Energie rinnovabili

Per gli impianti FER è necessaria anche l’accettazione sociale

Per eolico, solare, geotermico e fotovoltaico, i progetti necessitano di un percorso comune tra aziende e popolazione
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Per gli impianti FER è necessaria anche l’accettazione sociale

No a decisioni calate dall’alto: spesso la buona riuscita di un progetto, per gli impianti FER (per Fonti da Energia Rinnovabile), deve prevedere una necessaria convivenza con la popolazione e relativa accettazione sociale. Pale eoliche, pannelli fotovoltaici ed impianti vari vengono ancora in molti casi come qualcosa di insidioso, addirittura pericoloso e – perché no – elemento che deturpa il paesaggio circostante. Proprio per evitare che eventuali conflitti possano mettere a rischio gli obiettivi di decarbonizzazione, allungando i tempi di realizzazione delle opere e innescando tensioni pericolose, diventa necessario intraprendere una serie di azioni che contemplano l’ascolto delle esigenze del territorio.

Tematiche trattate in una recente pubblicazione del laboratorio di ricerche REF dal titoloPer chi girano le pale: accettazione sociale dei progetti di generazione rinnovabile e best practice. Eccone i passaggi principali.

Impianti FER: l’accettazione sociale

Con la diffusione degli impianti eolici e solari, il dissenso dei residenti nei siti candidati a ospitare nuove infrastrutture è giunto in larga parte imprevisto per imprese e istituzioni. È nato quindi il problema dell’accettazione sociale. Un costrutto che si sviluppa su tre dimensioni tra loro correlate:

  • accettazione di mercato, cioè l’interesse da parte dei potenziali investitori nei nuovi progetti, oppure dei potenziali acquirenti di specifiche tecnologie;
  • accettazione sociopolitica: l’approvazione da parte degli elettori, dell’opinione pubblica, dei decisori politici e dei portatori di interesse che possono influenzarne le decisioni;
  • accettazione delle comunità, vale a dire il sostegno da parte dei residenti, delle amministrazioni locali e dei portatori di interesse rilevanti a livello locale.

Not in My Backyard

Un primo risultato evidente è che l’accettazione sociale evolve nel tempo. “Le esperienze pregresse, positive o negative, rimangono nella memoria della comunità e influenzano le reazioni presenti”, si legge nel documento. Un’altra evidenza raccolta in diversi studi è che le infrastrutture realizzate con un maggiore coinvolgimento delle comunità locali sia nella fase di progettazione, sia nella fase di gestione sono più facilmente accettate dalle comunità.

Tutti elementi fondamentali per delineare un futuro più benevolo nell’accettazione della realizzazione di impianti “a casa propria”, secondo il concetto “Not In My Backyard”, cioè “non nel mio giardino”. Il NIMBY è definito come l’attitudine di una persona o di una comunità che si oppone alla realizzazione di un certo progetto nel proprio vicinato, ritenendolo dannoso o pericoloso. Ma non ha obiezioni alla realizzazione di quello stesso progetto in un altro luogo geografico

I vincoli burocratici

Tra le criticità di tali progetti decisionali rientrano le difficoltà amministrative e burocratiche del settore. L’esempio individuato dal documento di REF riguarda l’individuazione delle cosiddette “aree idonee” da parte delle Regioni, dove la realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici possa avvenire in maniera semplificata e con minori ostacoli burocratici.

L’Italia ha recepito la base normativa (2018/2001/UE), con il Decreto Legislativo 199/2021. Le norme attuative del Decreto sono state definite solamente di recente, con un ritardo di due anni: il DM 21/06/2024 noto come Decreto “Aree idonee” lascia alle Regioni l’opportunità di identificare le zone maggiormente adatte. Ad oggi, pochissime Regioni hanno portato l’iter di approvazione dei rispettivi provvedimenti ad una fase avanzata.

Compensazioni e crowfounding

La sfida principale però è un’altra: coinvolgere la popolazione in maniera tale che le nuove regole e i nuovi impianti non vengano percepiti come “imposti dall’alto”.

Tra gli strumenti da utilizzare per aumentare il consenso, se ne citano due:

  • il riconoscimento alla cittadinanza di una compensazione ambientale di tipo prettamente monetario. L’obiettivo è allievare i disagi come l’inquinamento locale, i livelli di rumore superiori all’usuale, la diminuzione del valore delle proprietà immobiliari nella zona, la perdita di valore del luogo.
  • Il crowdfunding: la partecipazione finanziaria è in genere associata a una visione dell’impianto più positiva, poiché il cittadino ha la (spesso corretta) sensazione di beneficiare di parte dei proventi derivanti dall’infrastruttura. L’ammontare investito può essere raccolto tramite azioni (Equity-based crowdfunding) o come capitale di prestito (Lending-based).

L’importanza del territorio per l’accettazione sociale degli impianti FER

Un approccio efficace consiste, infine, nel dare priorità agli investitori/finanziatori residenti nel territorio del progetto. La possibilità di accedere a investimenti con importi bassi e talvolta simbolici rende la partecipazione accessibile a una vasta gamma di persone, incluse quelle più giovani o inizialmente scettiche.

Un altro elemento importante è la trasparenza: gli investitori devono essere ben informati sui rischi e sui rendimenti, in modo da fare scelte consapevoli. Questi elementi sono essenziali per costruire una solida base di supporto per i progetti di transizione energetica. Come la presenza stabile di persone di riferimento dell’impresa sul territorio (preferibilmente se originarie del territorio stesso) in grado di mantenere rapporti duratori e di fiducia con i principali gruppi di residenti.

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