Edilizia

Opere interne e aumento volumetrico senza Cil, è sufficiente una multa

Consiglio di Stato: è illegittimo il provvedimento di demolizione in ordine a spostamento di tramezzi eseguito omettendo la Comunicazione di inizio lavori, trattandosi di intervento assoggettato alla sola sanzione pecuniaria
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Opere interne e aumento volumetrico senza Cil, è sufficiente una multa
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5354 del 3 settembre 2020, ha stabilito che un intervento di spostamento dei tramezzi interni, che non interessa le parti strutturali dell’edificio, non deve essere sanzionato con la demolizione e imponendo il ripristino della situazione preesistente. È sufficiente una multa per omissione di Cil (Comunicazione Inizio Lavori).

Il fatto: ricorso contro l’ordinanza di demolizione

I proprietari di un immobile impugnavano l’ordinanza di demolizione del Comune che aveva contestato loro:
  • la realizzazione ex novo del locale cantina;
  • la diversa distribuzione interna dell’appartamento e modifiche prospettiche con chiusura di due finestre;
  • un aumento volumetrico dell’appartamento mediante avanzamento della cubatura del WC sul prospetto del palazzo.
I ricorrenti sostenevano che:
  • avevano acquistato l’immobile senza avervi apportato modifiche;
  • la cantina era indicata negli atti di acquisito dei propri danti causa e risultava accatastata;
  • tutte le modifiche rispetto al progetto assentito dalla licenza edilizia erano state realizzate in costruzione e, comunque, il Comune aveva rilasciato permesso di costruire per la realizzazione di un ascensore sulla base della documentazione progettuale e fotografica corrispondente al reale stato dei luoghi;
  • analoghe contestazioni, peraltro, non erano state mosse per simili circostanze imputabili ai vicini che, anzi, avevano regolarmente ricevuto il titolo edilizio per l’installazione di un ascensore.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio accoglieva il ricorso limitatamente alle parti del provvedimento di demolizione relative alla cantina e all’aumento della volumetria. Mentre lo respingeva con riferimento alla chiusura delle finestre. Il Comune ha proposto appello avverso la sentenza del Tar, chiedendone l’integrale riforma.

La sentenza: opere interne che non interessano le parti strutturali sono attività di manutenzione straordinaria e richiedono la Cil

Il Consiglio di Stato ha confermato l’illegittimità  del provvedimento di demolizione in ordine alle opere interne. Poiché si tratta di una tipologia di intervento che può essere assoggettata alla sola sanzione pecuniaria. La diversa distribuzione degli ambienti interni mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature, purché non interessi le parti strutturali dell’edificio, costituisce attività  di manutenzione straordinaria soggetta al regime della comunicazione di inizio lavori (Cil). L’omessa Cil non può giustificare l’irrogazione della sanzione demolitoria che presuppone il dato formale della realizzazione dell’opera senza il prescritto titolo abilitativo.

Cil e interventi pertinenziali nei limiti del 20%

Anche con riguardo alla cantina, il Comune avrebbe dovuto verificare se il manufatto contestato potesse rientrare tra gli interventi pertinenziali  (punto e-6) del comma 1 dell’art. 3 del Dpr n. 380 del 2001). Interventi che, se contenuti nei limiti 20% del volume dell’edificio principale, sono soggetti alla sola sanzione pecuniaria.

L’aumento volumetrico non eccedente il 2% delle misure è variante non essenziale

Rispetto all’aumento volumetrico quantificato in mc 1,70, si tratta di variante non essenziale al progetto originario, dal momento che l’art. 34, comma 2-ter, del testo unico dell’edilizia esclude che sia abbia parziale difformità  del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità  immobiliare il 2 % delle misure progettuali.

La chiusura delle finestre e la proporzione 1/8 del fattore luce diurna

Quanto alla chiusura delle finestre,  secondo il tecnico incaricato dai ricorrenti, considerando la superficie di metri quadri 61,56 e quella finestrata di 8,37, l’intervento rispettava la proporzione 1/8 stabilita dall’art. 5 del Dm 5 luglio 1975. “Tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scala e ripostigli- si legge nel Dm- debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d’uso. Per ciascun locale d’abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2%. E comunque la superficie finestrata apribile non dovrà  essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento”.

L’Amministrazione deve esaminare e confutare le memorie della controparte

Infine, nella sentenza che ha rigettato il ricorso del Comune, il Consiglio di Stato rimarca che “il dovere di esaminare le memorie prodotte dall’interessato a seguito del preavviso di rigetto è particolarmente penetrante con riferimento alla prospettazione da parte del privato di specifici elementi fattuali del tutto incompatibili con la tesi dell’Amministrazione procedente, la quale in tal caso è onerata della loro espressa confutazione”.
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