovabili hanno rappresentato oltre il 90% delle nuove installazioni elettriche globali, mentre nel 2025 gli investimenti in tecnologie a basse emissioni supereranno quelli nei combustibili fossili. Tuttavia, dietro ai numeri record si nascondono squilibri profondi: la crescita resta fortemente concentrata in pochi Paesi, le reti infrastrutturali non tengono il passo, e l’Africa continua a ricevere una quota marginale degli investimenti nonostante il suo peso demografico.

Per rendere la rivoluzione elettrica davvero efficace e inclusiva, servono politiche strutturate, strumenti finanziari accessibili e una governance capace di affrontare le disuguaglianze globali. I prossimi anni saranno decisivi per trasformare i progressi tecnologici in una transizione giusta, stabile e condivisa.

Nell’età dell’elettricità: verso un’economia decarbonizzata e connessa

Il XXI secolo è attraversato da una transizione profonda: il consumo finale di energia si sta sempre più spostando verso l’elettricità, che diventa il vettore centrale della nuova economia decarbonizzata. Dai processi industriali alla mobilità, dai data center all’edilizia, la domanda globale di elettricità sta crescendo rapidamente, spinta dallo sviluppo di intelligenza artificiale, digitalizzazione e nuovi bisogni infrastrutturali. Lo scenario delineato dalla IEA nel suo report World Energy Investment 2025 definisce chiaramente questa traiettoria come l’inizio della “Age of Electricity”, in cui elettrificazione, efficienza e sicurezza energetica convergono in un nuovo paradigma globale.

Una traiettoria che trova riscontro diretto nei flussi di capitale, sempre più diretti verso elettricità e tecnologie a basse emissioni.
Nel 2025, infatti, gli investimenti energetici globali raggiungeranno i 3.300 miliardi di dollari, di cui oltre 2.200 miliardi saranno destinati a soluzioni low-carbon: rinnovabili, reti, stoccaggio, efficienza e nucleare.

Si tratta di una svolta che riflette non solo l’urgenza climatica, ma anche considerazioni geopolitiche. I Paesi importatori di energia puntano a ridurre vulnerabilità legate ai combustibili esteri e alla volatilità dei prezzi. In particolare, l’efficienza energetica, le reti intelligenti e i sistemi di accumulo emergono come pilastri chiave per garantire sistemi resilienti, flessibili e sicuri.

Fonti rinnovabili 2025: crescita senza precedenti, ma a velocità diverse

Nel 2024 la capacità rinnovabile globale è cresciuta di 585 GW, segnando l’aumento annuo più alto mai registrato. Le rinnovabili hanno coperto il 92,5% delle nuove installazioni elettriche, trainate da oltre 450 GW di fotovoltaico e 113 GW di eolico. A fine anno, la quota di capacità installata da fonti rinnovabili ha raggiunto il 46% del totale mondiale.

Ma sotto i numeri record – riassunti nel recente “Renewable capacity statistics 2025” di IRENA – si nasconde una realtà più complessa. Cina, Stati Uniti e Unione Europea da sole hanno realizzato l’83,6% della nuova capacità, mentre l’Africa ha aggiunto appena 4,2 GW (0,7%) e i piccoli Stati insulari, pur crescendo del 9,3%, restano fermi allo 0,2% dello stock globale.

Nonostante il progresso, la traiettoria attuale non basta. Per raggiungere l’obiettivo definito alla COP28 — triplicare la capacità installata entro il 2030, fino a 11 TW — servirebbero oltre 1.120 GW aggiuntivi ogni anno da qui a fine decennio.
Una soglia ben superiore all’attuale ritmo, che impone un’accelerazione drastica nella costruzione di impianti, nella generazione distribuita e nell’adattamento delle reti.

Il messaggio è chiaro: i dati del 2024 segnano un passo importante, ma restano lontani dal necessario per mantenere la traiettoria compatibile con lo scenario +1,5 °C.
La sfida nei prossimi anni sarà trasformare questi slanci in una crescita strutturale, equa e stabile su scala globale.

Geopolitica degli investimenti: l’ascesa dell’elettricità e il nuovo ordine energetico

L’ascesa dell’elettricità come asse portante della transizione energetica è confermata anche dall’ultima edizione del rapporto World Energy Investment dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), che nel 2025 celebra i dieci anni di pubblicazione.

Oltre a fornire una fotografia aggiornata degli investimenti energetici globali nel 2024 e delle prime tendenze emergenti per il 2025, il report restituisce una lettura integrata dei flussi di capitale tra fonti fossili, rinnovabili, tecnologie critiche e settori chiave della transizione come reti, stoccaggio, efficienza e finanza.

Secondo l’IEA, nel 2025 gli investimenti in elettricità supereranno 1.500 miliardi di dollari, circa il 50% in più rispetto alla somma complessiva destinata a petrolio, gas e carbone.

