Verifica di anomalia dell’offerta e modifica dei costi di manodopera
La modifica introdotta nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta della dichiarazione dei costi della manodopera, elemento essenziale dell’offerta stessa, comporta un’inammissibile rettifica di un elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica successivamente alla presentazione della stessa è quanto ribadito dal TAR Veneto, sez. I, sent., 9 febbraio 2024, n. 230.
Verifica di anomalia dell’offerta: il caso
La sentenza in commento origina da una procedura aperta per l’affidamento “del servizio di raccolta, trasporto, recupero di fanghi disidratati non pericolosi, prodotti dal trattamento di depurazione delle acque reflue urbane” da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso. In particolare, veniva impugnata l’esclusione da una procedura di gara disposta nei confronti dell’impresa aggiudicataria all’esito della fase di verifica di anomalia dell’offerta.
La stazione appaltante, infatti, chiedeva spiegazioni in relazione al ribasso praticato dall’impresa in relazione al costo della manodopera.
Durante la fase di verifica di anomalia dell’offerta emergeva che l’impresa aveva, per asserito errore, omesso di considerare gli aumenti previsti dai rinnovi contrattuali e provvedeva, quindi, a riformulare un nuovo prospetto dei costi della manodopera. Ragione per la quale l’impresa aggiudicataria viene esclusa con il provvedimento impugnato in sede giurisdizionale. Il ricorso spiegato, tuttavia, non ha trovato accoglimento da parte del TAR Veneto.
La modifica dell’offerta economica in sede di verifica dell’anomalia
Nel caso in commento si discute dell’ipotesi in cui un’impresa, chiamata a dare conto dei prezzi praticati in sede di verifica di anomalia dell’offerta, si trovi a modificare, in tutto o in parte, la propria offerta economica.
Chiariamo subito che, come anche ribadito dalla sentenza in commento, una simile ipotesi è ritenuta illegittima da parte della giurisprudenza. Questo perché risulta essere lesiva della par condicio tra i concorrenti oltre che in contrasto con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
Il costo della manodopera costituisce elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, che non può essere oggetto di rettifica in sede di verifica di anomalia dell’offerta, pena l’incisione degli interessi pubblici posti a presidio delle esigenze di tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti.
Cosa cambia con il nuovo codice
La difesa della società ricorrente aveva invocato il mutato quadro normativo introdotto con il d.lgs. n. 36/2023 nel quale i principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato avrebbero un ruolo centrale di conformazione del sistema, risultando così contrario al principio del raggiungimento dello scopo escludere l’offerta della ricorrente che garantiva all’Amministrazione un maggior risparmio di spesa.
La tesi non ha convinto i Giudici che hanno, al contrario, chiarito come la giurisprudenza formatasi nella vigenza dell’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 non può ritenersi superata alla luce dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici in quanto questo si pone in linea di continuità con il codice previgente nell’assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo di indicare in via separata il costo della manodopera e gli oneri di sicurezza così da assicurare che gli operatori economici svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi prima di formulare il proprio “ribasso complessivo” (così come indicano, in termini generali, gli artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, d.lgs. n. 36/2023).

