Il Consiglio di Stato, nella
sentenza n. 3393 del 27 aprile 2021, scrive un nuovo capitolo della storia infinita inerente l’argomento pergotenda e permesso di costruire. Il Consiglio infatti stabilisce l’illegittimità di un’ordinanza di demolizione di tale tipologia di manufatto, se privo di tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, inidoneo quindi a creare un nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume.
Le pergotende in questione erano state realizzate su una terrazza,
una su telaio in metallo preesistente ancorato al muro ed al balcone ed
una non fissata al pavimento, e
un’altra non fissata alla pavimentazione. Il Comune di Roma Capitale aveva disposto un’ordinanza di demolizione (con l’irrogazione di una sostanziosa sanzione pecuniaria amministrativa) perché i manufatti insistevano su un
immobile vincolato ad uso abitativo. Oltre ad essere
prive di autorizzazione sismica, ritenuta necessaria per l’asserita “dimensione” delle opere.
Il proprietario ricorreva contro il provvedimento, facendo presente che si trattava di
manufatti amovibili, con elemento principale la tenda, quale mero arredo pertinenziale, senza alcun impatto visivo, rientranti tra le opere di edilizia libera. Ma in primo grado il ricorso era stato rigettato, per il fatto che le pergotende situate sui terrazzi dell’abitazione in questione, in quanto coperte e tamponate, nonché
ancorate al fabbricato con strutture in ferro bloccate a terra, avrebbero creato nuovi ambienti di permanente utilizzo. Con conseguente incremento di superficie e volumetria nonché modifica di sagoma e prospetto dell’edificio vincolato per il particolare pregio storico-artistico.
La nozione di pergotenda secondo il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, pronunciandosi in appello, richiama la nozione di pergotenda definita nella
sentenza della Seconda Sezione n. 840 del 28 gennaio 2021. Sentenza in cui sono individuati quali “nuove costruzioni” i manufatti leggeri, anche prefabbricati,
purché siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi o magazzini, e siano dotati di una propria autonomia funzionale, secondo la circolare interpretativa n. 19137 del 9 marzo 2012 del Comune di Roma Capitale, punto 3.2.
Distinguendole quindi dalla diversa
fattispecie dei gazebo, dei pergolati e delle tettoie “leggere” non tamponate lateralmente su almeno tre lati come tali aventi carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile, in quanto non mutano il preesistente utilizzo esterno dei luoghi al fine di valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità,
senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno. Questo a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dai connessi fenomeni di condensazione.
La circolare del Comune di Roma Capitale
La citata Circolare del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Attuazione degli Strumenti Urbanistici, del Comune di Roma Capitale, stabilisce che sono da considerarsi, a titolo esemplificativo,
interventi non subordinati ad alcun titolo abilitativo le “strutture semplici, quali
gazebo, pergotende con telo retrattile, pergolati, se elementi di arredo annessi ad unità immobiliari e/o edilizie aventi esclusivamente destinazione abitativa”, nonché “tende autoportanti, tende in aggetto, ombrelloni, pedane, fioriere al servizio degli esercizi commerciali e di ristorazione, ubicate su suolo pubblico, ferma restando l’acquisizione della specifica autorizzazione amministrativa in materia di occupazione di suolo pubblico e naturalmente esclusa la loro chiusura sui muri perimetrati”.
Pergotenda e permesso di costruire: solo in caso di variazione di sagoma e prospetto
Il Consiglio di Stato ritiene che l’elenco della predetta circolare si debba estendere anche ai manufatti tipo pergotende e che la qualifica dell’intervento in termini di “pergotenda”. Ovvero un’opera precaria sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale,
esclude la necessità di titolo edilizio. A meno che non determini una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio.
Nel caso in esame, non vi sono state tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, né è stato creato alcun nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume. Oltretutto,
la copertura e la parziale chiusura perimetrale, derivanti dalla realizzazione delle opere in questione,
non sono stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende, come appunto previsto e consentito dalla citata circolare del Comune di Roma.
Non essendovi dunque uno spazio chiuso stabilmente configurato,
non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Allo stesso modo, deve
escludersi che si sia realizzata una ristrutturazione edilizia in senso tecnico, dato che l’art. 3, lettera d), del dpr n. 380 del 2001, riconduce tale tipologia di intervento edilizio agli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, tra cui il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti.
Le opere in questione, dunque,
non necessitavano di alcuna autorizzazione a costruire, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati.
Consiglio di Stato, sentenza n. 3393 del 27 aprile 2021