Appalto e vizi costruttivi: il risarcimento deve essere integrale
                                Se il committente ha riparato i difetti costruttivi dell’opera eseguita dall’appaltatore, ma esistono dei vizi costruttivi in appalto, ha comunque diritto all’integrale risarcimento necessario ad avere un bene conforme a quello pattuito nel contratto di appalto. Lo ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31975 del 17/11/2023. In questo modo ha annullato la sentenza della Corte di appello che aveva ritenuto sufficiente, a titolo di risarcimento, il rimborso delle spese sostenute dal committente per riparare l’opera.
Vizi costruttivi in appalto: il caso
La controversia esaminata dalla Cassazione nasce dalla richiesta di risarcimento danni di una società immobiliare nei confronti della società appaltatrice per i vizi presenti nella struttura prefabbricata adibita a capannone industriale, che aveva provocato infiltrazioni provenienti dal manto di copertura. La società immobiliare riparava il danno a proprie spese. In seguito agiva per chiedere ai sensi dell’art. 1668 c.c. il risarcimento di tutti i danni subiti dall’inadempimento contrattuale.
In prima battuta, per effetto di una clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto, le parti si rivolgevano al collegio arbitrale. Qui con lodo si accoglieva solo in parte la domanda della committente, riconoscendole a titolo di risarcimento il solo rimborso delle spese sostenute per la riparazione del manto di copertura. La società immobiliare non ci stava e presentava appello contro il lodo, per violazione delle norme sui vizi dell’appalto.
Secondo la committente, era stato violato il diritto all’eliminazione di tutti i vizi ed i difetti a spese dell’appaltatrice. Essa infatti avrebbe dovuto sostenere i danni per il totale rifacimento del manto di copertura dal quale si erano propagate le infiltrazioni agli ambienti sottostanti, e non solo le spese sostenute per la riparazione iniziale.
Tuttavia la Corte di appello confermava il lodo arbitrale, ritenendo sufficiente la restituzione delle somme già sborsate dall’appellante società immobiliare per riparare i difetti del fabbricato. Tali somme sarebbero state infatti esaustive dei danni subiti e idonee ad eliminare i vizi dell’opera. La società immobiliare ricorreva allora in Cassazione contro la pronuncia di appello. A quel punto la Corte ribaltava la decisione di appello, giudicando fondata la pretesa della ricorrente.
Danni per difformità e vizi dell’opera
Con la pronuncia in commento, la Corte chiarisce che il risarcimento danni per vizi e difformità dell’opera oggetto di appalto deve essere comprensivo non solo delle spese sopportate per ovviare temporaneamente agli inconvenienti accertati, ma anche di quelle che consentano il ristoro dell’intero pregiudizio subito mediante l’eliminazione definitiva dei difetti costruttivi riscontrati.
Nel caso in esame, osserva la Corte, andava garantito il pieno e stabile godimento del capannone industriale oggetto del contratto di appalto e quindi la sua effettiva corrispondenza alla struttura e alla destinazione concordate. Ai sensi dell’art. 1668 c.c. non sono ammesse esclusioni e neppure limitazioni risarcitorie, dicono i Giudici di piazza Cavour. Questo perché il comma 1 della citata norma pone a carico dell’appaltatore tutte le conseguenze dell’inesatto adempimento. Inoltre il committente non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore, perché, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, la colpa è presunta fino a prova contraria. Dunque è carico dell’appaltatore l’onere di dimostrare l’impossibilità di un esatto adempimento della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Per la Cassazione la decisione della Corte di Appello è sbagliata. L’Accertamento tecnico preventivo svolto nell’immediatezza aveva dato infatti riscontro probatorio degli interventi necessari per ovviare ai vizi costruttivi. Inoltre il C.t.u., che aveva riesaminato i fatti a distanza di 10 anni, aveva ritenuto che la somma necessaria all’eliminazione dei difetti costruttivi fosse ben superiore a quella sostenuta dalla committente per le prime riparazioni del danno.
                                    
