Edilizia

Restauro e risanamento, quando va versato il contributo di costruzione?

La divisione e il frazionamento di un immobile in più unità immobiliari distinte comporta un incremento del carico urbanistico con conseguente pagamento degli oneri di urbanizzazione
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Restauro e risanamento, quando va versato il contributo di costruzione?
Il Tar Piemonte, nella sentenza n. 446 del 27 aprile 2021, tratta un ricorso contro il Comune per l’accertamento della gratuità o comunque dell’esonero dal pagamento del contributo di costruzione dovuto ex art. 16 dpr 380/2001 per interventi di “cambio uso e recupero rustici”, per la quota afferente gli oneri di urbanizzazione e per la quota afferente il costo di costruzione, con annullamento del relativo provvedimento, a seguito di una richiesta di permesso di costruire per intervento di restauro e risanamento conservativo, con modifiche interne e di facciata e la modifica di destinazione d’uso da magazzino a spazi abitativi di un locale situato al piano terra e recupero a fini abitativi di un sottotetto. Il ricorrente sosteneva l’inesistenza dell’obbligo di versare alcun contributo di costruzione al Comune per il predetto intervento, dato che era stato realizzato prima dell’entrata in vigore della l. n. 10/1977, quando ancora il passaggio dall’utilizzo “rurale” (da parte dell’imprenditore agricolo a servizio della conduzione dell’azienda agricola) all’utilizzo “civile” (da parte di soggetti privi della qualifica di imprenditore agricolo e per esigenze abitative svincolate dalla conduzione del fondo) non configurava alcuna modifica della destinazione d’uso giuridicamente rilevante, dal momento che il titolo abilitativo autorizzava entrambi gli utilizzi. E la gratuità era prevista, in modo generalizzato, per il rilascio di qualsivoglia titolo edilizio.

Cambio di destinazione da “rurale” a “civile”

I giudici amministrativi hanno effettivamente accertato che per i fabbricati rurali realizzati prima dell’entrata in vigore della l. n. 10/1977 potevano e possono tuttora essere liberamente adibiti ad abitazione anche da parte chi non rivesta la qualifica di imprenditore agricolo, senza che da ciò derivino conseguenze. Stando alla normativa applicabile a questi immobili, non può perciò configurarsi un mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante laddove l’immobile sia abitato da un soggetto che nulla ha a che fare con l’attività agricola. La modifica soggettiva di colui che abita l’immobile non può certo determinare, di per sé sola, un maggior carico urbanistico che possa giustificare la pretesa al pagamento degli oneri di urbanizzazione: il carico urbanistico resta lo stesso, nel caso in cui l’immobile sia abitato dall’imprenditore agricolo oppure da un soggetto che non rivesta tale qualifica. Quindi, il Tar ha ritenuto illegittimo il provvedimento impugnato, nella parte in cui quantifica gli oneri di urbanizzazione configurando un mutamento di destinazione d’uso del fabbricato da residenza “rurale” a residenza “civile”. Ma da questa conclusione non discende tuttavia l’insussistenza dell’obbligo del pagamento del contributo di costruzione.

Carico urbanistico e oneri di urbanizzazione

Il permesso di costruire oggetto della controversia prevedeva la realizzazione di un intervento di frazionamento che determina la creazione di sei unità abitative in luogo delle quattro originare, con un incremento pari al 50 % delle preesistenti unità immobiliari, il cambio di destinazione d’uso di un locale situato al piano terra in precedenza destinato a magazzino e trasformato in una nuova unità abitativa e il recupero ai fini abitativi del sottotetto. Come la a giurisprudenza ha chiarito in più occasioni un intervento di questo tipo –  la divisione e il frazionamento di un immobile in più unità immobiliari distinte – comporta un incremento del carico urbanistico. E’ richiamata, in particolare, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV , n. 2838 del 17 maggio 2012, secondo cui “ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di corresponsione degli oneri concessori, è rilevante il verificarsi di un maggior carico urbanistico quale effetto dell’intervento edilizio, sicché non è neanche necessario che la ristrutturazione interessi globalmente l’edificio – con variazioni riguardanti nella loro interezza le parti esterne ed interne del fabbricato – ma è soltanto sufficiente che ne risulti comunque mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri conseguentemente riferiti all’oggettiva rivalutazione dell’immobile e funzionali a sopportare l’aggiuntivo carico “socio – economico ” che l’attività edilizia comporta, anche quando l’incremento dell’impatto sul territorio consegua solo a marginali lavori dovuti ad una divisione o frazionamento dell’immobile in due unità o fra due o più proprietari”.

Obbligo del pagamento degli oneri di urbanizzazione

L’intervento edilizio in esame porta, quindi, a un maggior carico urbanistico in relazione alla aumentata potenzialità di insediamento nell’immobile, con conseguente obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione. Pertanto, il provvedimento impugnato, nella misura in cui è volto ad assoggettare al contributo di costruzione l’incremento di carico urbanistico generato dall’intervento, è stato ritenuto legittimo. Ma il Tar lo ha annullato nella parte in cui assoggetta a contributo per oneri di urbanizzazione il mutamento di destinazione d’uso da residenza a rurale a residenza civile. Tar Piemonte, sentenza n. 446 del 27 aprile 2021
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