L’installazione di una VEPA in zona vincolata richiede sempre l’autorizzazione paesaggistica
L’installazione di una vetrata panoramica amovibile, che il novellato articolo 6, comma 1, lettera b-bis) del d.P.R. 380/01 annovera tra le opere riconducibili nell’ambito dell’edilizia libera, laddove avvenga in una zona vincolata (nel caso di specie, si trattava di vincolo paesaggistico ed archeologico), indipendentemente dalla sua inquadrabilità o meno nel citato regime semplificato, deve considerarsi illegittima, e per questo sanzionabile con l’ordine di demolizione con finalità ripristinatorie, laddove avvenga in assenza della preventiva acquisizione delle necessarie autorizzazioni imposte dallo speciale regime vincolistico.
Lo ha stabilito il TAR Lazio con la sentenza numero 9579 del 19 maggio 2025.
Vetrata panoramica amovibile: i fatti di causa
La vicenda trae origine dall’impugnazione della determina dirigenziale con la quale Roma Capitale ordinava alla ricorrente la demolizione della vetrata panoramica amovibile, installata dalla parte a chiusura del balcone aggettante di sua proprietà, esistente all’interno di un edificio ubicato in un’area soggetta a doppio vincolo: archeologico e paesaggistico.
Secondo l’amministrazione procedente, il manufatto in questione, non solo aveva determinato un incremento volumetrico tale da non consentirne la realizzazione senza titolo assentivo, ma, soprattutto, trattandosi di opera eseguita in zona sottoposta a doppio vincolo, avrebbe richiesto in ogni caso la preventiva acquisizione delle necessarie autorizzazioni amministrative imposte dal rigido sistema vincolistico in essere nell’intera area.
Da qui, secondo Roma Capitale, la legittimità dell’ordine di demolizione e la conseguente notifica della relativa ordinanza/ingiunzione.
La difesa della ricorrente
La parte intimata, impugnando il provvedimento innanzi al competente TAR Lazio, sosteneva, al contrario:
- l’assoluta conformità dell’opera al dettato dell’articolo 6, comma 1, lettera b-bis), del d.P.R. 380/01, come introdotto dall’articolo 33-quater della legge n. 142/2022, in quanto le vetrate panoramiche installate a chiusura del balcone aggettante in oggetto, ne rispettavano pienamente i requisiti. Erano, infatti:
- totalmente e facilmente amovibili e richiudibili a pacchetto;
- del tutto trasparenti;
- poste su un balcone aggettante;
- non configuranti uno spazio stabilmente chiuso, né, tantomeno, integranti una variazione di volumi e superfici;
- l’irrilevanza, rispetto al caso di specie, del profilo paesaggistico, trattandosi di contestazione fondata esclusivamente su presunte violazioni urbanistiche, per le quali, peraltro, era in atto una procedura di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’articolo 167 del d.lgs. n. 42/2004.
Roma Capitale, ritualmente convenuta in giudizio, si costituiva eccependo, in rito, l’irricevibilità del ricorso in quanto tardivo e, nel merito, sostenendo l’infondatezza delle richieste di controparte.
La decisione del TAR Lazio sulla vetrata panoramica amovibile
Il collegio amministrativo, dopo aver preliminarmente accertato la tempestività della notifica del ricorso introduttivo, lo ha, però, integralmente rigettato nel merito, con compensazione delle spese d giudizio, sulla base di una considerazione assorbente, rispetto ad ogni altra osservazione.
Sostiene il TAR Lazio, infatti, che, quand’anche volesse condividersi l’assunto della ricorrente, secondo il quale le vetrate panoramiche oggetto di contestazione fossero effettivamente riconducibili nell’ambito dell’edilizia libera, non per questo si sarebbe potuto eludere il dettato del richiamato articolo 6 del d.P.R. 380/01, secondo il quale, in ogni caso, l’edificazione in assenza di titolo deve pur sempre avvenire nel rispetto, ove sussistente (come nel caso di specie), dell’eventuale regime vincolistico.
Sul punto, infatti, osserva il giudicante, riferendosi proprio alla norma che disciplina l’attività di edilizia libera (articolo 6 del d.P.R. 380/01): “ (…) gli interventi di cui all’elenco contenuto nella disposizione in parola (tra cui anche quelli enunciati dal comma 1, lett. b-bis), sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”.
L’obbligo del rispetto dei vincoli anche per l’edilizia libera
Ne consegue inevitabilmente che, quand’anche l’intervento in questione fosse stato riconducibile a quelli eseguibili in assenza di titolo, ciò non avrebbe esonerato l’autore del medesimo dal rispettare le prescrizioni contenute nel d. lgs. n. 42/2004, acquisendo comunque l’assenso alla realizzazione dell’opera da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo gravante sull’area.
Solo quest’ultimo (atto d’assenso da parte dell’autorità competente), unitamente all’ottenimento di un titolo abilitativo, sia pure minimale come la SCIA, avrebbe potuto limitare l’azione della pubblica amministrazione, la quale, in difetto, è obbligata ad assumere l’iniziativa ripristinatoria.
In proposito, la giurisprudenza amministrativa è granitica, infatti, nell’affermare che: “A prescindere dall’ascrivibilità o meno della medesima al novero dell’attività edilizia libera, il rispetto dei summenzionati vincoli avrebbe imposto la presentazione di una comunicazione o segnalazione preventiva in difetto della quale non può certo invocarsi l’irrogazione della più lieve sanzione pecuniaria, dovendosi predicare la continuità del costante insegnamento pretorio secondo cui l’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico (…)” (Consiglio di Stato, sentenza numero 4223 del 10.5.2024).
Tali osservazioni inducono il TAR Lazio a ribadire che la riconducibilità di un’opera al regime di edilizia libera non paralizza, di per sé, la cogenza della tutela paesaggistica, laddove sussistente.

