Edilizia

Quando e come si prescrive il reato edilizio?

Quando e come si prescrive il reato edilizio? Qual è l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione in materia? Un’attenta analisi dell’orientamento giurisprudenziale e di casistica, firmata dal Prof. Paolo Tanda
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Quando e come si prescrive il reato edilizio?
Quando e come si prescrive il reato edilizio? Qual è l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione in materia? In questo articolo, il Prof. Paolo Tanda, autore del volume “I reati urbanistico-edilizi”, edito da CEDAM Wolters Kluwer, propone un’attenta disamina di casistica prevista dall’orientamento giurisprudenziale. Dello stesso autore è stato pubblicato l’articolo relativo all’autorizzazione sismica in sanatoria (o postuma). Per maggiori informazioni sul volume “I reati urbanistico-edilizi” consulta il box qui di seguito.

Termini di prescrizione

È noto che il reato edilizio costituisce un’ipotesi di contravvenzione e non di delitto. In passato, ai sensi dell’art. 157 c.p. previgente, per le contravvenzioni per cui la legge stabilisce la sola pena dell’ammenda, il termine di prescrizione era di due anni, prolungato della metà ex art. 160 c.p. Invece, per le contravvenzioni per cui la legge stabilisce la pena dell’arresto il termine di prescrizione era di anni tre prolungato della metà ex art. 160 c.p. La L. 5 dicembre 2005, n. 251 ha innovato in ordine al tempo necessario a prescrivere, prevedendo per tutte le contravvenzioni, ancorché punite con la sola pena pecuniaria, il termine di anni quattro, prolungato ex art. 160, co. 3, c.p. e art. 161, co. 2, c.p., non oltre un quarto, oppure della metà nei casi di cui all’art. 99, co. 4, c.p., e del doppio nei casi di cui agli artt. 102, 103 e 105 c.p. In materia di reati edilizi il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione è nel senso che grava sull’imputato, che voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine diversa da quella risultante dagli atti. Restando a carico dell’accusa l’onere della prova della data d’inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta la mera affermazione dell’imputato a far ritenere che il reato edilizio si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l’incertezza della data d’inizio della decorrenza del relativo termine.

Oneri dell’imputato

Pertanto, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato, che voglia giovarsi della causa estintiva in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a poter concretamente disporre, per determinare la data d’inizio del decorso del termine di prescrizione: trattandosi di reato edilizio, la data di completa esecuzione e, quindi, di ultimazione dell’opera incriminata. In particolare, per quanto riguarda tale ultimazione dell’opera abusivamente realizzata, è assolutamente consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la cessazione della permanenza del reato di costruzione abusiva va individuato nel momento della ultimazione dell’opera, ivi comprese le rifiniture esterne ed interne, atteso che la particolare nozione di ultimazione, contenuta nell’art. 31 della l. 28 febbraio 1985 n. 47, e che anticipa tale momento a quello della ultimazione della struttura, è funzionale ed applicabile solo in materia di condono edilizio e non anche per stabilire in via generale il momento consumativo sia del reato di costruzione in difetto di permesso di costruzione sia del reato di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, allorquando venga realizzato mediante una condotta che si protrae nel tempo. In tali casi è evidente che il reato, essendo di natura permanente, si consuma con l’esaurimento totale dell’attività o con la cessazione della condotta per altro motivo. È vero che anche il sequestro determina la cessazione della permanenza ma, chiaramente, solo in quanto si concretizzi come evento impeditivo della prosecuzione dei lavori. È di tutta evidenza, pertanto, che la data del sequestro del manufatto, qualora successiva alla ultimazione di quest’ultimo, non possa avere alcuna autonoma rilevanza per il computo dei termini di prescrizione, in quanto la permanenza del reato è già cessata con l’ultimazione del manufatto stesso: ciò vale, come detto, anche per la violazione dell’art. 181 d.lgs. n. 42/2004 ove la contestazione abbia anch’essa ad oggetto la realizzazione del manufatto (cfr. Cass., sez. III, 13 giugno 2012 (ud. 11 aprile 2012), n. 23222). È stato anche chiarito che, pur ritenendosi effettivamente applicabile il principio del favor rei, nel senso che, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, tale termine va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma tale incertezza deve in qualche modo risultare da dati obiettivamente valutabili e non può essere fondata su mere asserzioni dell’imputato, specie nel caso in cui queste vengano formulate in modo del tutto apodittico e generico (Cass., sez. III, 27 giugno 2012 (ud. 30 maggio 2012), n. 61, Raneri, in www.lexambiente.it.).

Altri oneri dell’imputato che ricorra alla prescrizione di reato

Pure di recente è stato precisato (Cass., sez. III, 16 luglio 2018 (ud. 29 marzo 2018), n. 32478, Dilena) che il ricorrente, qualora invochi nel giudizio di cassazione la prescrizione del reato, assumendo per la prima volta in questa sede che la data di consumazione è antecedente rispetto a quella contestata, ha l’onere di riscontrare le sue affermazioni fornendo elementi incontrovertibili, idonei da soli a confermare che il reato è stato consumato in data anteriore a quella contestata, e non smentiti né smentibili da altri elementi di prova acquisiti al processo. E’ stato anche puntualizzato che – ai fini del decorso del termine di prescrizione del reato di cui all’art. 44, primo comma, lett. b, T.U. edilizia – l’uso effettivo dell’immobile, accompagnato dall’attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente al fine di ritenere “ultimato” l’immobile abusivamente realizzato, coincidendo l’ultimazione con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi, anche in relazione alle parti che costituiscono annessi dell’abitazione, come i locali destinati a magazzino e garage, essendo peraltro onere dell’imputato che voglia retrodatare la consumazione del reato dimostrare di avere non solo sospeso l’attività edilizia, ma anche di aver inteso lasciare volutamente l’opera abusiva nello stato in cui è stata rinvenuta (Cass., sez. III, 12 ottobre 2018 (ud. 3 luglio 2018), n. 46215, Stefani). Infine, è stato specificato che nell’ipotesi di rinvii disposti in attesa della definizione della domanda di condono edilizio, allorché l’abuso non rientri nelle previsioni della legge di sanatoria, non opera la sospensione del decorso della prescrizione. In tal caso, invero, non si tratta di rinvii imposti da una disposizione di legge ai sensi dell’art. 159 c.p. È stato, peraltro, già reiteratamente affermato dalla Suprema Corte che la sospensione del procedimento per reati edilizi, in relazione alla domanda di condono edilizio prevista dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, non può essere disposta in relazione ad opere non condonabili, con la conseguenza che l’eventuale periodo di sospensione deve essere considerato ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato (Cass., sez. III, 10 marzo 2011 (ud. 26 gennaio 2011), n. 27960, n. 9670, Rizzo, in www.lexambiente.it).
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