Efficienza energetica

Energy Manager: prospettive, ritardi ed opportunità non sfruttate

Energy Manager: normative e percorsi di accreditamento esistono; li vogliono nelle imprese, ma le PPAA sono in ritardo con le nomine.
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Energy Manager: prospettive, ritardi ed opportunità non sfruttate

Normative e percorsi di accreditamento esistono per gli Energy Manager. Li vogliono nelle imprese mentre le pubbliche amministrazioni sono in ritardo con le nomine. Anche se anche in questi tempi di emergenza Covid-19 si parla sempre di più della necessità di avviare un vero Green New Deal.

È questo, in estrema sintesi, il quadro che emerge dal Rapporto FIRE 2019 sugli Energy Manager.

Nel 2018 le nomine sono state 2.353: di queste, 1.589 sono relative ad EM nominati da soggetti obbligati e 764 da soggetti non obbligati.

Parlando dei settori, il primo è il terziario con 483 nominati, seguito dall’industria con 432 nomine.

Chiude la classifica la Pubblica Amministrazione. Si spera che nel tempo il numero di nomine nella PA possa crescere perché, come si capirà leggendo l’articolo, gli EM servono, eccome se servono!

Sommario

Energy Manager (EM): chi è costui?

L’EM ha un ruolo centrale nella realizzazione di interventi di efficientamento energetico nelle imprese e negli enti.
Si tratta di una figura estremamente importante soprattutto in un panorama complesso come quello attuale, in cui:

  • il sistema produttivo è costantemente sottoposto ad oscillazioni del prezzo del petrolio (l’ultimo rincaro è dovuto alla crisi iraniana in Medio Oriente) che incidono sui costi di produzione e, in ultima analisi, sulle politiche di pricing;
  • la liberalizzazione del mercato e gli accordi di Parigi hanno reso ancora più complessa una gestione ottimale dell’energia;
  • stiamo andando verso un cambiamento epocale, ossia la transizione verso le fonti rinnovabili – e per contro il progressivo abbandono delle fonti fossili tradizionali – e occorre dotarsi di strategie e strumenti, attraverso i quali la propria impresa sia in grado di effettuare la transizione con successo, cogliendone in tempo tutte le opportunità.

Energy manager, quali responsabilità

Nelle medie e grandi organizzazioni, l’EM può essere il responsabile del sistema di gestione dell’energia aziendale (da ora in poi SGE), come definito dalla norma internazionale ISO 50001 aggiornata nel 2018.
Un sistema di gestione amplia il ruolo dell’EM e ne aumenta l’efficacia, in quanto lo inserisce in una politica energetica aziendale definita, con obiettivi quantitativi espliciti, ed estende la sua area di attività a tutte le funzioni aziendali, attraverso apposite procedure.

In questo modo, infatti, si garantisce un’azione volta al miglioramento continuo, con l’azienda che può decidere se seguire un percorso ambizioso o più tranquillo.

Esperienze estere basate su norme nazionali in vigore da anni dimostrano non solo che chi si dota di un SGE continua ad ottenere miglioramenti delle performance nel tempo, ma anche che dopo alcuni anni l’energia tende ad essere considerata, nel settore industriale, come una delle leve dei processi produttivi portando alla loro ottimizzazione e a benefici che vanno oltre la semplice riduzione dei consumi.

I principali compiti dell’EM
1) prendere contatto con l’organizzazione ed individua le figure di riferimento per lo svolgimento delle proprie attività;
2) raccogliere le bollette energetiche, valuta i consumi energetici mensili ed annuali;
3) individuare le curve di carico giornaliere, sia elettriche che termiche;
4) verificare i contratti esistenti collegati ai servizi energetici;
5) creare di un database delle aree di consumo;
6) individuare degli indicatori di prestazioni energetiche per confrontare i consumi fra le diverse sedi e con la letteratura;
7) realizzare diagnosi energetiche (verifica i consumi, attraverso audit ad hoc o tramite i report prodotti da sistemi di tele gestione, telecontrollo e automazione) e di studi di fattibilità;
8) curare la contrattualistica relativa all’acquisto di energia elettrica.
9) proporre interventi per l’efficientamento energetico e curare l’ottimizzazione dei consumi attraverso la corretta regolazione degli impianti e il loro utilizzo appropriato dal punto di vista energetico;
10) promuovere comportamenti virtuosi da parte dei dipendenti e/o degli occupanti della struttura energeticamente;
11) monitorare l’evoluzione della normativa e la possibilità di accedere a forme di incentivi e/o di contributi;
12) verificare i risultati conseguiti e programmi di comunicazione degli stessi.

