Lavori in condominio: la vicinitas non è sufficiente per impugnare il permesso di costruire

La sentenza del TAR Puglia Lecce del 23 settembre 2024, n. 999, ha ribadito che anche all’interno di un condominio, la mera vicinitas non è da sola sufficiente per fondare il ricorso contro il permesso di costruire rilasciato al vicino di casa, restando sempre necessario un interesse concreto e qualificato all’annullamento del titolo edilizio impugnato.
Su queste premesse, i giudici salentini hanno dichiarato inammissibile il ricorso che un condomino aveva presentato per ottenere l’annullamento del permesso di costruire rilasciato dal Comune ad un altro condomino dello stesso stabile condominiale.
Vediamo perché.
Vicinitas e permesso di costruire: il fatto
Il proprietario di un’unità immobiliare in condominio ottiene dal Comune il rilascio di permesso di costruire per i lavori di “cambio di destinazione d’uso senza opere di ambienti sottotetto e contestuale rimozione delle due vetrate amovibili esistenti a chiusura del terrazzo coperto”, in applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001.
Un altro condomino, in qualità di proprietario di un’unità immobiliare posta nello stesso edificio condominiale, ricorre al TAR contro il permesso di costruire rilasciato assumendo che il titolo edilizio fosse illegittimo.
Nella prospettiva dei ricorrente, il ricorso al TAR è posto a tutela del proprio interesse alla conservazione dell’attuale ripartizione millesimale condominiale e all’integrità del prospetto originario dell’edificio.
Nello specifico, il ricorrente sostiene che i lavori di cambio di destinazione d’uso autorizzati dal Comune, se realizzati, comporterebbero una variazione dei millesimi di proprietà e, di conseguenza, inciderebbero sulle spese condominiali a carico dei condomini. Non solo. La realizzazione di una vetrata amovibile avrebbe un sicuro impatto sulla facciata condominiale, sulla stabilità e sul decoro dell’intero edificio condominiale.
Permesso di costruire: non basta la vicinitas per giustificare il ricorso al TAR
Il TAR Lecce ha respinto il ricorso.
I giudici pugliesi – anche alla luce dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22 del 9 dicembre 2021 – hanno ritenuto che la mera vicinitas, anche in ipotesi di condominio, non è sufficiente a giustificare il ricorso al giudizio amministrativo, restando necessario sempre un interesse concreto e qualificato all’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Legittimazione ad agire
La mera c.d. vicinitas, intesa come vicinanza fisica del proprio terreno rispetto a quello oggetto dell’intervento edilizio contestato, non basta a dimostrare l’esistenza di un concreto ed attuale interesse a ricorrere.
Occorre distinguere tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso, con la conseguenza che il Giudice è tenuto ad accertare anche d’ufficio la sussistenza di entrambe le condizioni dell’azione, “non potendosi affermare che la vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, sia da sola sufficiente a dimostrare automaticamente la sussistenza anche dell’interesse al ricorso, inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato” (TAR Piemonte, sez. I, 22 novembre 2022 n. 332).
Valutazione caso per caso
Nel caso di specie, il TAR ha ritenuto troppo generiche le argomentazioni del ricorrente.
In effetti, il condomino non si specifica in che modo il diverso riparto degli oneri condominiali, conseguente ai lavori autorizzati con il permesso di costruire impugnato, potrebbe pregiudicare il ricorrente. Anche l’altra argomentazione, relativa al “sicuro impatto sulla facciata condominiale”, derivante dalla realizzazione di una vetrata amovibile, risulta essere un evento eventuale ed ipotetico, non fondato su elementi certi.
Del resto, l’integrità del prospetto dell’edificio condominiale non sembra intaccata dal titolo edilizio se, come si legge espressamente nel permesso di costruire impugnato, le vetrate amovibili sulla terrazza, originariamente previste da un precedente permesso di costruire annullato dal TAR, andavano e sono state effettivamente rimosse. Quindi – concludono i giudici, non si è di fatto concretizzata alcuna lesione del prospetto e della facciata condominiale.