Efficienza energetica

Le Regioni non possono imporre limiti più restrittivi dello Stato sugli impianti FER

Umbria, addio al vincolo sulla "potenzialità fotovoltaica": il principio della liberalizzazione si rafforza
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Le Regioni non possono imporre limiti più restrittivi dello Stato sugli impianti FER

Le Regioni non possono imporre limiti più restrittivi sugli impianti FER rispetto alla normativa nazionale. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 466/2025, annullando il requisito della “potenzialità fotovoltaica” della Regione Umbria. Tale vincolo ostacolava lo sviluppo delle rinnovabili, contrastando il quadro normativo statale. La sentenza rafforza il principio di liberalizzazione, specie nelle aree idonee, pertanto le Regioni devono attenersi alle semplificazioni previste per accelerare la transizione energetica.

Limiti delle Regioni sugli impianti FER: il fatto

La sentenza in commento muove dall’impugnazione del diniego di un’autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile fotovoltaica. Gli effetti dell’annullamento, però, si sono estesi al regolamento regionale di disciplina dell’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in forza del quale l’autorizzazione unica era stata negata.

In particolare, con tale regolamento veniva introdotto il requisito della “potenzialità fotovoltaica e l’obbligo di sottoscrivere apposita convenzione/atto d’obbligo per l’utilizzo dell’area. Tali previsioni, però, avevano quale effetto quello di rendere più difficile l’installazione di impianti di energie rinnovabili in zone già qualificate dal legislatore nazionale come idonee.

Su queste censure veniva articolato il giudizio.

A fronte del rigetto del ricorso in primo grado, il Consiglio di Stato ha riconosciuto la fondatezza della pretesa società ricorrente annullando gli atti impugnati e, con essi, anche il regolamento regionale. Le motivazioni erano legate, come analizzeremo nel prosieguo, ai requisiti che la Regione aveva illegittimamente introdotto, derogando in peius la normativa nazionale, per la realizzazione di un impianto fotovoltaico in area industriale. L’impianto da realizzare, infatti, interessava un’area industriale che, ai sensi dell’art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, “…è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata ad autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati”.

La questione del riparto di competenze tra Stato e Regione nel caso concreto

La complessità e la frammentarietà della disciplina dei procedimenti autorizzatori di impianti per fonti rinnovabili si apprezza anche in ragione del riparto di competenze normative ex art. 117 Cost., come dimostra la sentenza in commento. La produzione di energia rientra tra le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Pertanto, allo Stato compete l’enunciazione dei principi fondamentali della materia, mentre le Regioni possono approvare leggi di dettaglio, pur nel rispetto dei principi stabiliti con leggi statali: si pensi, ad esempio, alla recente legge regionale Sardegna 3 luglio 2024, n. 5.

Nel caso all’attenzione del Consiglio di Stato si ha che la Regione Umbria era intervenuta prevedendo misure più restrittive di quelle indicate dal legislatore statale in materia di realizzazione di impianti fotovoltaici. La normativa regionale era stata adottata nelle more dell’adozione del decreto interministeriale volto a dettare “principi e criteri omogenei” per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili (decreto poi adottato il 21 giugno 2024 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale).

Nonostante l’assenza del decreto ministeriale, era comunque precluso alla Regione di intervenire in maniera più restrittiva rispetto alle previsioni nazionali, né tantomeno si poteva esercitare alcun potere sostitutivo. L’intervento regolamentare regionale, così come previsto dall’art. 20, d.lgs. n. 199/2021, e dall’art. 12, comma 10, d.lgs n. 387/2003, è ammesso solamente “a valle” di quello statale, solo al fine di poter salvaguardare l’uniforme applicazione della normativa energetica e l’esplicarsi della libera concorrenza nel settore.

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