Il rapporto FIRE sugli EM 2019: una breve panoramica

Il Rapporto sugli energy manager è redatto da FIRE, soggetto che, dal 1992, gestisce le nomine di tali manager su incarico del Ministero dello sviluppo economico.

Gli obiettivi del report FIRE 2019


1) fornire un quadro statistico dettagliato delle nomine degli energy manager pervenute alla FIRE nell’anno 2018;
2) illustrare i risultati dell’indagine annuale condotta da FIRE, quest’anno dedicata alla tematica delle diagnosi energetiche;
3) promuovere il ruolo dell’energy manager fra i soggetti inadempienti e fra i soggetti non obbligati interessati ad avviare delle azioni di miglioramento dell’uso dell’energia.

In relazione a quest’ultimo punto, i dati delle nomine dei soggetti obbligati lasciano trasparire una certa percentuale di inadempienza alla nomina, in particolare nella Pubblica Amministrazione.

Si tratta – sottolinea FIRE, che con il rapporto spera di poter contribuire a stimolare chi ancora non abbia nominato un energy manager a rimediare – di un segnale preoccupante, perché spesso indice di una scarsa attenzione al tema dell’efficienza energetica (e dunque della relativa spesa economica).

La prima parte del report fornisce un panorama dettagliato delle nomine effettuate dai soggetti obbligati e volontari, informazioni sull’energia gestita da tali soggetti e stime sul livello di inadempienza.
Nella seconda parte si riportano i risultati derivanti dall’ultima indagine condotta da FIRE in relazione agli energy manager e alle loro attività.

Diamo i numeri

Ogni anno, insieme al Rapporto – che fornisce un quadro statistico dettagliato delle nomine degli EM pervenuti – viene approfondito un tema specifico. Quest’anno a Federazione ha condotto un’indagine sulle diagnosi energetiche, con particolare riferimento a quelle eseguite per l’obbligo legislativo.

I dati del rapporto mostrano che continua il trend di crescita degli EM nominati dai soggetti obbligati:

  • tra il 2014 e il 2018 le nomine sono cresciute dell’8%;
  • sono cresciute le nomine (+ 11%) anche da parte di soggetti non obbligati, e che quindi hanno provveduto su base volontaria. Gli incrementi si registrano per lo più nei settori terziario e industriale.

Quanto al rapporto tra EM e EGE, il rapporto FIRE evidenzia che a luglio 2019 risultano presenti sul sito di ACCREDIA 2.667 certificati, emessi dai vari organismi di certificazione, relativi alla certificazione di EGE secondo la UNI CEI 11339.

La FIRE, per rispondere alle richieste delle direttive europee e al nuovo contesto del mercato energetico, ha attivato il SECEM, il sistema di certificazione dell’energy management che risponde alla norma tecnica. Il SECEM è stato accreditato a inizio 2012, risultando il primo organismo ad ottenere questo riconoscimento per la norma UNI CEI 11339.

