Pluralità di abusi edilizi? Occorre una visione globale
Respinto il ricorso del proprietario di un immobile residenziale assentito con permesso di costruire in sanatoria. Il ricorso respinto dal Tar Lazio, nella sentenza n. 9067 del 12 maggio 2025, era contro l’ordinanza con cui il Comune aveva ingiunto al proprietario la demolizione di opere abusive realizzate in assenza di permesso di costruire e del nulla-osta del Genio Civile, con avviso di acquisizione al patrimonio comunale in caso di inottemperanza. Si contestava una pluralità di abusi edilizi. Vediamo quali.
Quali erano gli abusi contestati?
Gli abusi edilizi contestati riguardavano:
- la realizzazione di un portico al piano seminterrato posto in adiacenza del fabbricato principale delle dimensioni di ml 4.20 x 1,10 per una superficie totale di mq 46,62;
- la realizzazione di un terrazzo a servizio del piano terra rialzato, sovrastante il portico, delle dimensioni di ml 4,30 per 12,50 per un totale di mq 56,25;
- la realizzazione di una scala in ferro di collegamento tra il portico ed il terrazzo;
- il cambio di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale di una porzione del piano seminterrato per soli mq 48,23 pari a mc 132,00 e relativa modifica delle tramezzature interne;
- il cambio della destinazione d’uso da non residenziale a residenziale della veranda posta al piano terra rialzato per una superficie di mq. 11,79 con relativa modifica dei prospetti consistenti nella chiusura di una finestra adiacente la porta di ingresso e trasformazione delle finestrature in due porte finestre;
- la realizzazione di una pensilina a “L” per un aggetto di cm. 115;
- la realizzazione di un manufatto in mattoni di cemento e solaio piano, di superficie di mq. 52,05 per una altezza parte di ml.2,40 e parte di ml. 2,60, il tutto per un totale di mc.127,00.
Qual era la prospettiva del ricorrente?
Secondo il ricorrente, l’amministrazione sarebbe incorsa in difetto di istruttoria e di motivazione, nonché travisamento dei fatti, con riferimento agli abusi descritti ai punti 4) e 5), non essendo stati indicati nell’ordinanza gli elementi valorizzati al fine di contestare l’abusivo cambio di destinazione d’uso, considerato che non è sufficiente la mera presenza di mobilio, in quanto essa afferisce al momentaneo uso della proprietà privata che non ha, di per sé, alcuna rilevanza edilizia, costituendo espressione della facoltà di godimento.
Anche il bagno (realizzato al piano seminterrato, assentito come “locale rustico”) sarebbe compatibile con un momentaneo passaggio del proprietario nel locale cantina.
La veranda, infine, era stata prevista con una sua autonoma consistenza volumetrica in sede di condono, senza che sia stato realizzato alcun aumento di superficie e/o volume o il passaggio da una categoria urbanistica all’altra.
Le altre opere contestate dall’amministrazione non necessitavano di permesso di costruire. Segnatamente: la pensilina (aperta su tutti i lati e di spessore inferiore al metro) era essenzialmente funzionale a proteggere gli infissi dagli agenti atmosferici e aveva natura di pertinenza (trattandosi di elemento architettonico con finalità di arredo, riparo o protezione, accessorio all’edificio principale).
Anche la scala esterna aveva natura di pertinenza, essendo preordinata ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale.
Il portico e il terrazzo (che in realtà costituirebbero un’unica opera) configuravano interventi di risanamento conservativo e non sviluppano superficie utile. Si trattava, pertanto, di opere assoggettate a Scia e dunque a sanzione pecuniaria.
L’abusivo cambio di destinazione d’uso era stato già accertato
I giudici amministrativi laziali hanno ritenuto infondati tali motivi, in quanto l’abusivo cambio di destinazione d’uso era stato accertato dall’amministrazione comunale previo sopralluogo, con mutamento della destinazione d’uso degli ambienti, che erano stati stabilmente adibiti ad uso abitativo.
Alcuni dei locali del seminterrato avevano destinazione di “deposito”, “cantina”, “legnaia” e “ripostiglio”, laddove la restante superficie era stata assentita come “locale rustico”. I locali erano arredati e dotati di quanto necessario per il loro stabile e permanente utilizzo a fini residenziali.
A fronte di tali contestazioni suffragate da un’istruttoria immune da vizi, il ricorrente si era limitato a mere asserzioni generiche, senza addurre argomenti di prova a sostegno dell’asserita temporaneità dell’uso a fini abitativi. Ciò valeva anche con riferimento al riscontrato mutamento della destinazione d’uso della veranda.
In presenza di una pluralità di abusi edilizi non è ammissibile una loro valutazione atomistica
La sentenza segue il “granitico” indirizzo giurisprudenziale, secondo cui in presenza di una pluralità di abusi edilizi non è ammissibile una loro valutazione atomistica, essendo necessario un loro apprezzamento globale, al fine di appurare se i medesimi, nel loro complesso, realizzino una stabile alterazione dello stato dei luoghi e dunque pregiudichino l’ordinato assetto del territorio:
Laddove vengano in rilievo una serie di abusi, edilizi o paesaggistici, effettuati sul medesimo immobile, la loro valutazione, per individuare quelli assentibili con una semplice Scia e quelli che invece necessitano di un permesso di costruire, richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall’insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni.
Pluralità di abusi edilizi: la sanzione demolitoria era dunque legittima
Nel caso in esame, viste le plurime difformità riscontrate, rispetto al pdc in sanatoria, e in particolare le diverse variazioni strutturali di non irrilevante dimensione e consistenza all’edificio residenziale, che ne hanno mutato in maniera apprezzabile la conformazione esterna, il Tar Lazio ha ritenuto del tutto legittima la sanzione demolitoria irrogata dal Comune, trattandosi di interventi che, nel loro complesso, hanno determinato un’apprezzabile alterazione dello stato dei luoghi.

