Edilizia

Abusi edilizi: i poteri obbligatori della Pubblica Amministrazione

Quando un cittadino segnala un abuso edilizio, la Pubblica Amministrazione non può restare inerte: scattano precisi doveri di vigilanza e verifica
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Abusi edilizi: i poteri obbligatori della Pubblica Amministrazione

Configura un’ipotesi di silenzio/inadempimento l’inerzia del Comune che, invitato dal privato fornito della legittimazione attiva necessaria, costituita dalla cosiddetta vicinitas, si astiene dall’esercizio dei propri poteri repressivi degli abusi edilizi realizzati dal confinante, essendo insufficiente il solo avvio del relativo procedimento amministrativo ad integrare una valida causa esimente da responsabilità per l’omissione realizzata dalla pubblica amministrazione interessata.

Lo ha ricordato il TAR Sicilia nella sentenza numero 1183 del 28 maggio 2025, riprendendo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa sul punto (TAR Campania, numero 1534/2018; TAR Lombardia, numero 2171/2018).

Silenzio/inadempimento del Comune: i fatti di causa

La vicenda trae origine dalla segnalazione con la quale un privato informava l’amministrazione comunale del fatto che il proprio vicino (i due erano residenti all’interno della medesima palazzina), aveva realizzato alcuni interventi edilizi probabilmente non validamente assentiti, invitando contestualmente il Comune ad avviare e concludere il procedimento amministrativo finalizzato alla verifica della regolarità urbanistico/edilizia delle opere realizzate e, in caso di accertamento dell’illecito presunto, ad emettere la conseguente ordinanza di demolizione, ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. 380/2001.

Non avendo ricevuto riscontro nel termine previsto di 30 giorni, l’istante proponeva ricorso innanzi al TAR Sicilia, contestando il silenzio/inadempimento dell’amministrazione.

Quest’ultima, nel costituirsi in giudizio, censurava la pretesa del ricorrente, producendo, a sostegno dell’infondatezza delle doglianze da quest’ultimo sollevate, una nota di servizio con la quale il dirigente del settore Urbanistica del Comune aveva invitato la Polizia municipale ad effettuare un sopralluogo, teso alla verifica delle circostanze denunciate ed all’accertamento dell’eventuale attività edilizia realizzata senza titolo.

La decisione del collegio amministrativo

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, con la sentenza numero 1183/2025, ha accolto integralmente il ricorso, accertando l’illegittimità del silenzio/inadempimento serbato dall’intimato sull’istanza della parte istante, ordinando contestualmente al Comune di provvedere entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla notifica o dalla comunicazione del provvedimento in commento, nel quale si specifica, peraltro, che, perdurando l’inerzia del resistente oltre il predetto termine, subentrerà un commissario ad acta, già individuato nel Responsabile dell’Ufficio Tecnico di altro Comune limitrofo.

Il fondamento normativo del silenzio/inadempimento da parte del Comune

Il TAR Sicilia fonda la propria decisione sul dettato letterale dell’articolo 27 del d.P.R. 380/01, a mente del quale: “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi”.

Ne consegue, ad avviso del collegio, che la segnalazione del ricorrente circa la possibile realizzazione di un abuso da parte del proprio vicino, ha di fatto dato il via ad un procedimento amministrativo che, necessariamente, deve concludersi con un provvedimento espresso emesso dalla pubblica amministrazione, secondo l’articolo 2, comma 1, della legge 241/90.

Dal combinato disposto delle norme richiamate, dunque, per il TAR Sicilia, deriva la configurabilità del silenzio/inadempimento nelle ipotesi di inerzia dell’amministrazione intimata, invitata all’esercizio di poteri repressivi di abusi edilizi da parte del privato confinante, sussistendo a carico del Comune un vero e proprio obbligo legale di vigilanza sull’attività edilizia locale.

L’insufficienza del solo avvio del procedimento

Al riguardo, infine, il collegio decidente, rileva che non è sufficiente il solo avvio del procedimento amministrativo finalizzato all’accertamento dell’illecito, nel caso di specie rappresentato dalla nota prodotta dal resistente con la quale l’ufficio urbanistica dava mandato alla Polizia municipale di accedere sui luoghi della presunta violazione, dovendosi, quest’ultimo, necessariamente concludere con un provvedimento espresso da parte dell’autorità territoriale preposta ex lege alla vigilanza dell’attività edilizia sul territorio.

La nota in oggetto, infatti, esattamente come il pur avvenuto sopralluogo ispettivo, non possono in alcun modo essere interpretati come adempimento dell’obbligo di provvedere, sussistente a carico dell’ente locale, del quale, pertanto, deve dichiararsi l’illegittimità del silenzio mantenuto nella fattispecie.

Ricorso accolto, dunque, accertata l’inadempienza dell’ente locale e condanna (anche) alle spese di lite a carico dell’intimato soccombente.

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