Le rinnovabili, in particolare, si confermano il cuore pulsante della transizione, con il solare che da solo raggiungerà i 450 miliardi, diventando la voce principale degli investimenti energetici globali. Seguono l’efficienza e gli usi finali elettrificati (773 miliardi), le reti e lo stoccaggio (479 miliardi), il nucleare (74 miliardi) e i carburanti a basse emissioni (40 miliardi).

Fonti rinnovabili 2025, non solo clima: impulsi e motivazioni

L’impulso agli investimenti low-carbon non è guidato solo dal clima. Negli ultimi cinque anni, la crescita è stata sostenuta da motivazioni industriali, tecnologiche e soprattutto geopolitiche.

Cina, Europa e India hanno accelerato la spesa per ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili, rilanciare le filiere domestiche e rafforzare la propria sicurezza energetica. Gli Stati Uniti hanno seguito una traiettoria analoga, motivata anche dalla volontà di contenere la leadership cinese nelle tecnologie pulite.

Questa riorganizzazione degli equilibri energetici ha ricadute profonde: dieci anni fa gli investimenti nella filiera fossile superavano del 30% quelli nel comparto elettrico, mentre oggi i rapporti si sono invertiti.
L’elettricità è diventata il perno di nuove catene del valore, trainata dalla domanda crescente di raffreddamento, mobilità elettrica, digitalizzazione, data center e intelligenza artificiale.

E se il fotovoltaico domina la scena, anche le batterie per lo stoccaggio (66 miliardi) e il nucleare tornano in evidenza, con un aumento del 50% degli investimenti e un rinnovato interesse per tecnologie come i piccoli reattori modulari (SMR).

Le contraddizioni della transizione

Tuttavia, non mancano le contraddizioni.
La Cina ha approvato quasi 100 GW di nuove centrali a carbone nel 2024 e l’India altri 15, portando le approvazioni globali al livello più alto dal 2015.

Allo stesso tempo, la spesa per le reti resta indietro rispetto a quella per la generazione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove ostacoli burocratici e fragilità finanziarie rallentano i progetti.

In Africa, per esempio, il costo del servizio del debito nel 2025 assorbirà l’85% dell’investimento energetico totale: il continente ospita il 20% della popolazione mondiale ma riceve solo il 2% degli investimenti in energia pulita.

Per colmare questi divari, la IEA richiama la necessità di politiche mirate e strumenti di garanzia che abbattano il costo del capitale nei Paesi emergenti. Il piano “da Baku a Belém”, lanciato alla COP29, punta a mobilitare almeno 1.300 miliardi di dollari entro il 2035 in progetti a basse emissioni nei Paesi in via di sviluppo.

Ma serviranno riforme strutturali, mercati finanziari solidi e un ruolo più incisivo della finanza pubblica internazionale. La transizione non si giocherà solo sulla tecnologia: a fare la differenza saranno le scelte politiche e la capacità di riequilibrare l’accesso agli investimenti.

Oltre i numeri: il futuro della transizione si gioca su equità e governance

La transizione energetica è in marcia, e il biennio 2024–2025 ne rappresenta una fase di accelerazione concreta verso una nuova normalità fondata sull’elettricità.

I segnali sono chiari: il sorpasso della generazione elettrica sugli investimenti fossili, il ruolo trainante del solare, il ritorno del nucleare e il boom globale di tecnologie low-carbon. Ma i numeri, per quanto imponenti, non bastano.

Per raggiungere l’obiettivo fissato alla COP28 non sarà sufficiente mantenere il ritmo attuale. Servirà un raddoppio anche degli investimenti in efficienza energetica e in reti, settori che restano i grandi assenti in molte aree del mondo.

Senza un’infrastruttura adeguata, anche le tecnologie più mature rischiano di non dispiegare appieno il proprio potenziale.
È quindi sul terreno delle politiche strutturali, delle riforme dei mercati energetici, dell’accesso al credito e della cooperazione internazionale che si giocherà la vera sfida dei prossimi anni: un sistema elettrico globale più resiliente e decarbonizzato non sarà tale se non sarà anche inclusivo.

2025, le fonti rinnovabili non bastano: la battaglia globale

L’adozione su larga scala di rinnovabili, batterie e infrastrutture intelligenti deve procedere di pari passo con la riduzione delle disuguaglianze territoriali e finanziarie.

Trasformare la transizione in un progetto condiviso significa guardare oltre i confini nazionali e superare le logiche binarie tra Nord e Sud del mondo, tra centro e periferia. Solo così la rivoluzione elettrica potrà diventare una vera rivoluzione di prosperità comune, ambientale ed economica.
Una rivoluzione che, per essere compiuta, dovrà essere anche profondamente politica.

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