Solo il proprietario di parti con opere abusive può ricevere l’ordinanza di ripristino
Il Consiglio di Stato, Sezione VII, nella sentenza n.569 del 24 gennaio 2025, interviene in favore di un proprietario del diritto di superficie, destinatario di un’ordinanza di ripristino per opere abusive eseguite in difformità del titolo abilitativo edilizio, da parte del costruttore a cui aveva ceduto il fondo.
Ordinanza di ripristino per opere abusive: il caso
L’appello è stato proposto da un acquirente del diritto di superficie di alcuni appartamenti e 2 box siti in un edificio in corso di realizzazione, originariamente assentito come fabbricato a 4 piani fuori terra e piano mansarda, oltre a tre piani interrati. La società costruttrice realizzava fuori terra anche i piani interrati, ragione per cui il Comune iniziava il procedimento sanzionatorio, ordinando di ripristinare gli originari piani interrati come da progetto. Dopo una serie di ordinanze, ricorsi e sentenze, il Comune reiterava nei confronti di tutti i condomini l’ordine di ripristinare le difformità rilevate rispetto all’originario titolo edilizio, ma il proprietario in questione impugnava le relative ordinanze, assumendo di essere totalmente estraneo agli abusi commessi, che neppure interessavano le unità immobiliari sulle quali egli ha mantenuto la proprietà superficiaria.
Respinto il ricorso in primo grado, il proprietario proponeva appello, sostenendo che molti degli abusi edilizi commessi nel fabbricato condominiale afferiscono a parti comuni o a parti del condominio sui quali egli non ha alcun potere di intervento e che la sentenza del Tar era erronea in quanto basata sul mero rilievo che “i destinatari dell’impugnata ordinanza sono tutti i condomini dell’intero fabbricato di cui è causa”.
La distinzione tra esclusiva proprietà e comproprietà
Il Consiglio di Stato ha accolto questo motivo, dando ragione a proprietario che “faceva valere non solo il fatto che le unità immobiliari dal medesimo possedute non sarebbero interessate dagli abusi oggetto dell’ordinanza di demolizione, ma pure di non essere titolare di diritti di comproprietà sulle particelle di terreno sulle quali il condominio è stato realizzato. Tale deduzione è essenziale. Infatti, non essendo contestata l’estraneità dell’appellante alla esecuzione materiale delle opere abusive, egli, ai sensi dell’art. 31 del dpr n. 380/2001 può essere destinatario di una ordinanza di ripristino solo nella misura in cui vanti un titolo di proprietà o comproprietà sulle parti interessate dalla presenza di opere abusive“.
Il Comune avrebbe dovuto verificare, prima di emettere l’ordinanza di demolizione, che i vari abusi dei quali ha ordinato la demolizione all’appellante gravassero su parti di sua esclusiva proprietà (superficiaria) o su parti del condominio delle quali egli abbia la comproprietà, tenendo presente che l’appellante ha affermato in giudizio, senza essere contestato dal Comune, di essere un mero proprietario superficiario, ragione per cui egli non risulta vantare alcun diritto di comproprietà sul fondo sul quale il condominio è stato eretto e sull’area pertinenziale.
In definitiva, per il Consiglio di Stato l’ordinanza di demolizione è illegittima per difetto di istruttoria e genericità, perché non chiarisce se gli abusi di cui viene ordinata la rimozione afferiscano, o meno, a parti di cui l’appellante debba considerarsi comproprietario o proprietario esclusivo. L’ordinanza è stata pertanto annullata, con la prescrizione per il Comune di riesaminare la posizione dell’appellante tenendo conto del fatto che questi può/deve essere coinvolto nel ripristino solo nella misura in cui gli abusi da rimuovere, o le opere necessarie per ripristinare la conformità riguardino parti di cui egli sia proprietario esclusivo o pro-quota.