Differenza e rapporto tra EGE (Esperto in Gestione dell’Energia) e EM


La figura dell’EGE è disciplinata dalla norma UNI CEI 11339, che specifica i requisiti generali e le procedure per la qualificazione degli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE).
In particolare, vengono definiti due profili di riferimento:
– EGE settore industriale, che possiede competenze in materia di gestione energetica applicabili nell’industria e nei processi produttivi di quest’ultima;
– EGE settore civile, le cui competenze si applicano al settore terziario e della pubblica amministrazione.Inoltre, la norma sancisce anche i requisiti che deve possedere chi vuole diventare EGE. Coniugare competenze in campo energetico, ambientale, gestionale, economico – finanziario e comunicativo.Le due figure di EM ed EGE possono coincidere, ma non è detto. Un EM può non essere un EGE, e viceversa (perché per ottenere la conformità alla norma UNI CEI 11339:2009 non è necessario essere nominati Energy Manager).
Tuttavia, è auspicabile che un EM sia anche un EGE, in quanto in generale un Energy Manager dovrebbe avere requisiti tali da soddisfare quanto richiesto dalla norma UNI CEI 11339, indipendentemente dal fatto che intenda certificarsi o meno. Nelle grandi organizzazioni, capita che l’EM sia un manager di alto livello, e magari avrà un EGE nel suo team.

Secondo i dati in possesso della FIRE, degli oltre 1600 EM interni all’azienda (sia obbligati che volontari):

  • 296 hanno conseguito la certificazione in EGE, mentre
  • per quanto riguarda le 740 nomine in qualità di consulente esterno ne risultano 525.

Da questi dati emerge dunque come gli EM interni certificati siano il 18% del totale interni, di contro gli EM consulenti esterni e certificati sono il 71%.

Ma dove sono collocati gli Energy Manager che hanno ottenuto una certificazione EGE? Oltre la metà è dislocata nel Nord Italia.

L’Energy Management nella ISO 50001

L’auspicio di FIRE


“Si spera che la norma ISO 50001 si diffonda capillarmente sul territorio italiano e che l’obbligo imposto dall’articolo 8 del D.Lgs. 102/2014 possa giocare un ruolo rilevante. Sarebbe opportuno infatti che le grandi imprese e quelle a forte consumo di energia adottino un SGE che permetta loro di migliorare in modo continuo le performance energetiche”.

I dati del rapporto mostrano come negli ultimi anni vi sia stato in Italia (soprattutto al Nord) un aumento delle certificazioni ISO 50001. I soggetti che hanno nominato un EM, obbligati o no, e che al contempo sono in possesso della certificazione ISO 50001 per il loro SGE, risultano essere quasi il 24% in più solo rispetto allo scorso anno.

Cosa bisogna dimostrare?

Questa norma, che richiede la dimostrazione di un miglioramento continuo della prestazione energetica (pur non definendo livelli di prestazione energetica da raggiungere) e può essere utilizzata indipendentemente o essere allineata o integrata con altri sistemi di gestione, è applicabile:

  • ad ogni organizzazione, indipendentemente dalla tipologia, taglia, complessità, posizione geografica, approccio organizzativo o dai prodotti o servizi che fornisce;
  • alle attività che influenzano la prestazione energetica che sono gestite e controllate dall’organizzazione;
  • indipendentemente dalla quantità, uso e tipologia di energia consumata.

Le appendici A e B forniscono, rispettivamente, una linea guida per l’utilizzo della norma e un confronto tra questa versione e la precedente.

Modifiche e struttura HLS

Le modifiche introdotte nella nuova versione della norma possono essere suddivise in due macro categorie: le modifiche connesse all’introduzione della struttura HLS e i cambiamenti specifici.

Fra le prime hanno un peso rilevante innanzitutto lo stralcio dei concetti di azione preventiva, di documenti e registrazioni e di rappresentante della direzione.

Quindi, la ISO 50001:2018 si caratterizza per:

  • l’introduzione del requisito della comprensione del contesto dell’organizzazione, in base al quale l’alta direzione deve focalizzare la propria attenzione sui fattori che influenzano, negativamente o positivamente, le prestazioni energetiche e il sistema di gestione dell’energia dell’organizzazione;
  • la determinazione sistematica delle aspettative delle parti interessate;
  • la gestione dei rischi e delle opportunità di cui al punto e il nuovo approccio “risk based thinking”, applicato al sistema di gestione per l’energia;
  • il controllo operativo, che rispetto al passato vede un ruolo più significativo del controllo del “change management” e degli usi energetici significativi in outsourcing;
  • il monitoraggio, la misurazione, l’analisi e la valutazione delle prestazioni energetiche.

