Edilizia

Nessun condono per domande di sanatoria che frazionano l’unità immobiliare

Corte di Cassazione: la mera disponibilità di fatto di una parte del bene per tolleranza del proprietario non legittima la presentazione di un'autonoma e separata domanda di concessione in sanatoria relativamente a tale porzione dell'immobile
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Nessun condono per domande di sanatoria che frazionano l’unità immobiliare

La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10017 del 15 marzo 2021, tratta la richiesta di condono edilizio in sanatoria, presentata da due fratelli frazionando l’unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, e ne stabilisce la non ammissibilità.

La Corte di Appello aveva revocato l’ordine di demolizione delle opere edili, a seguito dell’annullamento del precedente provvedimento da parte della Corte di Cassazione, che aveva evidenziato come la Corte territoriale non avesse affrontato la questione preliminare relativa alla legittimazione dei ricorrenti a presentare la domanda di condono.

La legittimazione a presentare la domanda di condono

La Corte di Appello, nel nuovo provvedimento, aveva riconosciuto la legittimazione dei due fratelli alla presentazione di due diverse istanze di concessione in sanatoria, con riferimento all’immobile in esame, di cui era unica proprietaria, all’epoca, la madre, in quanto possessori di fatto delle due porzioni dell’unico fabbricato (ciascuna delle quali non superiore al limite volumetrico di 750 metri cubi), di cui erano successivamente divenuti legittimi proprietari in quanto eredi.

Avverso tale provvedimento, la Procura Generale presso la Corte di Appello aveva proposto ricorso per cassazione, evidenziando che i due fratelli, all’epoca della presentazione delle richieste di condono, non rivestissero alcuna funzione qualificata rispetto all’immobile e fossero solo i figli e futuri eredi della proprietaria. Inoltre, la qualifica dei fratelli in termini di possessori delle singole porzioni dell’unico immobile era contraddetta dal contenuto delle stesse domande di concessione in sanatoria. Da cui risultava che il fabbricato era allo stato grezzo e, quindi, insuscettibile di occupazione e possesso.

Non è ammissibile il condono se le domande di sanatoria  frazionano l’unità immobiliare

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso della Procura Generale, in quanto “secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l’unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l’espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando, invece, le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica.”

Ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario

“Sebbene il legislatore non ponga alcun divieto al frazionamento ovvero all’accorpamento di unità immobiliari – si legge nella sentenza – tuttavia, tali operazioni possono configurare ipotesi elusive dei limiti legali di consistenza degli immobili, sicché ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario facente capo ad un unico soggetto legittimato e le relative istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono essere riferite ad una unica concessione in sanatoria, la quale dovrà riguardare lo stesso nella sua totalità.”

La concessione edilizia è unica per tutte le opere di un edificio

La regola è, pertanto, rappresentata dalla unicità della concessione edilizia per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, escludendosi la possibilità per lo stesso soggetto legittimato di servirsi di separate domande di sanatoria per aggirare il limite legale volumetrico, con la sola eccezione della consentita presentazione di una serie di istanze da parte di quanti sono i proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, che abbia ad oggetto le sole porzioni di appartenenza, anche se comprese in una unica costruzione unitaria (ipotesi in cui la volumetria dovrà essere calcolata rispetto a ciascuna separata domanda di sanatoria, non potendosi comunque superare il limite complessivo di 3000 metri cubi).

Analogamente si esprime la giurisprudenza amministrativa, secondo la quale deve ritenersi illegittimo l’inoltro di diverse domande tutte imputabili ad un unico centro sostanziale di interesse, in quanto tale espediente rappresenta un evidente tentativo di aggirare i limiti consentiti per il condono relativamente al calcolo della volumetria consentita.

Il riferimento dunque è all’unitarietà dell’immobile o del complesso immobiliare, ove sia stato realizzato l’abuso edilizio in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione dell’opera in più unità abitative, fatta salva l’ipotesi in cui porzioni della medesima costruzione costituiscano oggetto di diritto di diversi soggetti, ciascuno dei quali sarà legittimato a presentare istanza di sanatoria per la porzione allo stesso riferibile.

Le deroghe secondo la Corte Costituzionale

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 302 del 1996, precisa che le possibili deroghe previste esclusivamente per le nuove costruzioni, di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria (con il limite volumetrico dei 750 mc), vale soltanto nei casi in cui vi sono diversi soggetti legittimati per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo. Come può avvenire a seguito di:

  • alienazione o di singole opere da sanare (art. 31, c. 1, legge n. 47 del 1985),
  • attribuzione del diritto di usufrutto o di abitazione (ad es. limitata a singola porzione di immobile)
  • o del diritto personale di godimento, quando la legge o il contratto abiliti a fare le opere (art. 31, c. 3, legge n. 47 del 1985),
  • o quando vi sia un soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (art. 31, c. 3, legge n. 47 del 1985), come l’istituto di credito mutuatario, con ipoteca su singola porzione di immobile, il locatario o altri aventi titolo a godere della porzione di immobile.

Un complesso unitario per ogni soggetto legittimato

In definitiva, per l’individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario qualora faccia capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un’unica concessione in sanatoria, onde evitare l’elusione del limite legale di 750 mc. di consistenza dell’opera; qualora, invece, per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, vi siano più soggetti legittimati, è possibile proporre istanze separate relative ad un medesimo immobile.

Nel caso di specie, i fratelli, laddove manchi un titolo giuridico che attribuisca loro il possesso (ad esempio, contratto con cui si costituisce il diritto di usufrutto a loro favore) o, in alternativa, la detenzione (ad esempio, contratto di locazione o comodato) ed in assenza di un’azione di spoglio nei confronti del proprietario/possessore, devono considerarsi agire per conto della madre, che resta l’unica proprietaria e l’unico possessore di tutto l’immobile.

La disponibilità del bene per tolleranza

Il giudice del rinvio dovrà, dunque, riesaminare la questione della legittimazione dei fratelli alla presentazione delle due diverse ed autonome istanze di concessione in sanatoria, verificando se effettivamente gli stessi avessero il possesso di specifiche porzioni dell’immobile o se, al contrario, ne avessero una mera disponibilità di fatto per tolleranza della madre.

La disponibilità del bene per tolleranza del proprietario o possessore è caratterizzata, oltre che dalla normale, ma non essenziale, brevità della stessa, soprattutto dall’animus, in chi la concede, di conservare tutte le facoltà connesse alla sua qualità di proprietario o di possessore e dalla consapevolezza, in chi la consegue, della inidoneità della concessione o permissio a far sorgere a suo favore un qualsiasi potere in contrasto con quello del permittente.

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