Ordine di demolizione e diritto all’abitazione: occorre valutare la proporzionalità del provvedimento

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 23457 del 24 giugno 2025, tratta di diritto all’abitazione occupandosi dell’ordine di demolizione di un’opera abusiva, stabilendo che l’esistenza di tale atto, una volta adottato all’esito del giudizio sfociato con la sentenza di condanna, nella garanzia del contraddittorio tra le parti, non può più essere messa in discussione, pena l’arbitraria e non consentita eliminazione di una sanzione amministrativa rimessa e imposta al giudice, a date condizioni.
Diritto all’abitazione tra le garanzie dietro un ordine di demolizione
L’ordine di demolizione è infatti assunto in un quadro di garanzie che trovano immediata esplicazione nel contraddittorio del processo e nel contempo, esaurendosi in quella sede la tutela dei contrapposti interessi – privati e pubblici -, la demolizione consegue per scelta legislativa necessariamente, ossia inevitabilmente, all’accertamento penale della abusività dell’opera, di cui costituisce oggettiva quanto ineliminabile immediata conseguenza. Il giudice penale, contestualmente alla condanna, deve adottare l’ordine di demolizione, senza poter esplicare alcuna valutazione e contemperamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica e altri interessi.
Tali principi informano la sentenza della Corte di Cassazione, riguardante l’istanza di revoca dell’ordine di sgombero proposta dal Pubblico Ministero del tribunale in relazione all’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, a causa della gravissima situazione clinica della figlia dell’occupante.
Ordine di demolizione: quali criteri occorrono
Il Pm riteneva infatti che il giudice non avrebbe seguito i criteri che devono presiedere alla valutazione da svolgere nel dare esecuzione all’ordine di demolizione, evidenziando come le condizioni di salute della figlia dell’interessata non possano assumere di per sé una importanza decisiva, dovendo esse essere valutate congiuntamente con la consapevolezza della illiceità dell’intervento nonché con l’arco di tempo decorso dall’accertamento dell’abuso al fine di verificare se l’interessato abbia avuto la possibilità di legalizzare il manufatto abusivo o di reperire un’altra soluzione abitativa. Il giudice non avrebbe effettuato tale complessiva valutazione.
La Cassazione ricorda che il potere di ordinare la demolizione attribuito al giudice penale, pur di natura amministrativa, è volto al ripristino del bene tutelato in virtù di un interesse correlato all’esercizio della potestà di giustizia. Compete al Pubblico Ministero, quale organo promotore dell’esecuzione ex art. 655 c.p.p., determinare le modalità esecutive della demolizione, ed ove sorga una controversia concernente non solo il titolo, ma anche le modalità esecutive, va instaurato dallo stesso Pm, dall’interessato o dal difensore, un procedimento innanzi al giudice dell’esecuzione. Si precisa inoltre che l’ordine di demolizione delle opere abusive deve essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione del reato.
Il principio di proporzionalità
Chiariti questi aspetti di fondo e procedurali, la Corte di Cassazione affronta il tema della esecuzione dell’ordine di demolizione in rapporto alla violazione del diritto all’abitazione ed al rispetto della vita privata e familiare, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte EDU, secondo cui il principio di proporzionalità nell’applicazione dell’ordine di demolizione di un immobile illegalmente edificato, adottato da una pubblica autorità al fine di contrastare la realizzazione di opere senza permesso di costruire, opera esclusivamente in relazione all’immobile destinato ad abituale abitazione di una persona, ed implica, principalmente, garanzie di tipo “procedurale” inevitabilmente connesse al procedimento penale da cui è scaturito l’ordine di demolizione.
Ai fini della valutazione del rispetto del principio di proporzionalità, la Corte EDU ha infatti valorizzato essenzialmente:
- la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti ad un tribunale indipendente;
- la disponibilità di un tempo sufficiente per “legalizzare” la situazione, se giuridicamente possibile, o per trovare un’altra soluzione alle proprie esigenze abitative agendo con diligenza;
- l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti in cui verrebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori a frequentare la scuola.
La consapevolezza della illegalità e i contrapposti interessi
Inoltre, ai medesimi fini, un ruolo estremamente rilevante è stato attribuito alla consapevolezza della illegalità della costruzione da parte degli interessati al momento dell’edificazione, nonché alla natura ed al grado della illegalità realizzata.
Appare evidente, quindi, che il rapporto di proporzionalità, valorizzato in sede convenzionale, riguarda la relazione tra l’interesse pubblico alla tutela del territorio e l’interesse all’utilizzo dell’opera abusiva da parte di chi l’abbia realizzata o che comunque dovrebbe subire in via diretta le conseguenze dell’ordine di demolizione in ragione di un diritto reale sull’opera abusiva.
In tema di reati edilizi, la tutela del diritto alla salute di coloro che abitano l’immobile oggetto dell’ordine di demolizione, specie se affetti da patologie gravi o invalidanti, postula che i predetti siano necessariamente posti in un ambiente salubre, edificato e attrezzato nel pieno rispetto della normativa vigente (quale non può essere un immobile abusivo), essendo quest’ultima finalizzata a garantire anche il benessere di coloro che abitano detti luoghi.
