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Ponte sullo Stretto, i dubbi di Anac: “Il decreto penalizza il Pubblico”

Audizione dell’Anticorruzione alla Camera dei Deputati: tra i temi trattati, il PNRR e il nuovo Codice degli Appalti
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Ponte sullo Stretto, i dubbi di Anac: “Il decreto penalizza il Pubblico”
Sul Ponte sullo Stretto scatta un nuovo alert, questa volta dell’Anac. Il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia, nel corso della presentazione della Relazione annuale dell’attività presso la Camera dei Deputati, ha posto una serie di rilievi in merito alla realizzazione dell’infrastruttura. “Rileviamo uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico”, ha detto Busia. Tra i temi affrontati, anche quelli legati al PNRR, che stando ad Anac necessita di una rinegoziazione. E ancora: l’eccessivo utilizzo di deroghe e soglie alte nel nuovo Codice appalti portano a “scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi”, senza dimenticare i pericoli del subappalto a cascata. Inoltre, da considerare i freni posti all’ingresso di donne e giovani negli appalti PNRR, la non introduzione nel Codice dell’obbligo di dichiarare il titolare effettivo, come richiesto da Anac.

Il Ponte sullo Stretto

Le criticità relative alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina sono evidenti. Come ha spiegato Busia, il Decreto ha portato ad un evidente squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata. Tutto “a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi. Il recente decreto-legge, sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa, ha riavviato l’iter di realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria. Sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica”. Interventi “non accolti, tuttavia, dal Governo in sede di conversione del decreto”. Altro capitolo, il PNRR, dove sarà decisiva la “negoziazione di alcune misure”, ha detto Busia. “Non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei”.

Il Codice degli Appalti

Sempre in tema di PNRR, il richiamo di Anac è concentrato sul lavoro di donne e giovani coinvolti nella realizzazione degli appalti. Nonostante l’impegno sulla disciplina della parità generazionale e di genere nei contratti pubblici, i dati confermano che quasi nel 60% degli appalti sopra i 40.000 euro e nel 44% di quelli sopra i 150.000 euro, le stazioni appaltanti non hanno inserito, nei bandi, le relative clausole. Sul nuovo Codice degli Appalti, la posizione di Anac è chiara: la deroga non deve essere la regola. Busia è rimasto sorpreso dal ricorso a “scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi”. Con l’unico obiettivo di velocizzare le procedure. Tra i rischi maggiori: l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a 5 milioni di euro.

Le stazioni appaltanti

Altro tema, la qualificazione delle stazioni appaltanti, indispensabile per la modernizzazione dell’Italia e raggiungere standard europei. Secondo Busia “Le potenzialità insite nella riforma sono state limitate innalzando a 500.000 euro la soglia oltre la quale è obbligatoria la qualificazione per l’affidamento di lavori pubblici”. Il risultato? “Escludere dal sistema di qualificazione quasi il 90% delle gare espletate”. E ancora: “Non possiamo più sostenere un’architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero, unitamente alla concentrazione delle procedure di affidamento in alcune decine di centrali di committenza specializzate, diffuse sul territorio”. Solo così si potranno avere “procedure rapide, selezionando i migliori operatori e garantendo maggiori risparmi nell’interesse generale”.

Il subappalto a cascata

Busia ha poi messo in guardia sui rischi del “subappalto a cascata”, reintrodotto dal nuovo Codice appalti. Un istituto che per poter conservare una ragione economica, “quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere”. Quanto all’obbligo di dichiarare il titolare effettivo nelle gare pubblicheBusia ha rimarcato: “Si è persa l’occasione di introdurre nel Codice l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa, rafforzandolo con adeguate sanzioni per l’omessa o la falsa dichiarazione. Gli enti pubblici devono conoscere i soggetti con cui intrattengono rapporti contrattuali, al di là degli schermi societari. Speriamo che il legislatore voglia presto colmare tale mancanza”.
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