Energie rinnovabili

Eolico offshore, in Italia mappati 93 progetti in 10 Regioni

I dati del rapporto di Legambiente: un potenziale ancora da sfruttare che si scontra con i ritardi e le lentezze burocratiche
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Eolico offshore, in Italia mappati 93 progetti in 10 Regioni

L’eolico offshore ha un enorme potenziale in Italia, in gran parte ancora da sviluppare. Ma a frenarlo sono le lentezze burocratiche e gli iter autorizzativi farraginosi. È quindi il momento di decisioni importanti. Anche perché il presente e il futuro energetico nazionale passa anche dal Mediterraneo e dal parco eolico offshore, impianti di produzione di energia elettrica che usano turbine eoliche poste in mare aperto, di solito a una distanza di alcuni chilometri dalla costa.

A fare un quadro dettagliato della situazione italica ci pensa Legambiente con il report “Finalmente offshore”. A preoccupare sono i ritardi amministrativi: il Procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) dovrebbe durare 175 giorni. Oggi, invece, si arriva a quasi un anno, ben 340 giorni. Ecco tutti i numeri e l’analisi approfondita fornita dall’associazione ambientalista.

L’eolico offshore in Italia

La mappatura realizzata da Legambiente dice che sono 93 i progetti presentati dalle imprese del settore, distribuiti tra 10 Regioni, per complessivi 74 GW. Di questi 93 progetti, che oggi sono nelle diverse fasi autorizzative al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ben 88 sono di tipo galleggiante, con una distanza media dalla costa di 32,7 km. Puglia, Sicilia e Sardegna sono le Regioni che registrano più progetti: ne contano rispettivamente 26, 25 e 24 progetti.

Un potenziale, quello dell’Italia, davvero di alto livello, visto che le stime parlano di 20 GW di capacità installabile entro il 2050. Ecco perché bisogna dare il cambio di passo. Detto delle lentezze burocratiche legate al VIA, Legambiente ricorda anche quanto succede al Ministero della Cultura, che dovrebbe elaborare il proprio parere entro 140 giorni – compresi nei 175 giorni previsti per il rilascio della VIA. Un termine troppo spesso non rispettato.

Processi autorizzativi e occupazione

Ecco perché Legambiente indirizza al Governo Meloni un appello chiedendo di accelerare l’iter dei processi autorizzativi per far decollare l’eolico offshore in Italia e i benefici occupazionali annessi. “Parliamo di 27.000 nuovi posti di lavoro diretti, indiretti e indotti al 2050, di cui 13.000 diretti nelle attività core della filiera. È inoltre importante attuare il Decreto Porti stanziando anche le risorse economiche per adeguare i porti a questa nuova missione”.

Un decreto che ha individuato i porti di Augusta (Sicilia) e Taranto (Puglia) come luoghi prioritari, e Brindisi (Puglia) e Civitavecchia (Lazio) come luoghi di supporto. L’associazione ambientalista chiede inoltre di modificare la norma che permette di partecipare alle aste per l’eolico offshore solo con la valutazione di impatto ambientale positiva. Senza garanzia che poi gli impianti possano ricevere l’Autorizzazione Unica, l’atto che consente l’avvio dei lavori.

Le richieste di connessione

Altri dati interessanti riguardano le richieste di connessione, che si aggiungono ai progetti mappati. Ebbene, stando ai numeri di Terna raccolti da Legambiente, sono 132 le richieste di connessione. Una situazione non del tutto positiva, visto che si registra una leggera riduzione, -5%, rispetto a quanto prodotto nel 2023.

In totale, ad oggi si arriva a complessivi 89,9 GW di potenza distribuiti in 12 Regioni. Tra le novità territoriali compaiono anche le Marche e il Veneto, rispettivamente con una richiesta ciascuna e 600 e 560 MW di possibili impianti. La provincia di Trapani in Sicilia è quella più attiva, con 11,2 GW di richieste, pari al 12,7% del totale delle richieste. A seguire, ecco il Sud della Sardegna con 9,52 GW e la provincia di Barletta-Andria-Trani, in Puglia, con 6,24 GW. 

Eolico offshore: la transizione energetica in Italia

Le conclusioni, dunque. Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, rimarca che “L’eolico offshore rappresenta una grande opportunità per il nostro Paese per il raggiungimento degli obiettivi climatici e per portare sviluppo e innovazione nei territori. Ad oggi la strada è ancora troppo in salita, a causa di burocrazia e iter lenti. Per l’eolico offshore di Taranto, il primo e al momento l’unico presente in Italia, ci sono voluti 14 anni per realizzare l’impianto, ci auguriamo che per gli altri i tempi siano di gran lunga inferiori.

“Dobbiamo accelerare sulla transizione energetica. Per questo riteniamo che sia un errore il ricorso presentato in queste ore dal Mase al TAR del Lazio rispetto alla questione aree idonee. Si tratta di una scelta poco lungimirante da parte del Mase, che non farà altro che allungare ancora di più i tempi per il raggiungimento degli obiettivi al 2030”, aggiunge Ciafani.

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