Edilizia

Titolo edilizio, quando l’impugnazione da parte di terzi è tardiva?

Consiglio di Stato: chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio ha l'onere di esercitare sollecitamente l'accesso documentale agli atti del procedimento edilizio
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Titolo edilizio, quando l’impugnazione da parte di terzi è tardiva?
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7887 del 10 dicembre 2020, prende in esame il diritto di terzi ad impugnare un titolo edilizio. Chiarendo che “costituisce onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio il sollecito esercizio dell’accesso documentale” per evitare che il ricorso sia dichiarato tardivo.

Il fatto: ricorso contro una Dia per ristrutturazione edilizia

Due comproprietari di un fabbricato a uso residenziale avevano presentato ricorso contro una serie di titoli edilizi rilasciati, o comunque validati, per interventi eseguiti su due immobili su un terreno confinante. Gli interventi contestati attenevano sia ad un corpo di fabbrica principale, sia ad un manufatto allo stesso accessorio, originariamente adibito a legnaia. E si erano concretizzati in una ipotizzata ristrutturazione, realizzata attraverso demolizione e successiva ricostruzione, con vari adeguamenti progettuali alla copertura e alla allocazione. Il Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, aveva dichiarato inammissibile, in parte respinto, il ricorso avverso la Dia riferita alla legnaia, in quanto riteneva corretta la qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia, seppure con gli adattamenti apportati in sede ricostruttiva al locale legnaia, riducendone la volumetria attraverso la modifica della tipologia di copertura.

La sentenza: per la tardività del ricorso rileva la percezione dell’effetto lesivo dell’intervento contestato

Il Consiglio di Stato, in merito alla tardività del ricorso, rileva che “ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un titolo edilizio, anche non espresso, quale la Dia (oggi Scia) da parte di terzi, rileva la percezione dell’effetto lesivo, la quale a sua volta si atteggia diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità  del titolo edilizio per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l’inedificabilità  assoluta dell’area) ovvero, come nel caso di specie, in relazione al suo contenuto specifico (ad esempio, per eccesso di volumetria assentita o per violazione delle distanze minime tra fabbricati).” Il momento da cui computare i termini per la decadenza di un ricorso nell’ambito dell’attività  edilizia, è dunque individuato, secondo la giurisprudenza, a seconda dei casi, quando il ricorrente prende coscienza del danno:
  • nell’inizio dei lavori, ove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area di interesse (l’an dell’edificazione);
  • nel completamento e grado di sviluppo dell’opera, tali da renderne palese l’esatta dimensione e la finalità, quando si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.).

La prova della tardività del ricorso

L’onere di provare la tardività del ricorso incombe sulla controparte, che deve provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo da parte del ricorrente (ad esempio, con la presenza in loco del cartello dei lavori, specie se munito di rendering e indicazione puntuale del titolo edilizio, oppure con l’effettiva comunicazione tramite pubblicazione all’albo pretorio del comune del suo rilascio; tramite l’entità  del tempo trascorso fra l’inizio dei lavori e la proposizione del ricorso, o l’effettiva residenza del ricorrente in zona confinante con il lotto su cui sono in corso i lavori; ecc. ). Per contro, chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio ha l’onere di esercitare sollecitamente l’accesso documentale.

L’accesso agli atti del procedimento edilizio

La richiesta di accesso agli atti non è idonea di per sé a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se da un lato deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall’altro deve parimenti essere salvaguardato quello del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali. Proprio con riferimento ad opere assentite tramite Dia, il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che la tipologia del titolo rende di regola effettivamente necessaria l’acquisizione degli atti per individuarne gli esatti confini e la conseguente lesività, non essendo sufficiente la mera visualizzazione dei suoi estremi sul cartello di cantiere. Non senza ricordare, tuttavia, che la tempestività  del ricorso va comunque valutata avuto riguardo all’avvenuta celere richiesta per l’accesso agli atti del relativo procedimento edilizio.

Il caso in esame

Nel caso in esame, gli appellanti erano a conoscenza dei titoli edilizi da epoca ben anteriore alla richiesta di accesso agli atti, o quanto meno erano in condizione di poterli conoscere. Se solo si fossero tempestivamente attivati per chiederne la visione. Appare infatti provato che hanno praticamente “accompagnato” il procedimento, affiancando le parti avverse nel tentativo di addivenire ad una soluzione condivisa, avendo piena contezza dell’avvio dei lavori, senza tuttavia preoccuparsi di verificarne la lamentata potenziale lesività  dei propri interessi. Solo a lavori ultimati, o pressoché ultimati, dopo una faticosa e documentata interlocuzione sui continui aggiustamenti progettuali, non essendosi trovato un punto di vista comune, i ricorrenti hanno sollecitato il potere di vigilanza. E, trascorse ancora alcune settimane, hanno presentato formale istanza di accesso agli atti. Ciò non basta a legittimare il ricorso contro interventi “assentiti da tempo, osteggiati da subito, visibili nel loro avanzato sviluppo, e purtuttavia asseritamente ignorati nella loro consistenza documentale, la cui conoscenza è stata sollecitata solo a distanza di mesi dal perfezionarsi dei termini di utilizzo delle Dia”. Alla luce di tali considerazioni, il Collegio ha accolto l’appello incidentale in ordine alla tardività del ricorso di primo grado, dichiarandolo inammissibile in appello.
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