Terzo condono edilizio: non necessario che il diniego di sanatoria specifichi il tipo di vincolo
Non sono sanabili gli aumenti volumetrici nell’ambito del terzo condono edilizio. Lo ha ribadito con una recente sentenza la sesta sezione del Consiglio di Stato (sent. n. 1182 del 03.02.2023), precisando che il Comune, stante il divieto di sanatoria, non è tenuto neppure a specificare nel provvedimento di diniego la natura del vincolo che osta al rilascio del condono.
Il caso
La vicenda trae origine dal rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di un’autorimessa interrata. In fase di esecuzione dei lavori, il proprietario, modificando la quota di imposta del solaio dell’autorimessa, aveva realizzato invece due unità immobiliari sulla copertura di quest’ultima. Munito di certificato di destinazione urbanistica dell’area, dalla quale non risultava alcun vincolo di inedificabilità, egli aveva presentato al Comune tre istanze di condono in base al Dl. 269/2003 (terzo condono edilizio) per sanare le nuove costruzioni prive di titolo abilitativo e le modifiche costruttive apportate all’autorimessa. Il Comune tuttavia aveva respinto le tre istanze di condono, adducendo a motivo del diniego la presenza di un non meglio specificato vincolo ambientale.
Il TAR, adito dal proprietario contro i dinieghi, aveva confermato la decisione negativa del Comune, ritenendo che sull’area insistesse un vincolo idrogeologico, vincolo diverso da quello menzionato nei dinieghi. Inoltre il proprietario lamentava di aver presentato la domanda di condono dopo aver verificato che nel certificato di destinazione urbanistica dell’area non fosse menzionato alcun vincolo.
La questione è stata esaminata dal Consiglio di Stato.
Terzo condono edilizio, diniego di sanatoria e vincoli di inedificabilità
Preliminarmente il Collegio ha evidenziato come la disciplina del terzo condono edilizio non ammetta la possibilità di sanare opere che comportino la realizzazione di nuova volumetria, in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, tanto relativo quanto assoluto. Pertanto, per i Giudici di Palazzo Spada non sarebbe rilevante stabilire quale tipo di vincolo (se ambientale o idrogeologico) fosse esattamente richiamato nei provvedimenti di diniego, dal momento che in ogni caso la presenza di un vincolo paesaggistico avrebbe reso inammissibile la sanatoria.
Per di più i Giudici d’appello ritengono verosimile che il proprietario fosse a conoscenza del tipo di vincolo gravante sull’area, perché davanti al TAR egli stesso aveva prodotto una cartografia per dimostrare come l’immobile fosse ubicato oltre la fascia costiera dei trecento metri dalla linea di battigia di un fiume.
L’assenza di menzione del vincolo nel certificato di destinazione urbanistica non è stata considerata rilevante dal Consiglio di Stato, perché detto certificato “ha carattere meramente dichiarativo della regolamentazione cui è soggetta una determinata area”. L’appello del proprietario è stato dunque rigettato.

