Non è sanabile l’abuso edilizio in zona a vincolo di inedificabilità assoluta
Nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica, la doppia conformità è esclusa. Il rispetto del requisito della conformità delle opere sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cd. “doppia conformità“), richiesto ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 36 e 45 dpr n. 380 del 6 giugno 2001, è da ritenersi dunque escluso nei casi sopra descritti.
La doppia conformità esclusa
Lo afferma la Corte di Cassazione Penale Sez. 3^, nella sentenza n. 16084 del 28 aprile 2025, che conferma la legittimità dell’ordine di demolizione delle opere abusive e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, come già stabilito dal Giudice dell’esecuzione nella decisione. Questi sanciva l’assoluta impossibilità di sanare un’opera realizzata in zona sismica in base all’art. 36 dpr n. 380 del 2001, che impone, nonostante le modifiche apportate dal Decreto Salva casa, nello specifico dall’art. 1, comma 1, lett. g), n. 1, decreto-legge n. 69 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 105 del 2024, la necessità che l’opera realizzata in assenza di permesso di costruire o in totale difformità sia doppiamente conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso che a quello della domanda.
La richiesta di revoca dell’ordinanza di demolizione si basava sul diritto all’abitazione che impone di proporzionare la reazione (demolizione) all’abuso edilizio tenendo conto delle piccole dimensioni del manufatto, del fatto che sia abitato da persone anziane e da una persona diversamente abile e che nessun concreto vantaggio urbanistico sarebbe tratto dalla demolizione.
Ma la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso perché generico, manifestamente infondato e non supportato da un concreto ed effettivo interesse.
Nel merito, si trattava di abusi edilizi in un fabbricato ricadente in una zona ad elevato rischio idraulico e da frana che comportavano un vincolo di inedificabilità assoluta preesistente alla sua realizzazione.
Nella richiesta di permesso di costruire in sanatoria, respinto dal giudice dell’esecuzione, si dichiarava l’immobile completato nel 2009, mentre nel 2010 erano ancora in corso i lavori della sua realizzazione.
Il potere del giudice dell’esecuzione
La sentenza ricorda che il giudice dell’esecuzione penale è sempre titolato ad esercitare il proprio sindacato sulla legittimità del provvedimento abilitativo in sanatoria disapplicandolo ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza e non anche nell’ipotesi di mancato rispetto delle norme che, regolando l’esercizio del potere amministrativo, determinano solo invalidità
Il giudice dell’esecuzione, ai fini della revoca dell’ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, deve verificare:
- la legittimità del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in particolare verificare la disciplina normativa applicabile,
- la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria,
- la tempestività della domanda,
- il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell’opera,
- ove l’immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili, essendo operante, anche in tema di condono, il principio secondo il quale l’esecutività del provvedimento giudiziale applicativo della sanzione amministrativa della demolizione, e la vincolatività del relativo comando per il soggetto destinatario, vengono meno, una volta definita la procedura di sanatoria.
Dopo la notifica dell’intimazione a demolire il manufatto abusivo, riscontrata l’assoluta impossibilità di sanare l’opera realizzata in zona sismica, in assenza di permesso di costruire o in totale difformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso che a quello della domanda, il condannato può opporvisi, nel caso in cui non sia più proprietario del manufatto abusivo o non vanti più su di esso un diritto reale, solo deducendo un concreto e attuale interesse, corrispondente a un beneficio effettivo e reale derivante dalla revoca o dalla sospensione del provvedimento.
La procedura di acquisizione dell’opera abusiva
L’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’Autorità amministrativa determina l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, indipendentemente dalla notifica all’interessato dell’accertamento formale dell’inottemperanza.
L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale ha natura dichiarativa e comporta l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Sulla procedura di acquisizione, la sentenza riporta un ampio stralcio di quanto stabilito dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 16 dell’11 ottobre 2023:
Alla scadenza del termine di 90 giorni, il responsabile non è più legittimato a proporre l’istanza di accertamento di conformità. La notifica dell’accertamento dell’inottemperanza all’interessato concerne l’immissione nel possesso del bene e la trascrizione dell’acquisto nei registri immobiliari.
Quest’ultimo adempimento rappresenta un atto indispensabile al fine di rendere pubblico nei rapporti con i terzi l’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà e consolidarne gli effetti. Con tale notifica, il bene si intende acquisito a titolo originario al patrimonio pubblico e di conseguenza eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l’eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione. L’accertamento della inottemperanza certifica il passaggio di proprietà del bene al patrimonio pubblico e costituisce il titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
La natura dichiarativa dell’atto di acquisizione al patrimonio comunale comporta che, in sua mancanza, il bene resti comunque di proprietà del comune. Ne consegue che, come nel caso in esame, la ricorrente non può più interloquire sulla legittimità dell’ordine di demolizione senza dedurre un attuale e concreto interesse, non essendo più titolare del bene da demolire.

