Opere interne senza aumento di volumetrie: quando occorre il parere dell’Ente?
                                Gli interventi edilizi sull’immobile situato in un Parco, sono sempre soggetti al parere dell’Ente, anche se le modifiche riguardano l’interno dell’immobile e non comportano aumento di volumetrie. Il TAR Lazio Roma con la sentenza del 18 settembre 2023 n. 13861 si pronuncia in un caso di opere interne senza aumento di volumetrie.
Il caso e il quadro normativo di riferimento
La vicenda esaminata dal TAR Lazio riguarda un immobile situato all’interno di un parco istituito con legge regionale, soggetto a vincolo paesaggistico come da decreto ministeriale.
La proprietaria dell’immobile aveva presentato al Comune una comunicazione inizio lavori di manutenzione ordinaria, per la creazione di una scala interna e di una cantina in sala da pranzo, senza aumento di volumetria o modificazione della sagoma esterna dell’edificio.
Successivamente la proprietaria aveva presentato anche istanza di accertamento di conformità urbanistica per legittimare il cambio di destinazione d’uso di un locale dell’immobile e gli interventi realizzati che non rientravano nella manutenzione ordinaria. L’istanza di sanatoria era prodotta anche al Parco per il nulla osta di competenza. Subito dopo la stessa depositava una denuncia di inizio attività in sanatoria (art. 36 DPR 380/2001) in relazione alla richiesta di accertamento urbanistico in sanatoria.
Per l’Ente Parco però i lavori sarebbero stati soggetti a permesso a costruire, dovendo esser qualificati come ristrutturazione edilizia all’interno della sagoma (art. 10 lett. c DPR 38072001), e dopo aver evidenziato la violazione commessa ordinava al rimessa in pristino dello stato dei luoghi. Il comune invece esprimeva parere favorevole al rilascio del permesso in sanatoria, subordinandolo al rilascio del nulla osta dell’Ente parco, che tuttavia negava la richiesta di sanatoria, motivandola sulla base del divieto dell’art. 32 D.l. 269/2003 di realizzare nuove opere nelle aree soggette a vincolo paesaggistico (c.d.. interventi maggiori, in cui rientra la ristrutturazione edilizia). Ancora, la proprietaria presentava istanza di revoca del diniego paesaggistico all’Ente parco, sostenendo che l’intervento edilizio non avrebbe necessitato di nulla osta paesaggistico ma solo ambientale. La proprietaria impugnava i provvedimenti di diniego.
Nel caso in esame, la legge regionale istitutiva del Parco prevede che il rilascio di concessioni od autorizzazioni, per interventi, impianti ed opere all’interno dell’area naturale protetta, sia sottoposto a preventivo nulla osta dall’ente di gestione. In base alla predetta normativa, il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento e deve essere reso entro 60 giorni dalla richiesta; decorso inutilmente il citato termine, il nulla osta va inteso come rilasciato. Se viene esercitata un’attività in difformità dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, il direttore dell’ente di gestione dispone la sospensione e ordina la riduzione in pristino.
Opere interne senza aumento di volumetrie: necessario il parere dell’Ente parco
Ricostruito il quadro normativo, la sentenza in esame trae alcuni principi di diritto. Innanzitutto, secondo il TAR adito, “ogni intervento edilizio su immobili ricadenti nel Parco è sottoposto al preventivo nulla osta c.d. ambientale dell’Ente, che è volto a verificare la conformità dell’intervento proposto rispetto ai valori paesaggistici del Parco e alla tipologia di interventi ammessi”.
I giudici amministrativi precisano quindi che la legge non fa distinzione tra interventi che comportano un aumento di volumetria o di manutenzione straordinaria, perché ogni tipologia di intervento richiede il preventivo rilascio del nulla osta.
Altro principio affermato nella sentenza in commento, prevede che il nulla osta non possa essere rilasciato dopo l’intervento ma debba essere emesso in via preventiva, in quanto finalizzato a verificare la preventiva compatibilità dell’iniziativa edilizia ai valori paesaggistici del Parco e alla tipologia di interventi ammessi.
Nel caso in esame, i I lavori non erano stati preceduti dalla richiesta di nulla osta preventivo, dunque, secondo il TAR, bene aveva fatto l’Ente parco a disporne la riduzione in pristino.
Il diniego dell’istanza di accertamento di conformità da parte dell’Ente, seppur erroneamente adottato come diniego paesaggistico (sulla base dell’art. 32 D.l. 269/2003 in tema di condono) anziché ambientale, vale secondo i Giudici come nulla osta negativo.
Rigettando anche il secondo motivo di ricorso, il TAR ha ribadito il principio generale in base al quale “in materia di tutela ambientale e paesaggistica non opera l’istituto del silenzio assenso”, ed ha escluso l’applicabilità dell’art. 13 L. 394/1994, (legge quadro sulle aree protette) invocato dalla ricorrente, perché la citata norma consente il silenzio assenso solo nel caso in cui il nulla osta venga richiesto prima della realizzazione dell’opera da costruire e non in corso d’opera o come nel caso di specie, addirittura in via postuma.
                                    
