Nuovo codice dei contratti pubblici: cosa cambia rispetto alla precedente bozza?

Dopo la prima bozza trasmessa il 20 ottobre 2022, a distanza di poco più di un mese la Commissione speciale appositamente costituita ha trasmesso al Governo una nuova bozza di codice dei contratti pubblici. Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo: l’iter prosegue il suo corso innanzi alle Commissioni parlamentari.
Analizziamo in termini generali il lavoro della Commissione del Consiglio di Stato e, con successivi articoli di approfondimento, osserveremo nel dettaglio l’evoluzione dei singoli istituti.
L’ossatura del Codice dei contratti pubblici
Rimane la struttura della precedente bozza e il nuovo Codice riporta la medesima suddivisione in cinque libri per un totale, stavolta, non già di 230 articoli, bensì 229. Il numero di articoli rimane analogo a quelli del codice vigente, si riducono i commi, le parole e i caratteri utilizzati. Rimane la volontà di utilizzare un Codice che sia “autoesecutivo”: i 35 allegati al Codice (spesso di poche pagine), infatti, abbattono in modo rilevante il numero di norme e linee guida di attuazione e sostituiranno ogni altra fonte attuativa. Oltre ai 25 allegati al codice attuale, essi assorbiranno 17 linee guida ANAC e 15 regolamenti ancora vigenti, alcuni dei quali di dimensioni molto ampie (tra cui il d.P.R. n. 207 del 2010, risalente addirittura all’attuazione del codice del 2006, nonché quello sui contratti del Ministero della difesa, ridotto da oltre 100 articoli a poco più di 10).
La Commissione ha ritenuto di conservare – previa positiva verifica – alcune norme del codice vigente, come emerge dal testo degli articoli posto a fronte con il d.lgs. n. 50/2016 reso disponibile sul sito istituzionale della giustizia amministrativa.
Il Codice intende seguire l’evoluzione logica delle fasi della procedura ad evidenza pubblica e, in questo senso, si inizia con i principi, si prosegue con il libro dedicato all’appalto in tutte le sue singole fasi, si finisce con i rimedi e con l’auto esecutività e, in mezzo, si dedicano due libri “autoconclusivi” a settori speciali e concessioni (dove si valorizza il partenariato pubblico privato, rendendo i contratti più solidi e aumentando la bancabilità), libri che erano oggetto di direttive autonome che sono state recepite più puntualmente, superando un rinvio incerto alle norme sugli appalti.
I “principi fondanti” del Codice contratti pubblici nell’interpretazione e nell’applicazione concreta
Per individuare i principi fondanti del Codice occorre guardare all’art. 4 laddove chiarisce come le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi contenuti nei primi tre articoli. Si tratta del principio della fiducia, del risultato e dell’accesso al mercato che devono essere utilizzati per sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni possono sollevare: la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici.
È rilevante tale passaggio in quanto non è sufficiente una buona legge, riordinata e semplificata grazie a un codice, per una riforma efficace: tutte le riforme passano attraverso la loro attuazione “in concreto” da parte della giurisprudenza e non solo. La commissione individue anche tre ulteriori condizioni essenziali “non legislative”, già previste in sede di PNRR:
- adeguata formazione dei funzionari pubblici chiamati ad applicare il nuovo codice;
- selettiva riqualificazione delle stazioni appaltanti;
- l’effettiva attuazione della digitalizzazione, consentendo, pur nel rispetto di tutte le regole di sicurezza, una piena interoperabilità delle banche dati pubbliche.
Come ha lavorato la Commissione
Interessante osservare anche il funzionamento della Commissione. Come indicato nella relazione di accompagnamento, la Commissione si è articolata, al suo interno, in sei gruppi di lavoro, ciascuno guidato da uno o due presidenti di sezione del Consiglio di Stato, sotto il coordinamento generale del presidente della Sezione del Consiglio di Stato per gli atti normativi. Ciascun gruppo ha lavorato in parallelo, salvo poi procedere a riunioni plenarie di carattere orizzontale per assicurare la coerenza del lavoro svolto. Sono stati coinvolti nel lavoro:
- Presidenti di Sezione del Consiglio di Stato;
- Consiglieri di Stato; Consiglieri TAR;
- Professori e Avvocati;
- esperti tecnici di varia estrazione (anche provenienti dall’Accademia della Crusca – segnale dell’attenzione alla qualità, anche linguistica e formale).