Il
nuovo Codice Appalti presenta, per tutti gli attori del sistema, profili di innovazione e criticità. Il provvedimento è
stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale con questa dicitura: Decreto Legislativo n. 36 del 31 marzo 2023 – Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici. Da Federbeton, la Federazione di settore delle Associazioni della filiera del cemento parte di Confindustria arriva l’apprezzamento verso la difesa dei materiali nazionali ed europei prevista dal decreto, ma serve qualcosa in più
Nuovo Codice Appalti, il commento di Roberto Callieri – Federbeton
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La preferenza, nello sviluppo delle opere pubbliche, per la provenienza italiana o europea dei materiali da costruzione rappresenta un passo fondamentale verso la tutela della competitività della nostra filiera, della sicurezza delle opere e della loro sostenibilità – commenta
Roberto Callieri, Presidente di Federbeton -.
Confidiamo ora in un’azione decisa del Ministero delle Infrastrutture nell’ambito della definizione degli indirizzi citati nel Codice. Anche in vista dei progetti da realizzare grazie al PNRR, è necessario fissare criteri precisi in termini di provenienza dei materiali. Solo gli elevati standard qualitativi e ambientali italiani ed europei possono garantire affidabilità, sicurezza e durabilità delle opere”.
Il settore italiano della produzione di cemento e calcestruzzo conta circa 2.700 imprese, pari a 34mila addetti su tutto il territorio nazionale. Il prodotto finale, fondamentale per tutta la filiera delle costruzioni e dei lavori pubblici, è frutto di ricerca e innovazione in sostenibilità e sicurezza e vantaun’alta qualità ambientale nel rispetto delle normative vigenti e dell’interesse del pianeta.
L’industria alla base della produzione di cemento in Italia sta affrontando un passaggio storico importante: all’impegno per la decarbonizzazione del settore, con una previsione di investimenti di 4,2 miliardi di euro, oltre a extra-costi operativi pari a circa 1,4 miliardi annui, si aggiunge la necessità di
proteggere il proprio mercato dall’importazione da Paesi che non hanno gli stessi requisiti ambientali a cui è sottoposta la produzione italiana. In questo senso, si muove anche il testo approvato del Codice degli appalti con la misura di legittima tutela nei confronti dei materiali italiani ed europei (Allegato 1.7).
Mancano tuttavia riferimenti e pesi che la rendano ineludibile nella pratica degli appalti.
“Il Governo ha ascoltato il nostro appello, ma il rischio non è ancora scongiurato. Il nostro è un comparto fondamentale per lo sviluppo socioeconomico del Paese poiché produce i materiali alla base della sicurezza delle costruzioni – aggiunge Roberto Callieri -.
La perdita di competitività dell’industria nazionale del cemento metterebbe a rischio la sua stessa esistenza. Non avere un’industria italiana del cemento significherebbe dipendere dalle importazioni, con tutte le incognite sulle catene di fornitura a cui il conflitto in Ucraina ci ha improvvisamente messo di fronte e con grandi incertezze sugli standard di sicurezza e ambientali».
Fondamentale, dunque, garantire efficacia alle
misure di promozione delle forniture di materiali provenienti da Paesi che applicano il Regolamento ETS (Emission Trading System) ovvero per i quali esista un obbligo di certificare le emissioni di CO
2 attraverso norme precise e direttamente applicabili.