Nel caso oggetto della sentenza, da una parte emerge l’assenza di un effettivo giudizio di comparazione tra i contrapposti interessi, la consapevolezza dell’abusività dell’opera e la mancata assunzione di iniziative effettive e concrete volte a sanare la stessa. Dall’altra, si trascura, attraverso la revoca dell’ordine di demolizione, come tale definitiva, che si tratta di una misura che per legge si impone al giudice a seguito della intervenuta condanna. Infatti, il principio di proporzionalità può solo intervenire successivamente alla sentenza di condanna e all’ordine di demolizione, nel delineare la più adeguata esecuzione dell’ordine stesso, non solo in ordine all’oggetto (nel senso di garantire che il relativo perimetro sia necessariamente abusivo) ma anche sotto il profilo temporale (purché si assicuri comunque, entro un tempo congruo, rispetto al caso concreto e alla situazione ed interessi emersi, la demolizione).
L’esclusione definitiva della demolizione
L’unica possibilità che, attraverso una valutazione discrezionale, ma non giudiziaria, si escluda, definitivamente, la demolizione dell’opera abusive, appare fornito dalla previsione dell’art. 31 comma 5 del dpr 380/2001 laddove prevede che “L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti“.
Si tratta di ipotesi eccezionale, di stretta interpretazione, che comunque conferma la assoluta vincolatività dell’ordine di demolizione impartito dal giudice a seguito di sentenza di condanna, senza che alcun rilievo possa assumere la posizione di terzi non responsabili dell’abuso, ed in fase di esecuzione esso è passibile di revoca solo quando risulti assolutamente incompatibile con i provvedimenti della PA che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività.
I termini temporali da rispettare
L’art. 31 comma 3 del dpr 380/2001, come novellato dal decreto-legge n. 69/2024, convertito con legge 105/2024, ha solo introdotto, a certe condizioni, un possibile, più ampio intervallo di tempo entro cui deve procedersi alla demolizione ordinata dal Comune. Infatti, se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune. Il termine può essere prorogato con atto motivato del Comune fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ingiunzione o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine.
Il rapporto tra diritto all’abitazione e ordine di demolizione
Il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio.
L’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all’art. 8 Conv. EDU, posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto “assoluto” ad occupare un immobile, anche se abusivo, solo perché casa familiare, il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio violato.
Le linee guida della giurisprudenza
La giurisprudenza ha individuato delle linea guida per orientare il test di proporzionalità devoluto al giudice al fine di valutare se il provvedimento di demolizione, alla luce delle peculiarità del singolo caso, sia eseguito in maniera adeguata:
- è necessario che l’esecuzione dell’ordine di demolizione incida sul diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona tutelato dall’art. 8 della CEDU, per cui l’esigenza di procedere al bilanciamento dei contrapposti interessi sussiste solo nel caso di demolizione di un manufatto adibito ad abituale residenza mentre non si pone nel caso venga opposto il diritto alla tutela della proprietà;
- assumono rilevo la consapevolezza da parte dell’interessato dell’illiceità dell’intervento edilizio che ha originato l’ordine di demolizione, la gravità dell’illecito, da valutarsi anche in considerazione delle disposizioni normative violate, e la tipologia dell’abuso, se di dimensioni tali da farlo ritenere di necessità;
- è necessario che sia trascorso un arco temporale ragionevole fra l’accertamento del reato e l’attivazione del procedura esecutiva, così da consentire al destinatario dell’ordine di demolizione di “legalizzare” l’immobile, se possibile, o di esperire i mezzi di tutela dei propri interessi offerti dall’ordinamento e di reperire nuove soluzioni abitative;
- assumono rilievo le condizioni personali dell’interessato, quali l’età avanzata, le condizioni di salute e il basso reddito con la precisazione però che tali condizioni, di per sé sole, non posso assumere importanza decisiva;
- assume rilevo che vi sia stata per l’interessato la possibilità di poter far valere le sue ragioni davanti a un organo indipendente;
- è necessario che non sussistano ragioni particolari che impongano di differire temporaneamente la demolizione per limitarne l’impatto nella sfera del privato;
- è necessario che i fatti allegati dall’autore dell’abuso per contrastare l’esecuzione dell’ordine di demolizione non siano dipendenti dalla sua inerzia o, comunque, dalla sua volontà, non potendo il condannato lucrare sulle conseguenze derivate dal suo inadempimento a un dovere imposto da una sentenza divenuta irrevocabile.
Ordine di demolizione, diritto all’abitazione e principio di proporzionalità
Il principio di proporzionalità, dunque, si frappone all’esecuzione dell’ordine di demolizione per ragioni estranee alla adozione dell’ordine stesso. Esso non incide nella fase deliberativa dell’ordine, bensì in quella esecutiva. Riguardo al provvedimento di revoca adottato nel caso in esame, la Corte di Cassazione osserva che sono del tutto assenti tutti i profili di valutazione – sopra sintetizzati – che devono connotare l’esame di richieste relative al tema della esecuzione dell’ordine predetto, con esclusione di ogni possibilità di assicurare aprioristica prevalenza a lamentate esigenze abitative, in quanto tali. Pertanto ha disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.