Quando ai secondi, strettamente correlati al tema dell’energia, le principali novità riguardano:

  • l’introduzione di una “energy baseline” di riferimento rispetto alla quale procedere alla normalizzazione degli indicatori di performance energetica e, quindi di valutare e confrontare i cambiamenti delle prestazioni energetiche;
  • quanto agli stessi “indicatori di prestazione energetica” (EnPIs), la norma stabilisce che gli stessi devono consentire all’organizzazione di dimostrare il miglioramento delle prestazioni energetiche;
  • l’approfondimento sistematico in fase operativa;
  • il chiarimento di alcuni aspetti relativi agli usi energetici significativi;
  • il design e l’approvvigionamento.

Cosa si può e si deve migliorare? Diamo i numeri (parte seconda)

Le nomine totali di EM, fra soggetti obbligati e volontari, nella Pubblica Amministrazione pervenute nel corso del 2018 sono state 185.
Meno della metà delle città metropolitane ha inviato la nomina.
Tanto per fare qualche esempio, mancano all’appello le città metropolitane di Cagliari, Messina, Palermo, Bari, Firenze, Bologna, Genova e Reggio Calabria.

La situazione non va meglio fra i capoluoghi di provincia: solo 31 su 116 hanno nominato un EM.

E i Comuni?

I comuni non capoluogo con più di 10.000 abitanti sono 58 su un totale di 1.094 (10.000 abitanti rappresenta il numero a partire dal quale in genere si supera la soglia d’obbligo dei 1.000 tep).
Il tasso di nomine relative alle regioni è pari al 35% (7 su 20), mentre va peggio per le province con un basso 20% (23 su 93).

I ritardi dei Ministeri

Valutare il tasso di inadempienza dei Ministeri alla nomina non è semplice a causa del complesso organigramma che li caratterizza. Ma è un dato di fatto che, dal confronto tra le nomine dei sotto settori analizzati pervenute alla FIRE negli ultimi tre anni, si evidenzia un lieve decremento rispetto allo scorso anno, rispetto a numeri già allora piuttosto bassi.

Da segnalare, ad onor del vero, che c’è un manipolo di Comuni (una cinquantina) che ha provveduto alla nomina volontaria dell’EM, nonostante consumi che non superano la soglia d’obbligo dei 1.000 tep.
La distribuzione nel territorio italiano è in questo caso più a macchia di leopardo, con il numero più alto di iscrizioni in Veneto, seguito da Sicilia, Lombardia, Piemonte, Emilia – Romagna, Toscana e Lazio.

“Questi dati – si legge nel report – evidenziano in generale come la Pubblica Amministrazione permanga fortemente inadempiente all’obbligo e come quindi siano presenti grandi opportunità non sfruttate.

La presenza di un energy manager competente e qualificato gioverebbe senz’altro al bilancio energetico ed economico di queste strutture pubbliche, e risulta ancora più pesante se si pensa all’ampio numero di enti che hanno sottoscritto il Patto dei Sindaci. Si auspica che la situazione possa mutare nel breve periodo”.

Come effettuare la nomina?

Segnaliamo che il sito FIRE riporta indicazioni su come effettuare la nomina e sfruttare l’opportunità di nominare tale figura: in particolare attraverso la guida per la P.A. prodotta da FIRE nel 2017 nell’ambito dell’Osservatorio sugli EM e lanciato in collaborazione con il MiSE.
La FIRE suggerisce, nel caso frequente di nomina di un consulente esterno adottato dagli enti medio-piccoli, di premiare nel capitolato di gara la certificazione EGE di terza parte, onde assicurare la massima efficacia della nomina.

Come diventare Energy Manager?

Ce ne siamo già occupati, nelle pagine di Teknoring. Per questo vi invitiamo ad andare ad approfondire Cosa fa e come si diventa Energy Manager.

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