Edilizia

Le norme sulle distanze tra le costruzioni valgono anche per i cortili

Le prescrizioni sulle dimensioni e l’ampiezza dei cortili e degli spazi interni non escludono l'applicazione delle norme in materia di distanze tra fabbricati
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Le norme sulle distanze tra le costruzioni valgono anche per i cortili

Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici. Esse non possono essere derogate con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall’appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l’applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4025 del 9 febbraio 2023 ha espresso il seguente principio di diritto:  “le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall’appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l’applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze”.

I giudici di legittimano ribadiscono che le norme sulle distanze tra le costruzioni valgono anche per i cortili. Più in generale, le distanze prescritte dal codice civile devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra gli edifici.

Il caso e i motivi del ricorso

Il ricorrente aveva chiesto l’arretramento di un fabbricato realizzato dai convenuti in quanto posto a distanza inferiore a quella legale rispetto all’edificio confinante. In primo grado, il tribunale aveva accolto la domanda concludendo, sulla scorta di una consulenza tecnica d’ufficio, che lo spazio tra i due fabbricati andava qualificato come mera intercapedine, come tale assoggettato alla disciplina in tema di distanze legali tra edifici.

La corte d’appello ha però riformato la decisione affermando che lo spazio era un cortile e aveva uno scostamento minimo dalla distanza legale che non giustificava l’arretramento.

Il proprietario del fabbricato ha dunque presentato ricorso in Cassazione. Ha contestato in primo luogo la qualifica in termini di cortile dello spazio esistente tra gli edifici, deducendo che tale qualificazione può essere riconosciuta unicamente allo spazio interno a un edificio. Ma soprattutto, ritiene che, in relazione a questo spazio doveva trovare applicazione la disciplina in materia di distanze tra edifici, ivi comprese le previsioni del regolamento edilizio comunale, le quali impongono una distanza minima di dieci metri. Infine ha contestato la pronuncia nella parte in cui ha stabilito che la disciplina dettata dal regolamento edilizio per i cortili potesse comportare la disapplicazione della normativa nazionale in materia di distanze. Tale ultima disciplina, infatti, opera inderogabilmente in relazione a qualunque spazio intermedio tra edifici.

La Cassazione ha accolto il ricorso.

La disciplina delle distanze legali

La Suprema Corte ricorda anzitutto che le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili.

Tali ultime disposizioni sono infatti rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall’appartenenza di essi ad un unico od a più proprietari. Costituiscono quindi norme integrative di quelle dettate dal codice civile in materia di distanze tra costruzioni (che si riferiscono alle costruzioni su fondi finitimi). Pertanto, non possono escludere l’applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze (tra le tante, Cass. civ. 29644 del 28/12/2020).

Disposizioni su dimensioni e ampiezza degli spazi

Da tali principi consegue che le disposizioni che stabiliscono le prescrizioni sulle dimensioni e l’ampiezza dei cortili e degli spazi interni non escludono l’applicazione delle norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra fabbricati, le quali sono dirette a impedire la creazione di intercapedini dannose. Infatti, da un lato, le previsioni sulle dimensioni e l’ampiezza dei cortili e degli spazi interni, prescindendo dall‘esistenza di fabbricati su fondi finitimi, non hanno alcun riguardo alle eventuali relazioni intersoggettive fra privati né alla distanza degli edifici che insistono sui cortili, dall‘altro lato, la presenza di un cortile non esclude l‘idoneità del medesimo a creare intercapedini dannose fra gli edifici che su di esso insistono.

La decisione

La decisione della corte d’appello infatti ha erroneamente ritenuto che le previsioni del regolamento edilizio comunale in materia di cortili fossero idonee ad integrare una deroga alle previsioni codicistiche, nonché alle previsioni integrative di queste – in materia di distanze tra fabbricati.

Va invece osservato e ribadito che, indipendentemente dalla stessa correttezza della qualificazione dell’area esistente tra i fabbricati delle parti come il cortile, in ogni caso l’applicazione del regolamento edilizio comunale in materia di cortili non risulterebbe idonea a determinare una deroga alla disciplina in tema di distanze tra costruzioni.

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