Vizi delle fondazioni, il costruttore non ne risponde se si manifestano con evidenza dopo dieci anni

Il costruttore non risponde per i vizi delle fondazioni, se le lesioni si evidenziano dopo il decennio. La tutela del committente, infatti, deve essere contemperata con l’interesse imprenditoriale dell’appaltatore ad individuare con certezza il momento in cui la responsabilità si esaurisce.
Lo ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11906 del 3 maggio 2024, con la quale la suprema Corte torna ad occuparsi della garanzia per rovina o difetti di immobili, con particolare riferimento alla decorrenza del termine decennale previsto dall’art. 1669 c.c.
Vizi delle fondazioni: il caso
La Cassazione ha accolto il ricorso di un imprenditore, citato in giudizio dal committente, che aveva chiesto il risarcimento del danno per le gravi lesioni ai pilastri e alle travi di fondazione dell’immobile oggetto di appalto. L’imprenditore si è opposto alla domanda eccependo la prescrizione decennale: i vizi delle fondazioni lamentati, infatti, erano stati riscontrati e contestati dopo più di 14 anni dal compimento dell’opera.
I giudici di merito avevano accolto la domanda del committente, sia in primo che in secondo grado. Da qui il ricorso in Cassazione, dove l’imprenditore ha contestato la decisione per decorso del termine decennale del rapporto di responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente.
L’appaltatore, in particolare, ha sostenuto che il contratto di appalto aveva ad oggetto la costruzione di pilastri e di solai e che tali lavori erano stati completati nel 1988, mentre il grave difetto si è manifestato solo nel 2002, con il “rinvenimento di lesioni sulle travi di fondazione e lo sfaldamento del cemento“. Ha quindi concluso che il termine decennale era ampiamente decorso al momento del presentarsi evidente del grave difetto.
Rovina e difetti di cose immobili
La norma a cui si fa riferimento è l’art. 1669 del Codice Civile, a mente del quale “quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.
Termine decennale
Ora, secondo la Cassazione, ai fini della proponibilità dell‘azione risarcitoria prevista dall’articolo 1669 c.c., il termine di dieci anni dal compimento dell’opera previsto da tale norma attiene alle condizioni di fatto che rendono evidente la responsabilità del costruttore ovvero, in modo ancora migliore: che rendono evidente il pericolo di rovina o i gravi difetti (scontando il tacito presupposto che la rovina totale o parziale sia di per sé evidente).
Entro tale termine decennale – si legge nell’ordinanza – devono verificarsi le condizioni di fatto che manifestano con evidenza il pericolo o il grave difetto della costruzione.
Ciò anche nell’ottica di tutelare l’interesse imprenditoriale, nel senso di individuare con certezza il momento in cui la responsabilità dell’impresa ex art. 1669 c.c. possa dirsi esaurita.
Nel caso di specie, ha concluso la suprema Corte, il grave difetto si è “presentato evidente” a distanza di quasi quindici anni dal “compimento”. Di qui l’accoglimento del ricorso dell’imprenditore edile ed il rinvio alla Corte d’Appello che dovrà decidere la controversia sulla base del principio di diritto anzidetto.